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La TAV, eccezione (insufficiente) all'austerità dell'Unione Europea

1 dicembre 2013 (MoviSol) - Il 12 novembre la "talpa" ha iniziato a scavare il tunnel di base di 52 km che costituisce l'opera centrale della linea TAV Torino-Lione. Come è noto, la TAV fa parte delle Reti Transeuropee, nella fattispecie del Corridoio 5 che va da Lisbona a Kiev passando a sud delle Alpi. La Torino-Lione ridurrebbe notevolmente anche i collegamenti con Parigi, incrementando l'asse Nord-Sud da Londra a (per ora) Salerno.

Mentre Hollande e Letta riaffermavano l'impegno dei rispettivi governi a completare la TAV nel vertice bilaterale del 20 novembre a Roma, a pochi edifici di distanza le forze dell'ordine erano impegnate a fronteggiare violenti No-TAV, che hanno anche preso d'assalto una sede del Partito Democratico. Pochi giorni dopo è affiorato in rete un documento delle cosiddette Nuove Brigate Rosse, risalente però all'inizio dell'anno, che esorta al sabotaggio dei cantieri TAV. Negli ultimi mesi si sono intensificati gli atti di sabotaggio che qualche "intellettuale" di area grillina ha definito legittimi.

Mentre alcuni degli argomenti dei No-TAV, sposati dai leader di M5S, sono letteralmente ridicoli (ad esempio l'allarme sulla dispersione di uranio e amianto) altri argomenti sono più insidiosi, perché fanno leva sul contrasto tra i fondi investiti nella TAV e quelli negati a tante altre opere urgenti, come il fatiscente sistema dei treni pendolari o le infrastrutture di sistemazione idrogeologica del territorio, onde prevenire disastri come quelli causati dal maltempo in Sardegna.

In realtà, gli investimenti dovrebbero essere fatti sia nella TAV che nei treni locali e nelle infrastrutture idrauliche, ma sotto il regime dell'UE questo non è possibile. Nel 2010, il governo stimò che sarebbero serviti 44 miliardi per le opere atte a salvaguardare il territorio dai rischi idrogeologici. Nel 2013 l'Associazione Nazionale Bonifiche, Irrigazioni e Miglioramenti Fondiari (ANBI) ha identificato 3.432 opere urgenti da finanziare con sette miliardi, ma il governo ha investito meno di un decimo di quella cifra.

Il costo del mancato investimento tra il 1994 e il 2004, in termini delle cifre spese per riparare i danni da inondazioni, frane e terremoti, è stato di 20,9 miliardi. In contrasto, l'Italia si è impegnata a versare 125 miliardi nel Meccanismo di Stabilizzazione Europea (MES), per salvare le banche inondate di titoli tossici.

È ovvio che volendo, i soldi per finanziare le opere urgenti ci sono, ma le priorità stabilite da Bruxelles sono: prima le banche e poi i cittadini. Ma solo una massa critica di investimenti, finanziati con credito nazionale, può portare a una svolta, creando occupazione, ricchezza e impedendo il collasso del paese.




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