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La Russia e l’energia nucleare

16 aprile 2007 - I mezzi d’informazione russi sottolineano l’importanza di alcuni passi con cui la Russia prosegue il proprio programma nucleare, nel contesto della destabilizzazione strategica che si aggrava non soltanto per le guerre in atto in Iraq, in Afghanistan e in Africa, ma soprattutto per i conflitti militari che la cricca di Cheney intenderebbe far esplodere altrove nel continente asiatico

(vedi le nostre pagine:

1) http://www.movisol.org/strate1.htm

2) http://www.movisol.org/eal-r.htm,

3) http://www.movisol.org/pauradipace.htm).

Come LaRouche ha più volte sostenuto, Russia, Cina e India sono nazioni che rappresentano, per l’attenzione che dimostrano per la propria identità e per la natura delle relazioni internazionali, uno dei pochi bastioni che possono reggere alla globalizzazione, un bastione fastidioso per quegli agenti, attivi a diversi livelli della politica internazionale e nazionale, che operano in favore della strategia imperiale neo-veneziana del sistema liberale anglo-olandese.
A Severodvinsk, nelle acque del Mar Bianco,  il 15 aprile sono stati inaugurati i lavori sulle fondamenta della prima centrale nucleare galleggiante russa, da tempo annunciata e criticata dai soliti ecologisti. Alla cerimonia hanno partecipato Sergej Kirijenko, capo dell’ente nazionale per l’energia atomica; Sergej Ivanov, ex ministro della difesa e ora vice primo ministro; il sindaco di Mosca Yurij Luzhkov e il governatore della regione di Arkhanghelsk Nikolaj Kisiliov.
La centrale galleggiante, che ricorderà nel nome lo scienziato Mikahil Lomonosov, avrà d’altro canto una potenza di 70 MW elettrici e 300 MW termici. Kirijenko si è espresso nel modo seguente: “Oggi firmiamo un accordo di costruzione di sei unità produttive. Di queste centrali è forte la domanda non soltanto in Russia, ma anche nelle regioni asiatiche e pacifiche, laddove esse possono essere usate come impianti di dissalazione” Alcuni rappresentanti russi hanno anche discusso dell’opportunità di fornire le nazioni africane di impianti nucleari così caratteristici. Essi, infatti, possono funzionare per 12-15 anni senza dover essere riforniti di combustibile fissile. Sono inoltre dotati di sistemi di sicurezza migliorati. Il loro impiego è previsto per le regioni colpite da siccità, ma anche da carenza di energia elettrica. In particolar modo, nei grandi lavori che necessitano di fornitura elettrica indipendente e ininterrotta.


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