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LaRouche : "Sulla presente crisi finanziaria mondiale"

seconda parte

 (Prima parte )

In prima istanza, su insistenza di Churchill, ci comportammo con l'Unione Sovietica come se le avessimo dichiarato guerra. Bertrand Russell, un grande liberale, arrivò a proporre una guerra preventiva con bombe nucleari. In realtà lo aveva proposto ancor prima di questa occasione, ma ora lo fece per iscritto. Propose che se ne occupassero gli Stati Uniti, anche se questi non disponevano ancora di simili armi, poiché gli unici due prototipi di bomba atomica erano stati usati sul Giappone. Gli attacchi a Hiroshima e Nagasaki furono assolutamente non necessari, poiché il Giappone s'era già arreso: le condizioni della resa, infatti, erano state trattate da Hirohito con il Vaticano. Ma sotto la pressione di Churchill e della Gran Bretagna, il governo di Truman non aveva proceduto ad accettare la resa giapponese. Non avrebbe dovuto far altro che assimilare quanto negoziato dall'ufficio per gli affari speciali del Vaticano, il cui responsabile era il futuro Papa Paolo VI; non avrebbe dovuto far altro, durante i negoziati della resa, che prestare attenzione ad una condizione, e cioé a trattare con il Mikado, l'ufficio dell'Imperatore del Giappone. Ciò gli avrebbe conferito l'autorità necessaria ad ordinare il cessate il fuoco alle truppe giapponesi. Ma non lo fece.

Il Giappone era sconfitto! L'isola principale era posta sotto un blocco impenetrabile, imbottigliata dall'aviazione e dalla marina degli Stati Uniti. Né rifornimenti, ne risorse d'alcun tipo potevano passare il blocco, determinandosi la condizione di completa disfatta, di collasso nazionale. Ma la guerra fu prolungata senza alcuna necessità, soltanto per compiacere i Britannici!

Tornando all'Unione Sovietica, in questa nuova fase procedemmo dimostrando ostilità. Si riteneva, infatti, che l'Unione Sovietica non avesse la capacità di sviluppare armamenti nucleari, in tempi tali da poter rispondere adeguatamente all'attacco voluto dalla Gran Bretagna. Una volta scoperto, intorno al 1948, che invece ne era in grado, la cricca di Russell e Churchill dovette in qualche modo cambiare mira. Questo pose fine al governo di Truman, perché non più utile.

A parte questo cambiamento, la politica rimase la stessa: ritornare all'Impero Britannico! Questo impero era stato fondato, in verità, con il Trattato di Pace di Parigi del 1763, quel trattato che aveva spinto i patrioti negli Stati Uniti a riconoscere che presto o tardi avrebbero dovuto combattere per liberarsi da questa nuova struttura imperiale, arrivando dunque alla Rivoluzione Americana. Già da allora, soltanto i traditori e i parassiti della nostra nazione si erano sentiti fedeli alla corona britannica. Quale tragedia se il mondo avesse dovuto vivere sotto il giogo dell'Impero Britannico! Così noi - come nazione, appunto come Stati Uniti - eravamo giunti a minacciare l'Impero. Non solo, avevamo affrontato anche gli agenti britannici operanti in seno alla nostra nazione, cioé i Confederati! Che erano una creazione di Lord Parlmerston, esponente di spicco dell'Impero.

Eravamo riusciti a sconfiggerlo, e a sviluppare una nazione sull'intero continente. Questa era sempre stata la nostra politica, sin dalle origini; in quell'occasione, avevamo accettato i confini col Canada e col Messico, estendendoci fino a dove gli oceani, a est e a ovest, ci avrebbero concesso. Eravamo occupati a svilupparci in uno stato nazionale sovrano e continentale.

Ci eravamo infine riusciti, per mezzo delle ferrovie, e di simili costruzioni. Inoltre, per mezzo dell'immigrazione europea e da altre parti del globo, intere regioni, negli attuali Stati del Dakota e del Nebraska, furono sviluppate da colonie di tedeschi, per esempio. A questi agricoltori erano state assegnate delle terre ed era stata prestata la necessaria assistenza. Le ferrovie avevano svolto l'importante funzione di sostegno. Così, in breve tempo, eravamo diventati la nazione più potente tra gli stati nazionali del mondo! E questo, nelle condizioni di una guerra civile.

Che effetto avevamo avuto in Europa? La nostra esperienza aveva scatenato un desiderio di libertà dall'Impero Britannico. Sto parlando della fine di Napoleone III. Sto parlando della Germania che, per mezzo di Bismarck, aveva risposto al successo americano sfidando l'Impero Britannico, piuttosto che con la guerra, perseguendo lo sviluppo economico. Sto parlando della Russia di Mendeleyev, il grande scienziato che, di ritorno dalla Convenzione di Philadelphia del 1876, convinse lo zar a costruire la famosa ferrovia transcontinentale. La Germania aveva deciso di unire con i binari Berlino e Baghdad, ma i cambiamenti avevano infine riguardato anche l'assetto giuridico del Paese, proprio con le riforme bismarckiane del 1977-1879 apportate con il consiglio diretto degli Stati Uniti, cioé dei circoli americani più influenti appartenenti alla tradizione di Lincoln.

L'Impero Britannico non aveva gradito. Essenzialmente per questo motivo: se le nazioni dell'Europa, addirittura le nazioni dell'Eurasia avessero sviluppato i propri territori con le infrastrutture ferroviarie, specialmente con quelle transcontinentali mutuate dall'esempio americano, allora i trasporti e i commerci dei beni sulla lunga distanza avrebbero potuto avvenire in modo più efficiente per terra che per mare! Questo era stato il loro problema.

Con il controllo di quanto avviene internamente al proprio territorio, con lo sviluppo della scienza e della tecnologia moderne, quei Paesi avrebbero evitato metodi inefficienti di trasporto; e ogni centimetro di movimento merci, compiuto per terra e con grande organizzazione, avrebbe significato per essi un aumento dei poteri produttivi della propria economia nazionale! I trasporti marittimi, invece, non coinvolgendo il territorio di un Paese e le popolazioni ivi stanziate, non avrebbero per loro stessa natura contribuito in alcun modo a migliorare l'economia. Ecco la frode della geopolitica.

 

Ora, noi siamo entrati in un'epoca tecnologica, in cui sono disponibili tecniche come la levitazione magnetica, e sono realizzabili progetti come quelli precedentemente ricordati da Helga. Abbiamo raggiunto un potenziale tecnologico per il quale sono ora realizzabili progetti e sistemi che permettano  di trasformare territori precedentemente ritenuti non sviluppabili o privi di attrattiva in zone ricche e abitabili. Abbiamo la capacità globale di trasformare il pianeta stesso, incrementando la potenza produttiva del lavoro, la capacità di sopravvivenza, i livelli di vita, in una maniera che non ha precedenti nella storia umana! Per mezzo di nuovi metodi di trasporto di massa, con la dovuta enfasi sulla tecnologia di estrazione della potenza nucleare per mezzo di forme superiori alla fissione, con nuovi metodi di produzione di isotopi, ecc. possiamo dominare aree precedentemente non raggiungibili, ma che nascondono le materie prime di cui abbisognamo, rispondendo nel contempo alle grandi esigenze delle vaste popolazioni (India, Cina, ecc.) arretrate. Con nuovi materiali e nuove tecnologie, possiamo procedere ad assicurare la destinazione di tali risorse allo sviluppo di tutte le nazioni, per quanto povere esse siano. Il potenziale c'è: l'abbiamo davanti agli occhi.

Esso, naturalmente, rappresenta una minaccia esistenziale per l'Impero. Gli Stati Uniti nel 1945 erano la nazione più potente in assoluto, anche sul piano storico; ora sono un relitto. Se non fosse per l'arsenale nucleare, pochi nel mondo li temerebbero. Chiaro? Sono un relitto. La questione, allora, è: poiché sin dal 1648, cioé dalla Pace di Westfalia, l'obiettivo di pace ha coinciso con lo sviluppo di stati nazionali sovrani in tutto il mondo, come è stato dimostrato in Europa, negli Stati Uniti, e altrove, dobbiamo tenergli fede anche ora. Non dobbiamo fare altro che continuare il lavoro. Attenzione, però! Il significato di questa operazione, il suo vero obiettivo di una tale costruzione politica a livello mondiale, è minacciare l'esistenza dell'Impero, come sistema, in qualunque forma esso appaia. Dunque, ciò che gli Stati Uniti rappresentarono con Roosevelt, fu la più seria minaccia che l'Impero Inglese avesse mai dovuto affrontare. [Potete stare certi che] ogni evento malvagio, di una certa importanza a livello mondiale, dal giorno della morte di Roosevelt fu dovuto al risultato dell'azione di forze individuabili negli ambienti Liberali anglo-olandesi, sia in Europa, sia - tramite alcuni traditori - nella mia nazione. Tra questi traditori, vi sono anche alcuni ex presidenti, e alcuni idioti, come il presidente ora in carica.

Ne consegue che il tema geopolitico è immutato. Tuttavia, non dobbiamo fissarci sulla contrapposizione geopolitica tra potenze terrestri e potenze marittime. Dobbiamo invece tener presente che il secolare dominio esercitato per mare s'è esaurito grazie al progresso tecnologico. Con la tecnologia ora disponibile, insomma, possiamo sviluppare i territori nazionali per via terrestre, invece che per mare, e con maggior efficienza e potenza. Oh, naturalmente useremo gli oceani! Essi, infatti, contengono ingenti quantità di minerali, di cui abbiamo bisogno. Li useremo anche per altri scopi e in altri modi. [Dobbiamo anche ricordare che] la potenza produttiva del lavoro non risiede semplicemente nelle popolazioni, ma nello sviluppo dei popoli: lo sviluppo della loro tecnologia, della loro libertà di inventare, della loro potenza di condurre scoperte scientifiche, del godimento di ogni miglioramento.

Questo è il nostro lavoro, la nostra battaglia.

Questo è stato il punto caldo che motivò le guerre! Sin dal Rinascimento nel Quattrocento, la ragione delle principali guerre europee è stata questa! E' necessario bloccare il sistema dell'imperialismo, in qualunque  forma esso di manifesta: che sia l'antico imperialismo persiano, o l'imperialismo dell'antica Roma, o l'imperialismo bizantino, o il sistema delle Crociate dovuto all'alleanza tra Venezia e i Normanni, o il più recente esempio britannico. La sfida dell'umanità più vera è, pertanto, quella di diventare umani: dobbiamo sbarazzarci di questo fattore imperiale.

L'imperativo è la creazione di una comunità di stati nazionali, basata sull'impiego della cultura dei popoli e sul suo sviluppo, affinché essi possano partecipare in condizioni paritetiche al lavoro della comunità stessa. Dobbiamo sviluppare l'uomo, così come esso è passibile di sviluppo.

 

Questo è ciò che riguarda la crisi. Non dobbiamo cercare cause recenti. Non dobbiamo pensare a date recenti, nemmeno alla data della morte di Roosevelt. Il problema, già, c'era. Il problema è la crisi che da lungo tempo affligge l'umanità tutta, perlomeno da che ne conosciamo sufficientemente la storia; ad esempio, per quanto riguarda l'Europa, dal 700 a.C.  circa.

Nello specifico, però, la crisi che affrontiamo oggi fu generata dalla Guerra Fredda. Gli Stati Uniti continuarono a prosperare, tra alti e bassi, fino all'assissinio di John F. Kennedy. Continuarono a progredire, per certi versi; ma il punto cruciale è quello. Non v'è bisogno di discuterne. Quello fu l'inizio della cosiddetta "Guerra Fredda", ovvero la guerra di ricolonizzazione e la ricerca di un conflitto con l'Unione Sovietica, tutta roba insensata. Il biasimo, dunque, non va a Stalin, ma al versante britannico.

Quello è l'inizio della crisi odierna: la questione geopolitica, infatti, fu il pallino di Londra e di certe forze basate a New York, che noi associamo all'oligarchia finanziaria, ovvero alle persone che sostennero Hitler. Gli Stati Uniti, forti come erano divenuti sotto Roosevelt, non avrebbero potuto essere vinti o riconquistati per via militare. Essi avevano il massimo potenziale produttivo della storia, e il mondo era stato sconvolto dalla guerra. L'Europa aveva bisogno degli USA, per la ricostruzione. Così anche l'Unione Sovietica, e la Cina, ecc.

Per tanto, procedemmo per intoppi e iniziative, fino all'assassinio di John F. Kennedy. Non fu colpa di Oswald, né un suo errore, né l'errore di alcuna parte in gioco. Quell'assassinio fu intenzionale. E l'intenzione fu la distruzione degli Stati Uniti. John F. Kennedy, distinguendosi dal padre, era divenuto presidente in piena immersione nella tradizione rooseveltiana. Aveva condotto la propria campagna in modo da ravvivarla.

La fase dal 1945 al 1964, cioé fino al suo assassinio e agli sviluppi ad esso legati, fu un periodo in cui gli Stati Uniti conservavano la grande potenza economica, con i livelli di vita ancora in crescita. Nel frattempo, però, qualcosa di differente ebbe origine, in coincidenza dell'assassinio, a cui possiamo imputare la crisi di oggi. Le radici della crisi erano già presenti, perché il conflitto tra USA e Impero Britannico veniva da lontano, ed era stato esacerbato dalla vittoria di Lincoln sulla marionetta dell'Impero, la Confederazione Sudista. La possibilità di corrompere l'economia americana e mandare in rovina il sistema americano si ebbe con la morte violenta di Kennedy.

Lo sapete: entrammo in guerra in Indocina, senza alcuna dannata buona ragione per farlo! Scelta la politica sbagliata, cercammo di farla ingoiare a Ho Chi Mihn. Ma lo trovammo un uomo favorevolmente disposto verso gli Stati Uniti, perché era stato alleato di Roosevelt! Se lo avessimo trattato decentemente, ci avrebbe rispettati. Vi sarebbero state, forse, certe difficoltà, ma la diplomazia esiste proprio perché esistono le difficoltà. La sola presenza di difficoltà non giustifica la rinuncia alle vie diplomatiche.

Con quella guerra, compimmo un atto molto simile a quello dell'Impero Persiano nei confronti di Atene.

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