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Legge di Iniziativa Popolare per la Glass-Steagall

3 aprile 2012 (MoviSol) - Due mesi dopo l'introduzione al Senato della proposta di legge del sen. Oskar Peterlini (vedi il testo e la petizione), la Lega Nord ha annunciato una campagna di raccolta firme per una Iniziativa di Legge Popolare a favore della separazione delle banche d'affari da quelle ordinarie. In un comizio a Marcallo con Casone, Bossi ha inaugurato la campagna affermando: "Bisogna spacchettare le banche: quelle che speculano da quelle che investono e dànno soldi alle imprese".

La Legge di Iniziativa Popolare (LIP), per la quale occorrono 50 mila firme, anticipa una proposta di legge che, secondo informazioni dell'EIR, sta per essere presentata alla Camera da figure politiche di spicco (non solo della Lega) che riprenderebbe in parte il testo Peterlini al Senato che come noto è stato preparato in collaborazione con MoviSol, il movimento di LaRouche in Italia.

Negli ultimi tre anni MoviSol è riuscito a mobilitare diversi parlamentari, come pure associazioni e organizzazioni locali, sul tema della Glass-Steagall, ma è la prima volta che un partito politico lo inserisce nel suo programma.

Nell'introduzione alla LIP, si afferma che "è arrivato il tempo per fissare un limite allo strapotere della finanza (…) Farlo vuol dire che è solo lo Stato che emette la moneta nel nome del popolo. Vuole dire che il credito serve per lo sviluppo e non per la speculazione. Vuole dire separare 'il grano dal loglio e dalla zizzania', il produttivo dallo speculativo, come è stato per secoli." La finanza è diventata un'"infezione" sfuggita al controllo e quindi deve essere riorganizzata secondo procedure fallimentari, simili al "Chapter 11" americano, in modo da finanziare un "vasto progetto di investimento pubblico per l'economia industriale, fisica e manifatturiera, per le infrastrutture".

Sottolineando che non si devono salvare gli speculatori con i soldi dei contribuenti, il testo afferma: "Chi ha giocato d’azzardo non può impunemente alzarsi dal tavolo da gioco, per farci sedere qualcun altro a pagare per la sua perdita. È a chi ha perso la sua scommessa che si deve imporre di pagare!" Per questo, occorre abbandonare il fallimentare sistema della banca universale, che ha causato la crisi, e passare ad "una nuova aggiornata versione della legge Glass-Steagall del 1933".

In Italia la mobilitazione di MoviSol, iniziata più di due anni fa, ora è stata seguita dalla proposta di legge Peterlini, dalla campagna di Tremonti nel suo libro "Uscita di Sicurezza" e dalla Legge di Iniziativa Popolare della Lega. Si tratta di importanti passi verso un auspicabile maggioranza bi-partisan (o penta-partisan) che oltre a stabilire il primato dell'Italia per un nuovo rinascimento economico possa superare al più presto la fase da incubo rappresentata dal governo Monti e, allacciandosi al dibattito avviato in Francia da Cheminade e da LPAC negli USA, porti alla svolta a livello internazionale.

Il testo della Legge di Iniziativa Popolare per la separazione bancaria:

Proposta di Legge di Iniziativa Popolare ai sensi dell'articolo 71, secondo comma, della Costituzione e in applicazione della Legge 25 maggio 1970, n. 352 e successive modificazioni

Garanzia del credito a famiglie e imprese: separazione tra credito produttivo e attività finanziaria speculativa

Due secoli fa è stato detto: «Sinceramente sono convinto che le potenze bancarie siano più pericolose che eserciti in campo» (Thomas Jefferson, 1816). Oggi è più o meno così ed è per questo che è arrivato il tempo di mettere lo Stato sopra la finanza e la finanza sotto lo Stato. Il tempo per fissare un limite allo strapotere della finanza. Farlo, finalmente, vuole dire porre fine a un ciclo ventennale di prevalenza contro natura dell’interesse particolare sull’interesse generale, vuol dire «cacciare i mercanti dal Tempio», vincere la malia di potere ancora esercitata dai santoni del denaro.

Farlo vuol dire che è solo lo Stato che emette la moneta nel nome del popolo. Vuole dire che il credito serve per lo sviluppo e non per la speculazione. Vuole dire separare «il grano dal loglio e dalla zizzania», il produttivo dallo speculativo, come è stato per secoli. Vuol dire cominciare a difendere e stabilizzare i bilanci pubblici. Nell’insieme dare avvio a un sistema economico e sociale diverso, non solo più etico, ma anche più efficace di quel sistema monetarista che sta ora venendo giù e purtroppo ci sta trascinando con lui. Se non facciamo resistenza, se non reagiamo, se non cambiamo.

Si ripete, è arrivato il tempo per riequilibrare il potere tra la finanza e gli Stati, tra la finanza, costituita nei suoi interessi e la politica deputata a rappresentare l’interesse generale della collettività. Anche nella peggiore delle ipotesi che si possono fare sulla politica, è infatti sempre vero che, per quanto sia o possa sembrare discutibile, una politica discutibile è comunque meglio di una finanza invincibile. È stato del resto detto che la democrazia può essere il peggiore dei sistemi, ma non se ne conoscono di migliori (Winston Churchill). Ebbene, neppure l’autocrazia finanziaria è migliore della democrazia!

La casistica che oggi ci si presenta sullo scenario finanziario e bancario è davvero molto differenziata, tanto a livello nazionale quanto a livello europeo. E non solo. Non c’è dunque un intervento unico da progettare, uno strumento unico da applicare. Ma c’è comunque una logica politica comune da mettere alla base di ogni necessario intervento. In alcuni casi si tratta di rendere meno sistemiche, o non sistemiche, le banche che ancora sono e/o si dicono sistemiche: ridurle di dimensione, scinderle, depotenziarle perché è arrivato il tempo della separazione tra attività produttiva ed attività speculativa. Il tempo della separazione tra le banche che raccolgono risparmi e capitali e li investono a proprio rischio nelle grandi industrie, nelle piccole imprese, per le famiglie, per le comunità, per i giovani e le banche che giocano d’azzardo, privatizzano le vincite, socializzano le perdite. Così tra l’altro producendo un risultato opposto a quello di ogni pur discutibile forma di efficienza capitalistica. Le banche devono dunque tornare a essere, e a essere considerate e trattate, come infrastrutture al servizio dell’economia e della società. E non viceversa. In altri casi infine le banche devono essere nazionalizzate, prima che il loro dissesto lo renda poi necessario, magari ancora a spese della collettività.

Prima, si ripete, si deve separare «il grano dal loglio e dalla zizzania», il bene dal male, aprire o fare aprire i libri contabili, imporre l’accertamento volontario o coattivo di quanto dell’uno e quanto dell’altro c’è in ogni banca, più in generale in ogni grande operatore finanziario.

In specie, gli attivi e passivi sani devono essere separati da quelli tossici, che vanno segregati. Le tecniche applicabili per operare la segregazione sono diverse, insieme antichissime e modernissime: dal sabbatico alla moratoria, alla bad bank. Ma è chiaro in ogni caso che l’enorme massa finanziaria tossica, che è ancora in essere nel cosiddetto sistema, deve essere scadenzata su periodi i più lunghi possibile ed accollata agli speculatori o cancellata. Chi ha giocato d’azzardo non può impunemente alzarsi dal tavolo da gioco, per farci sedere qualcun altro a pagare per la sua perdita. È a chi ha perso la sua scommessa che si deve imporre di pagare!

Si deve interrompere l’infezione che ha origine nella finanza e che, senza controllo, si sta propagando fuori da questa.

Molti soggetti, molti segmenti, molti blocchi bancari e finanziari devono essere avviati verso ordinate procedure fallimentari. Ad esempio, verso procedure regolate sul modello del Chapter 11 degli USA. Non si può infatti pretendere di salvare tutto, soprattutto quando l’esperienza insegna che, tentando di salvare tutto, alla fine si finisce per salvare il peggio.

Al tempo del New Deal, a partire dal 1933, prima furono introdotte nuove regole e fu riorganizzato il sistema bancario e finanziario, isolandolo dall’attività parassitaria, poi il denaro pubblico fu usato per investimenti pubblici, in infrastrutture, per salvare le famiglie e le industrie. (Su questo tipo di investimenti si veda più sotto). Per inciso va comunque ricordato che solo il salvataggio dell’apparato industriale americano, così operato, consentì di battere il nazismo.

A partire dal 2008 è stato invece fatto l’opposto: il denaro pubblico è stato prevalentemente usato per salvare le banche e i banchieri; non sono state fatte nuove regole (anzi); non c’è alcun serio, vasto progetto di investimento pubblico per l’economia industriale, fisica e manifatturiera, per le infrastrutture.

Ciò che ora va prioritariamente ed assolutamente fatto è invece primum vivere. Abbandonare il modello della cosiddetta banca universale, che è poi il DNA della banca sistemica, base di partenza della megabanca globale fallimentare. Per farlo è necessario introdurre una nuova aggiornata versione della legge Glass Steagall del 1933.

In sintesi, ora come allora è necessario erigere una barriera antincendio, un firewall, distinguere tra banche ordinarie e banche d’azzardo, in modo che le banche ordinarie non possano più prestare i soldi dei correntisti alle banche d’azzardo o comprarne i prodotti strutturati. Una distinzione che deve e può essere fatta istantaneamente, abrogando le leggi nuove, introdotte più o meno dappertutto negli anni Novanta, e tornando alle vecchie leggi degli anni Trenta. È proprio questo che va fatto.

È vero che si possono fare enormi profitti usando per la speculazione i soldi depositati in banca dai correntisti ordinari. Ma è proprio questo che va impedito. I soldi dei correntisti ordinari, prima, e dei contribuenti, dopo, non devono infatti più essere soggetti a questo tipo di rischio. Un rischio che ora si sta estendendo ai bilanci pubblici e, di qui salendo per la scala della crisi, si sta estendendo al benessere ed alla vita dei popoli.

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