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Energia e progresso

di Jacques Cheminade, 1 ottobre 2013

8 ottobre 2013 (MoviSol) - François Hollande ha appena annunciato il suo obiettivo di riduzione del 50% del consumo energetico entro il 2050 e del 20% del consumo di idrocarburi entro il 2030. Ha inoltre ricordato l'impegno assunto durante la campagna elettorale, di limitare entro il 2025 la componente di produzione elettrica fornita al nucleare, passando dall'attuale 75% ad un 50%. Contemporaneamente ha affermato che servirebbero dei massicci investimenti nell'innovazione tecnologica per mantenere la crescita. Così, egli pretende che lo sviluppo economico sia compatibile con una diminuzione lorda del consumo energetico. Questa azzardata proposta di "sdoppiamento" non è soltanto assurda ma si scontra con ciò che definisce l'essere umano, la sua capacità di conoscere le leggi dell'universo e di sfruttarle per il bene comune.

Così non si può andare avanti a lungo. Le scelte della scienza non hanno la stessa natura delle sintesi di un congresso politico. Persino un'analisi statistica, come quella proposta da Yves Cochet, lo dimostra: dal 1970 ogni aumento dell'1% del PIL mondiale è stato accompagnato da un aumento dello 0,6% del consumo energetico. In tutta la sua chiarezza, dunque, si dà la scelta: riduzione del consumo energetico e decrescita, o aumento del consumo energetico e crescita.

Il problema è che i nostri capi di Stato, seguendo l'andazzo degli ultimi quarant’anni, non hanno una vera e propria cultura scientifica, artistica e filosofica. A discolpa di François Hollande diciamo che egli non rappresenta affatto un'eccezione. Nessuno può o vuole comprendere che ciò che ha contrassegnato l'intera storia umana e le ha permesso il progresso è la crescita della densità del flusso d'energia. Interrompere questa evoluzione, produrre meno energia procapite, per unità di superficie e per massa di materia prima apportata, non può che condurci all'autodistruzione. Voler finanziare questa "transizione energetica" verso il passato non ha pertanto alcun senso, in quanto implica la rinuncia ad alimentare la crescita delle future generazioni. In altre parole, assecondando il volere dell'oligarchia finanziaria dominante, ridurre la popolazione, poiché ci si rende incapaci di nutrire l'economia.

Così, è ridicolo che François Hollande possa pretendere, parlando il 30 settembre a Cherbourg, che i quattro impianti idroeolici sovvenzionati dallo Stato con un impegno finanziario di 30 milioni di euro, possano produrre 3GWh, cioè l'equivalente di tre reattori nucleari. Anche i suoi consiglieri hanno trovato una tale previsione "un tantino ottimistica".

Siamo seri, politicamente. Oggi la fissione nucleare è la forma di produzione caratterizzata dalla più alta densità di flusso. Un domani il primato sarà della fusione. Si tratta di dominare i princìpi fisici in modo da compiere un progresso, cioè nutrire più esseri umani e meglio, qualificandone il lavoro e sviluppandone le capacità creative. Non si tratta di una scelta tecnica, ma di una scelta sociale, che riguarda l'avvenire. Diciamolo brutalmente: viviamo in una società che si sforza con ogni mezzo di impedire l'espressione della creatività umana e della giustizia sociale. Annegandole, come fanno le banche centrali, in un mare di denaro falso, che arricchisce a breve termine un ristretto 5% della popolazione.

Sviluppare la fusione termonucleare significa, al contrario, scorgere un orizzonte a lungo termine, migliore per tutti. Significa rimpiazzare un sistema monetarista predatorio con un sistema di credito pubblico capace di finanziare il futuro.

Il cambiamento richiesto non potrà certamente manifestarsi nel breve periodo, ma è il mutamento di direzione ciò che conta oggi. Chi è occupato a creare non pensa di opprimere o di dominare il suo simile: ha qualcosa di meglio da fare.

Colui che vende illusioni, invece, si rende complice del predatore, anche se lo fa in sincera ignoranza.




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