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Prodi, ovvero del fallimento degli economisti

12 gennaio 2009 (MoviSol) - Nel suo ultimo saggio breve, Lyndon LaRouche affronta la questione di come "gli accademici solitamente falliscono, in materia di economia". LaRouche, l'unico economista ad avere previsto il crollo del sistema finanziario mondiale, con largo anticipo e con grande spessore di analisi, stigmatizza così quegli stessi ciarlatani che, dopo aver fallito prognosi e ricette, continuano ad occupare gli spazi mediatici e a propinare le loro idiozie come se nulla fosse.

L’accademico Prodi non ha pudore


I suoi cortigiani gli attribuiscono la paternità
della Nuova Bretton Woods, ma il prof. Prodi è
il principe degli economisti incompetenti.

Un esempio è Romano Prodi, economista, già consigliere della Goldman Sachs, di George Soros, Presidente della Commissione EU e capo del governo italiano. Su Il Messaggero del 31 dicembre il prof. Prodi, descrivendo il collasso dell'economia mondiale, scriveva: "Nessuno l’aveva immaginata così profonda e diffusa. Qualcuno aveva previsto tensioni nei mercati finanziari, altri lo scoppio della bolla immobiliare, ma nessuno pensava che l’intreccio di tutti questi fatti potesse portare ad una caduta così rapida e diffusa dell’economia mondiale".

Prodi-Pinocchio quindi si scaglia contro chi propone soluzioni "con il protezionismo, con i sussidi all’esportazione o con estemporanei aiuti alle imprese". Un momento, però: "Diverso è il caso del salvataggio delle banche (anche se non sono certo esenti da colpe) perché la certezza che il proprio denaro sia al sicuro è condizione del funzionamento stesso di ogni economia. Se si fosse intervenuti a salvare la Lehman Brothers, avremmo certamente evitato momenti di panico in tutto il mondo".

Dunque, evviva il salvataggio del sistema finanziario. Anche qui non dobbiamo stupirci. Stiamo parlando dello stesso prof. Romano Prodi che, nel 1995, fu organizzatore influente (assieme ad altri colleghi, tra cui il prof. Stefano Zamagni) della cerimonia di consegna della laurea "honoris causa" allo speculatore finanziario George Soros, a soli tre anni dai suoi attacchi speculativi contro la lira e il sistema monetario europeo.

Siccome la madre degli imbecilli è sempre incinta, il prof. Prodi continua a godere di una reputazione mal guadagnata, e qualche adulatore addirittura gli attribuisce la paternità della Nuova Bretton Woods. Queste poche righe dovrebbero bastare a fugare ogni dubbio a proposito: la Bretton Woods che il prof. Prodi promuove è quella dell'Impero Britannico, e cioè il salvataggio della bolla speculativa a tutti i costi.

La critica alle falle degli accademici

Perché gli economisti, come lo "smemorato di Bologna" Prodi, si sono dimostrati un fallimento? Nel suo scritto, LaRouche spiega come le dottrine economiche vigenti siano dottrine statistico-matematiche, mentre l'economia vada considerata un ramo della scienza fisica, e quindi di ciò che Leibniz chiamò dinamica.

"Nella moderna civiltà europea, l’unica scienza dell’economia esistente è quella che fu introdotta da Gottfried Leibniz, nella forma di una scienza esplicitamente anti-cartesiana della dinamica dell’economia fisica (che è cosa ben differente dalla molte varianti di monetarismo oggi in voga). Così, in parole povere, l’incompetenza egemone anche presso i cosiddetti “esperti economici” delle diverse nazioni, è un prodotto delle premesse su cui essi, e i governi malconsigliati, hanno fondato il proprio curriculum accademico, che serve loro per spacciare per competenza il suo esatto contrario".

Proseguendo la sua argomentazione, LaRouche colloca il problema economico nel più ampio problema epistemologico che investe sia le scienze fisiche che le arti classiche.

Nelle scienze fisiche, esso è più facilmente comprensibile se consideriamo come oggetto principale della ricerca l’interpretazione del dominio fisico della nostra esperienza, precisamente dal punto di vista dei prodotti della fisica sperimentale. Nell’astronomia, Keplero indicò la via del superamento della “certezza dei sensi”, vedendo in questi ultimi soltanto qualcosa di "comparabile a degli strumenti scientifici imperfetti atti ad evidenziare il significato di fenomeni situati al di là della scala astronomica, o al di sotto della scala microscopica, o submicroscopic", e dimostrò come fosse possibile contrastare e combinare le raffigurazioni della vista e dell’udito, per permettere alla mente di addurre la realtà fisica di ciò che, pur con "invisibile" evidenza, proietta sugli apparati sensorii le impressioni cui essi sono abituati.

Altrettanto importante, però, è il rovesciamento della prospettiva: nelle arti classiche è cruciale aver compreso, dal punto di vista della scoperta dei principii cognitivi, come le potenze creative della mente individuale si rapportino alla società.

Quando LaRouche parla della crisi attuale, per esempio, indica sempre il processo quarantennale di collasso sia degli standard produttivi, sia della capacità di consumo (ovvero della densità demografica potenziale relativa). Il fatto che si sia "vissuto di rendita", limitandosi a consumare e rinunciando alla capacità produttiva ottenuta in precedenza con gli investimenti rooseveltiani, non significa che una mente non assorbita dai sensi non avesse potuto prevedere la "fine del sogno".

L’enfasi sul lavoro di pensatori come Cusano, Brunelleschi, Keplero, Leonardo da Vinci, Leibniz, Riemann e Vernadskij e il duro attacco a figure dell’oligarchia storica come Francesco Zorzi e Fra’ Paolo Sarpi diventano essenziali, perché i primi seppero sviluppare una concezione della natura e dell’uomo ben distinta da quella liberista-ecologista oggi dominante, mentre i secondi gettarono le basi del moderno riduzionismo.

Con la costruzione della cupola del duomo di Firenze fu (ri-)aperta la strada della promozione di una concezione dell’universo come qualcosa costituito di "principii", più che di "materia ed energia", come diremmo noi moderni, oggi. Zorzi e Sarpi, il primo attaccando Cusano e accendendo in Inghilterra la miccia delle guerre di religione, il secondo adattando il sistema aristotelico alle novità rinascimentali leonardesche e machiavelliche (permettendo cioè un certo grado di "innovazione scientifico-tecnologica" ma negando filosoficamente l’esistenza di veri principii universali), rappresentarono il vertice dell’elaborazione ideologica di cui si è avvalsa, fino ai giorni nostri, la reazione.

Il fatto che, nonostante la dimostrazione kepleriana, Galilei morì nella convinzione che le orbite dei pianeti fossero circolari è particolarmente indicativo dell’effetto di questa reazione: si era formata e si consolidò una "cappa" in grado di rallentare per secoli certe penetrazioni concettuali della natura, più importanti delle applicazioni tecnologiche stesse.

La giusta prospettiva

Ora, grazie alla distinzione proposta da Vernadskij tra le sfere del non vivente, del vivente (la biosfera) e della cognizione umana (la noosfera), siamo in grado di liberarci del quadro riduzionista che ispirò le tante correnti dell’empirismo, del positivismo, ecc. e di vedere in esso la radice dell’incompetenza, sia marxista sia liberista, nel concepire il problema del processo economico. Poiché non è legittimo né possiamo permetterci di non vedere l’uomo come qualcosa di superiore al resto delle specie viventi (basti confrontare il potenziale demografico delle scimmie antropomorfe con il nostro, volontariamente accresciuto con l’applicazione delle conoscenze artistiche e scientifiche), possiamo cogliere un essenziale elemento causale del fallimento in corso, nello standard attuale con cui si pensa "economista" colui che adotta criteri contabili al servizio di politiche di riduzione del deficit, politiche cugine delle teorie genocide degli ambientalisti Filippo d’Edimburgo e Bernardo d’Olanda.

Senza concepire la storia moderna come il relativo successo dell’immagine prometeica su quella feudale della fissità dell’uomo e delle sue relazioni con l’universo, non è possibile elaborare una risposta alla crisi attuale.

Senza quella concezione, per esempio, nelle scienze fisiche si finisce per credere ad una definizione puramente matematica dell’infinitesimo, senza cogliere il significato ontologico dello stesso.

Senza quella concezione, non è possibile comprendere il problema della nostra capacità di sopravvivenza sul pianeta terra. Tutto, infatti, si ridurrebbe ai catastrofismi ecologisti cui siamo abituati, i quali servono soprattutto a farci digerire, col sorriso illusorio di una speranza ben riposta, le politiche maltusiane e di austerità tanto care all’oligarchia che controlla, per esempio, il prof. Romano Prodi.

Senza quella medesima concezione, non saremmo in grado di identificare i principii dinamici, il cui controllo ci assicura, al netto, un accresciuto dominio sulla natura, da usarsi a nostro vantaggio e della natura stessa.

Ciò che occorre, prima di ogni decisione operativa, è la costituzione di un’immagine mentale in grado di abbracciare il problema nella sua globalità. Il che non significa sottomettersi ad una qualche forma di geopolitica, ma anzi abbandonarne tutti i presupposti sottaciuti. Occorre abbandonare la fede nel valore intrinseco della moneta e in un’idea di potenza degli Stati svincolata dall’indicazione costituzionale (americana, soprattutto) che la legittima soltanto se diretta al pieno sviluppo del Bene Comune, e tornare a pensare l’economia come alla forma suprema di controllo dei processi fisici universali che coinvolgono l’esistenza della biosfera e – soprattutto – della specie umana, a legittimo vantaggio delle stesse.

Partendo dall’individuazione di principii dinamici come quello della migrazione degli elementi ad opera della biosfera, Vernadskij arrivò a teorizzare non soltanto la possibilità ma anche la necessità dello sviluppo di infrastrutture fisiche di base.

LaRouche dice: "l’evoluzione prevede un trasferimento di massa dal dominio abiotico alla biosfera e, in modo analogo, dalla biosfera alla noosfera. […] il solo modo per cui la biosfera del pianeta aumenta è attraverso l’azione del principio della vita […] analogamente, la crescita della massa della noosfera si determina solo attraverso la trasformazione di quella qualità della sostanza della biosfera stessa che trasforma la materia vivente in esseri umani cognitivi e nei loro stessi prodotti".

Così l’intervento dell’uomo nel mondo fisico non è soltanto un dato storico, bensì una necessità, con tutta la forza di un mandato della legge naturale non dispensabile, pena il crollo economico e civile della società.

La "natura" oggetto delle preoccupazioni degli ecologisti non è in equilibrio, ma è qualcosa di pronto ad espandersi, non appena le infrastrutture aggiunte dalla noosfera lo permettano: il caso più lampante, anche se è di realizzazione futura, è quello della conquista della Luna, di Marte, e dello spazio extraterrestre.

La moneta è soltanto uno strumento di tutto questo lavorio. Abbiamo sì bisogno di salvare qualcosa, ma non il sistema finanziario e monetario internazionale. Anzi, salvare quello significa condannare qualcuno in sua vece.

Dalla stazione spaziale orbitante ogni cosa della Terra appare piccola. Tra tutte le piccole cose, la moneta è la più sopravvalutata, mentre quella più grande – la specie umana – è minacciata dalla follia di qualche suo membro. Una volta per tutte, è giunto il momento di neutralizzarne l’influenza politica e costruire, per l’epoca post-crac, un mondo così giusto da far impallidire ogni precedente storico.

Flavio Tabanelli
Movimento Internazionale per i Diritti Civili – Solidarietà


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