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Chi sta sabotando i colloqui tra Iran e Stati Uniti?

24 febbraio 2007 – Il principale negoziatore iraniano sul nucleare, Alì Larijani, dopo essere intervenuto alla conferenza sulla sicurezza di Monaco, ha avuto colloqui con il Ministro degli Esteri tedesco, Steinmeier, e con il capo della politica estera dell'Unione Europea, Solana.

Successivamente Larijani si è incontrato con il Presidente svizzero Micheline Calmy-Rey a Berna e, così come hanno fatto i suoi interlocutori, si è detto ottimista sul fatto che possano essere riavviati colloqui. Alcuni articoli apparsi sul quotidiano svizzero Neue Zuercher Zeitung, il 13 febbraio parlavano di una mediazione Svizzera per colloqui tra Iran e USA.

Anche se l'agenzia stampa iraniana IRNA ha detto che il governo iraniano non è al corrente della proposta, il quotidiano Teheran Times ha scritto che essa “chiede che vengano ripresi i colloqui dietro condizione che l'Iran interrompa l'alimentazione delle centrifughe con il gas esafluoruro di uranio (UF6).” Questo secondo il portavoce del Ministero degli Esteri Mohammad Ali Hosseini. Fonti iraniane spiegano con questo il fatto che, il giorno dell'anniversario della rivoluzione, il Presidente Ahmadinejad non abbia annunciato nessun avanzamento del programma nucleare.

Sulla stampa internazionale sono così apparse due questioni che mostrano una seria interferenza da parte di Gran Bretagna e Stati Uniti. Prima, lo stesso 13 febbraio, il Financial Times ha pubblicato una storia da brivido su un documento, redatto dallo staff di Solana, che sostiene che l'Iran avrà, prima o poi, la capacità di costruire la bomba atomica e che le sanzioni non lo fermeranno. Ne conseguirebbe che i colloqui non servirebbero a nulla. La storia sembra sia stata scritta dall'inglese Robert Cooper [1] .

Nell'edizione del 17-18 febbraio, poi, il Neue Zuercher Zietung ha reso pubblica una vicenda esplosiva su come l'Amministrazione Bush-Cheney abbia sabotato il tentativo iraniano, mediato dalla Svizzera, di superare il conflitto politico. Il quotidiano si riferiva all'offerta, risalente al 2003, da parte dell'allora ambasciatore svizzero in Iran, Tim Guldimann, che il 21 aprile si era incontrato con Sadegh Kharrazi, ex ambasciatore iraniano a Parigi, nonché nipote del ministro degli esteri e cognato del figlio dell'Ayatollah Khamenei. I due elaborarono una “Road Map” per un riavvicinamento tra Stati Uniti e Iran. “Tutti i punti di contrasto furono messi sul tavolo,” scrive il Neue Zuercher Zeitung, “l'Iran sarebbe stato pronto a dichiararsi disponibile a negoziare il proprio programma nucleare, a cooperare per combattere il terrorismo, ad interrompere il proprio sostegno ad Hamas e ad altre organizzazioni militanti, a riconoscere Israele e altri temi. Da parte loro, gli USA avrebbero ascoltato le richieste iraniane: riconoscimento del regime di Teheran e degli interessi di sicurezza nella regione, rimozione di tutte le sanzioni, estradizione di membri del gruppo militante anti-governativo MEK (o MKO) e accesso all'alta tecnologia straniera.”

Sembra che l'offerta fosse stata approvata dall'allora Presidente Khatami e dal suo Ministro degli Esteri Kharrazi, dopo averla esaminata attentamente. “Khamenei era all'85-90%” favorevole all'idea. Guldimann, il 4 maggio, portò l'offerta a Washington, insieme ad una lettera accompagnatoria che ne spiegava la genesi. Qualcuno dell'Amministrazione Bush la passò alla stampa. Gli Stati Uniti rifiutarono di rispondere all'offerta.

Quello che intende il quotidiano svizzero nel riportare questa vicenda è chiaro: gli Stati Uniti farebbero orecchie da mercante a qualsiasi offerta dalla Svizzera oggi. Più l'offerta veniva reiterata nel periodo successivo, più la reazione americana si faceva ostile, scrive ancora il Neue Zuercher Zeitung. “L'apice in questo senso è stato raggiunto il 15 febbraio scorso, quando il Dipartimento di Stato, in un incontro con la stampa, ha bollato l'iniziativa svizzera come inequivocabilmente non professionale, non trasparente e arrogante. Il portavoce del Dipartimento di Stato McCormack ha dichiarato in tono acido che negli ultimi tre decenni, una pletora di persone è andata a Washington dicendo di parlare per conto del governo iraniano.”

Alla domanda di un giornalista se la Svizzera non debba essere considerata un tramite affidabile McCormack, dapprima non ha risposto; successivamente ha detto che il canale svizzero non è lì per fare politica, ma solo per scambiare note diplomatiche.

Nel frattempo un'altra “scare-story” viene provocatoriamente lanciata, stavolta dalla BBC, la quale il 20 febbraio ha riportato “fonti domestiche” che hanno “rivelato” come parlare di “colloqui” tra USA e Iran sarebbe solo un diversivo, mentre l'attacco alla repubblica islamica sarebbe già stato pianificato. Per di più il Comando Centrale in Florida avrebbe già scelto gli obiettivi, che non sarebbero limitati ai soli siti collegati all'attività nucleare, ma andrebbe oltre, prendendo di mira, con massicci bombardamenti aerei, basi navali ed aeree, installazioni missilistiche e centri di comando e controllo.

I bombardamenti starebbero solo attendendo un “detonatore” per essere lanciati. Secondo il corrispondente Frank Gardner, ci sarebbero al momento due possibili detonatori: “la conferma di attività nucleare” e “un attacco a forze statunitensi con forti perdite” in Iraq attribuibile all'Iran.

La storia dei presunti esplosivi iraniani in Iraq

La storia dei “penetratori ad esplosivo” usati dai guerriglieri iracheni contro le truppe di occupazione che sarebbero stati contrabbandati dall'Iran è “made in Britain.”

Il Presidente statunitense Bush ha lanciato l'accusa ripetutamente, l'ultima volta nella sua conferenza stampa la settimana scorsa. Bush ha categoricamente dichiarato: “Noi sappiamo” che essi vengono da Al Qods; alla domanda se queste informazioni siano affidabili come quelle sulle presunte armi di distruzione di massa irachene, il Presidente ha dato in escandescenze.

Il fatto è che queste informazioni sono altrettanto dubbie di quelle sulle fantomatiche armi irachene in quanto provengono dalle stesse fonti.

Il 12 febbraio scorso, Radio Free Europe ha riportato le parole di David Claridge, esperto di armi della Janusian Security Risk Management: “Ricordo che la prima volta che incontrammo tali ordigni, erano stati usati contro una impresa di sicurezza privata nella zona di Bassora e poi, quasi subito dopo, contro pattuglie militari britanniche nella zona. E ricordo che fu il ministero della difesa britannico che per primo mise in luce l'uso di tali armi, ma anche il loro potenziale collegamento con la tecnologia iraniana.”

Infatti, come ricorda una fonte iraniana in una discussione con l'Executive Intelligence Review il 15 febbraio scorso, fu Tony Blair nel 2005 ad accusare l'Iran di mandare armi nel sud dell'Iraq per farle usare contro le truppe inglesi nella provincia di Bassora. Il governo britannico non riuscì a provare l'accusa e dovette ritirarla nel gennaio del 2006, ammettendo che essa era stata formulata in fretta e che tali armi si potevano reperire con facilità al mercato nero mediorientale.

  


[1] Robert Cooper è uno dei principali ideologhi dell'”Impero Europeo” (cfr. https://archive.movisol.org/ulse081.htm e altri articoli su questo sito).


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