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Votate al Senato le mozioni per la Nuova Bretton Woods

25 febbraio 2009 (MoviSol) - Il Senato ha discusso e votato ieri cinque mozioni sulla crisi finanziaria mondiale e sulla Nuova Bretton Woods. L'iniziativa è il frutto degli sforzi di alcuni senatori, e in special modo del sen. Oskar Peterlini, che fu il primo a presentare, nell'ottobre scorso, una mozione sulla Nuova Bretton Woods (vedi qui). Riportiamo il testo integrale dell'intervento del sen. Peterlini all'apertura del dibattito.

Signora Presidente, onorevoli colleghi, onorevole sottosegretario Casero, la più bella delle figlie di Priamo, re di Troia, e di Ecuba, Cassandra, non era un uccello del malaugurio, come ritengono erroneamente alcuni che usano a sproposito i fatti e i personaggi della mitologia, bensì una profetessa inascoltata, cioè una persona capace di prevedere chiaramente la verità, ma condannata a non essere creduta. Se Priamo le avesse creduto quando sosteneva che il cavallo di legno lasciato dagli Achei sulla spiaggia era pieno di soldati nemici, sarebbe stata raccontata un'altra storia.

Per quanto mi riguarda, non sono una Cassandra per vocazione: sono soltanto molto preoccupato, non solo da oggi. È dal 2002 - lo sottolineo, dal 2002 - che mettiamo in guardia sui rischi inerenti ad un mercato finanziario privo di regole certe e di trasparenza. La prima mozione da me presentata è infatti datata 27 febbraio 2002; già in essa puntavo il dito sulle bolle finanziarie e i sui rischi che comporta un liberismo sfrenato. Tutti ricordiamo le crisi bancarie del 1997 in Asia, quelle in Russia, quella dell'America Latina e, nello specifico, il crollo della new economy negli Stati Uniti, la gigantesca crisi bancaria giapponese del 2002 e la bancarotta dell'Argentina. I nostri appelli e quelli di molti autorevoli esperti del settore, come quello dell'economista americano Lyndon LaRouche e dei suoi seguaci, come allora in Italia Paolo Raimondi, sono purtroppo rimasti inascoltati. E anche adesso chiedo al Sottosegretario di dare un po' di attenzione al dibattito.

Il risultato è che oggi ci troviamo dinanzi ad una crisi che rischia di diventare peggiore di quella del 1929. Noi abbiamo avvertito il Senato nel 2002, presentando un documento che non è mai stato trattato.

Oggi tutti chiedono una nuova Bretton Woods, incluso il ministro dell'economia Tremonti. Ribadisco quanto detto prima: se qualcuno avesse ascoltato i nostri appelli negli anni passati, avremmo potuto evitare questo disastroso crollo economico-finanziario. Ricordiamo tutti che la grande crisi del 1929 portò la comunità internazionale a stringere gli accordi di Bretton Woods al fine di darsi regole precise per i mercati valutari e finanziari; inoltre, agli Stati fu chiesto di sorvegliare e regolamentare il mercato.

Perché, allora, il sistema è andato in crisi? Per il credo assoluto in un liberismo totale dei mercati, soprattutto sulla scia del liberismo americano, a partire dagli anni Settanta, con Reagan e Thatcher, si è seguito il principio del laissez faire et laissez passer. Il messaggio era che i mercati erano capaci di regolarsi da sé, senza interventi da parte dello Stato, il cui ruolo avrebbe dovuto essere ridotto al minimo. Ciò che ha causato la crisi odierna è stata dunque la mancanza di un controllo rigoroso e l'assenza di trasparenza nei bilanci delle società finanziarie e degli istituti di credito.

L'economia mondiale, che in passato si basava sul lavoro effettivo, sugli investimenti in infrastrutture, su prodotti e servizi reali, dunque su una ricchezza concreta, si è trasformata sempre più in un'economia del debito, basata sulle speculazioni finanziarie e sulla crescita dei valori fittizi. Si è fatto abuso dei contratti derivati; parlo di abuso perché lo strumento è nato per tutelare l'agricoltura, ed era utile in tal senso, ma con il tempo è diventato un mostro per speculazioni ad altissimo rischio.

In aggiunta a ciò, vi è stata - lo ribadisco - la totale assenza di controlli sui grandi istituti finanziari, ma anche sulle imprese. I crolli dei giganti produttivi americani (ricordiamo Enron e WorldCom) manifestarono i primi sintomi di questa malattia, ma anche l'Italia, pur sotto la supervisione sui mercati svolta dalla Banca d'Italia, non è stata così virtuosa come si vuol far credere. Prova di ciò furono i grandi crack di Cirio e Parmalat. Ci tengo a ricordare questo aspetto perché il ministro Tremonti, mesi fa, ha elogiato il sistema finanziario italiano, con la battuta - e di una battuta si trattava - che la nostra fortuna era quella di non saper parlare inglese.

Capisco l'ironia e ciò a cui si riferiva il Ministro, ossia il fatto che nel nostro sistema non vi è stato un abuso di strumenti cosiddetti sofisticati come nell'economia anglosassone; tuttavia, onorevole Presidente, colleghi, non nascondiamoci dietro un dito: anche in Italia, purtroppo, il sistema finanziario ha fatto uso di strumenti speculativi, scaricando spesso sulle spalle degli investitori le perdite causate da un sistema divenuto marcio. Ricordo, in tal senso, un'analisi de «Il Sole-24 ORE» sui bond argentini e sui titoli Parmalat e Cirio, in cui si richiamava l'attenzione sul fatto che questi titoli, già in fase di svalutazione e dunque ad altissimo rischio, furono ugualmente - e oserei dire di proposito - venduti dagli istituti di credito (entro un anno, scriveva «Il Sole-24 ORE» dimostrandolo con delle cifre) ai loro stessi risparmiatori, aprendo così una crepa profonda nel rapporto di fiducia tra le banche ed i loro clienti.

Ciò che ha determinato la crisi che oggi ci troviamo a dover fronteggiare, la famosa goccia che ha fatto traboccare il vaso, sono stati i mutui subprime, cioè quei mutui concessi a chiunque, anche a chi non ha la capacità di onorare il debito. Con lo scopo di attirare clienti che chiaramente non avevano le risorse per soddisfare i termini dei contratti l'industria del credito subprime ha messo in atto pratiche predatorie, e le conseguenze le abbiamo viste. Anziché assumersi il rischio connesso a questo tipo di credito (normalmente una banca locale presta il denaro, si fida delle persone o controlla i propri clienti e loro possibilità di pagamento), gli istituti finanziari hanno impacchettato queste posizioni creditorie con strumenti finanziari sofisticati vendendoli in giro per il mondo. Così facendo si è perso il legame diretto di responsabilità tra chi aveva aperto il mutuo e la banca che lo aveva concesso. Questi titoli dall'incerta liquidità, definiti "tossici", sono finiti nei nostri fondi pensione, nei fondi d'investimento e nella pancia delle banche.

Ora occorre porre le basi affinché in futuro non riaccada ciò che sta avvenendo, affinché non si cada più nella trappola dell'emergenzialità. Siamo in ritardo, ma oggi più che mai è necessario riorganizzare il sistema creditizio e finanziario, e questa è la richiesta comune che trapela da tutte le mozioni presentate. Personalmente, chiedo al Governo di salvare almeno l'essenziale di questo comune appello per contribuire ad un riassetto internazionale del sistema bancario, finanziario e del credito.

Il buco creato dalla speculazione, però, non può essere colmato con i soldi dei contribuenti, né soltanto con misure d'urgenza. Occorre piuttosto puntare alla salvaguardia dei piccoli risparmiatori, non limitandosi ai loro depositi, ma anche tutelando i loro investimenti nei fondi pensione e nei fondi d'investimento non speculativi, ovviamente fino ad un certo limite, lasciando che il mercato ripulisca, anche in modo drammatico, il sistema finanziario dai cosiddetti strumenti tossici.

Non condividiamo, dunque, quanto hanno intrapreso le autorità americane, le quali hanno utilizzato i fondi dello Stato per coprire non i bisogni delle famiglie, ma le perdite provocate dai titoli ipotecari MBS (Mortgage Backed Securities) e dagli strumenti derivati, che, utilizzando artificiose leve finanziarie, hanno moltiplicato i valori speculativi oltre l'immaginabile.

Per fare un esempio, basti pensare che lo scopo dichiarato del salvataggio della AIG, il colosso assicurativo americano numero uno nel mondo, e di altri istituti è stato quello di garantire la copertura dei titoli derivati legati alla speculazione nel settore dei mutui subprime, piuttosto che - è questa la nostra principale richiesta al Governo, alla comunità internazionale e ai responsabili dei mercati mondiali ed è su questo che siamo concordi con il Governo italiano - proteggere le attività economiche ordinarie, cioè quelle che si basano sull'effettiva economia reale.

I titoli tossici vanno eliminati, ma, come sostenuto recentemente dallo stesso ministro Tremonti (e su questo lo appoggiamo pienamente), respingiamo l'ipotesi che lo Stato, con i soldi dei contribuenti, si faccia carico di queste perdite. In parole povere, lasciamoli fallire. È stato questo, tra l'altro, il metodo impiegato nella ricostruzione postbellica in Europa e dal New Deal attuato dal presidente americano Franklin Delano Roosevelt durante la Grande Depressione, che permise il superamento della crisi e la ricostruzione dell'economia sia americana che europea.

Signora Presidente, colleghi, le richieste contenute nella nostra mozione, che si trovano anche nella mozione di cui è primo firmatario il senatore Baldassarri (il quale ha seguito il dibattito con grande attenzione, e per questo gli rivolgo i miei complimenti) così come nella mozione n. 33, presentata dal senatore Lannutti e da altri senatori, puntano a sollecitare un impegno da parte del Governo italiano ad agire in sede internazionale per promuovere una nuova riorganizzazione del sistema monetario e finanziario internazionale, cooperando con le principali potenze mondiali e con quelle emergenti al fine di stabilire un nuovo sistema. Il modello che proponiamo si basa su quello adottato per superare la grande crisi del 1929, ovvero il modello di Bretton Woods, come tra l'altro propongono il grande economista americano Lyndon LaRouche e molti studiosi come Andrew Spannaus.

Per uscire da questa crisi e far ripartire la ruota dell'economia dobbiamo innanzitutto ripristinare la fiducia nei mercati finanziari, e questa fiducia si ripristina con regole certe e trasparenza (condizioni imprescindibili per dare credibilità al sistema) e con un'amministrazione controllata del sistema bancario, diversificando e separando i debiti speculativi da quelli di investimento.

I debiti speculativi rappresentano purtroppo la stragrande maggioranza dei valori che gravano sui bilanci delle principali banche commerciali e di investimento, e, come giustamente sottolineato dal ministro Tremonti, persino sui bilanci di certi enti locali italiani. La fiducia non si ottiene se questi debiti speculativi vengono salvati con i soldi dei contribuenti. La fiducia si ottiene se c'è giustizia, se pagano coloro che li hanno messi in circolazione.

Il salvataggio, dunque, deve concentrarsi sulla garanzia degli investimenti dei piccoli risparmiatori. Questa garanzia non si deve limitare ai depositi bancari, ma deve comprendere - fino ad un certo limite - anche i fondi pensione e i fondi comuni d'investimento non speculativi. Prendiamo nuovamente l'esempio americano: piuttosto che comprare i titoli tossici dei mutui subprime, il Governo americano avrebbe potuto utilizzare i propri fondi per comprare gli immobili stessi, proteggendo così i piccoli risparmiatori e le famiglie indebitate. Anche l'Italia deve differenziare: non si può salvare con i soldi pubblici il marcio, con il rischio di non avere più fondi per aiutare i nostri risparmiatori, le nostre famiglie, le nostre imprese.

Il sistema riconquista credibilità se al bene comune, al general welfare, viene data precedenza assoluta rispetto agli obblighi creati per foraggiare la bolla speculativa e per ottenere in breve tempo facili e cospicui guadagni.

Ancora, la fiducia si ottiene se si garantisce più stabilità alla produzione e al commercio internazionale. Sono dunque necessari cambi valutari più stabili e non lasciati al mercato, ma decisi con accordi tra le nazioni evitando le oscillazioni speculative dei mercati. Apro una parentesi. Un imprenditore italiano che vende i suoi prodotti in America non dovrebbe essere esposto, come purtroppo è stato in questi anni, alle fluttuazioni del dollaro, pagando così i debiti contratti dagli Stati Uniti per finanziare le loro guerre. Con l'immissione di liquidità gli americani mirano ad una ulteriore svalutazione del dollaro (anche in questi giorni), facendo così pagare nuovamente all'economia europea in generale e agli esportatori in particolare il loro debito.

Per dare stabilità è infine necessario aumentare i controlli sui trasferimenti di capitali a fini speculativi, ovvero ripristinare il capital control, privilegiando gli investimenti a lungo termine nell'economia produttiva.

Condividiamo, a tal fine, quanto detto dal ministro Tremonti, ossia privilegiare, nel sistema creditizio, con un basso tasso di interesse e a lungo termine, gli investimenti in infrastrutture, industria ed alta tecnologia, piuttosto che incoraggiare la ricerca del profitto facile a scapito dell'attività produttiva.

La fiducia si ottiene se il sistema creditizio diviene effettivo e non puramente monetario. Questa è stata, tra l'altro, l'idea ispiratrice del modello di Bretton Woods.

Dalla crisi usciamo se si trova un accordo non solo con le principali potenze mondiali del G8, ma anche con le nuove potenze economiche come Cina, India e Brasile, coinvolgendo le potenze emergenti. La partenza del G7 è stata importante, come lo è la preparazione del G20, ma chiedo di allargare da subito ai Paesi che stanno crescendo ora un accordo che, come Bretton Woods, speriamo tenga almeno altri 40-50 anni.

Per questo nella nostra mozione chiediamo al Governo italiano di esercitare pressioni sulla comunità internazionale e di farsi nobile promotore affinché si pongano le basi per una cooperazione internazionale capace di realizzare gli obiettivi proposti.

Concludo. Riteniamo non sia sufficiente curare soltanto i sintomi della malattia, ma ciò che l'ha causata (per questo ho cercato di motivarla), ossia il sistema finanziario internazionale nel suo complesso. Chiediamo di tenere sott'occhio l'obiettivo di investire i mezzi pubblici, non per salvare i debiti speculativi, ma per proteggere i piccoli risparmiatori, le nostre imprese, le famiglie e i posti di lavoro.

Chiediamo, insomma, che non sia il contribuente, la famiglia italiana a pagare due volte: una volta con la perdita dei propri risparmi o la loro svalutazione, un'altra volta con le tasse e il debito prodotto da speculazioni finanziarie.

Auspico, infine, e mi rivolgo direttamente alla maggioranza, che questa sia anche un'occasione per dimostrare al Paese che riusciamo a trovare una convergenza sui temi grandi ed importanti che hanno ispirato tutte le mozioni presentate, senza approvare solo quelle della maggioranza rigettando le altre. Mi pare che la richiesta centrale sia la stessa per tutte; chiedo pertanto un confronto e un positivo accoglimento delle mozioni presentate. In tal modo, l'Italia potrà uscire rafforzata anche da questa discussione e si potrà dare un sostegno al ministro Tremonti nei suoi sforzi per dare più stabilità e più credibilità ai mercati finanziari. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-Aut, IdV e della senatrice Negri).


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