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LaRouche : "Sulla presente crisi finanziaria mondiale"

Quarta parte

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Perciò, il nostro problema è impedire la distruzione dell'economia americana, in particolare. Ma, come fare? Basta congelarla! Le procedure sono simili a quelle usate per un'azienda in bancarotta, per proteggerla congelandola.

Il compito è tutto del governo federale. Esso è responsabile, ora e nel futuro, per questa operazione di riordino. Nel frattempo si congela. Alla gente si permetterà di rimanere nella propria abitazione, pagando periodicamente una somma ragionevole, come se si trattasse di un affitto. I contratti di mutuo non si toccheranno, non ci occuperemo di rinegoziarli, ora.

In altre parole, creeremo una "muraglia", in protezione da una reazione a catena che è già in atto. Le stesse azioni dovranno essere compiute anche in merito ad altre categorie d'affari. Che cosa significa, allora? Vogliamo che ad affrontare questa situazione sia il governo federale – e lo raccomandiamo anche agli altri governi, in Europa e altrove. Vogliamo che essi eliminino i fattori tipici del presente sistema, che influenzano negativamente la vita economica della nazione. La soluzione è nella neutralizzazione di tali fattori, con la costruzione di una gabbia di protezione. Immaginate uno scoiattolo ivi racchiuso: potrà saltare e correre finché vuole, ma non uscirne. Tutto questo è da farsi, perché punteremo ad un sistema di tipo nuovo.

In altri termini, cerchiamo di sottrarci al sistema monetario che è proprio degli imperi, del tipo appena discusso, per passare ad un sistema di credito pubblico, cioè quanto è prescritto dalla Costituzione degli Stati Uniti. La Costituzione degli Stati Uniti dice: "Noi non siamo proprietà delle banche. Non siamo posseduti dai banchieri. Anzi, siamo noi a controllare i banchieri". Nella nostra Costituzione, infatti, l'emissione di moneta è potere del governo federale. Gli stati della federazione possono stampare moneta soltanto se v'è il consenso del Congresso.

Ora, la funzione di emissione di moneta, in questo tipo di sistema, costituisce proprio un sistema di credito, non un sistema monetario. Il governo stampa la moneta, ovvero emette credito commisurato ad una certa quantità di moneta autorizzata dal Congresso: questo deve aver votato un decreto, che autorizzi il governo a procedere, emettendo moneta che sarà accollata al debito degli Stati Uniti. Ecco l'equivalente del denaro.

Che cosa si fa con queste nuove emissioni? Si fanno cose necessarie, ma anche qualcosa di più fondamentale: si usa il nuovo denaro, quello creato nella forma di nuovo credito, soprattutto per sviluppare infrastrutture su larga scala. Questo tipo di investimento coinvolge tutti i settori pubblici, di cui c'è grave carenza oggi, negli USA e in Europa: centrali di produzione di potenza elettrica, sistemi di trasporto di massa, sistemi sanitari, ecc. E' un elenco di cose essenziali per qualunque settore della popolazione, che al momento non riesce a soddisfare i suoi bisogni. Tutti ne dipendiamo. Quindi, si deve emettere credito, per riparare e manutenere le infrastrutture.

Non appena ci si accinge a modernizzare un'infrastruttura su larga scala, si mobilita il resto dell'economia, perché occorrono molteplici contributi costruttivi. In modo indiretto, è come se si emettesse credito per pagare tutte queste attività. Che ne è dell'iniziativa privata? Essa è coinvolta tramite gli appalti. In questo modo a livello locale sono stimolati molti affari, grazie a progetti riguardanti il futuro. In questa maniera, però, si mantiene controllato l'equilibrio tra i tassi di crescita del settore pubblico e del settore privato.

Come siamo sicuri che tutto questo funzioni? Consideriamo un altro problema: al momento, le valute nazionali sono sottoposte a fluttuazioni. In queste condizioni, il costo dei prestiti è incontrollabile. Se la valuta con cui si contratta è destinata a svalutarsi rispetto alla propria moneta, quanto si dovrà addebitare di interessi? Nelle condizioni di tassi fluttuanti in un'economia in declino, si determina una duplice tendenza: da una parte cresce la domanda di credito a basso costo, dall'altra evapora la possibilità di generarlo per mezzo del settore privato, o per mezzo delle banche centrali.

Il problema, allora, è che dobbiamo dotarci di un sistema internazionale a cambi fissi, visto che puntiamo ad un sviluppo globale. Dobbiamo cercare di congelare, per quanto possibile, il valore delle monete nazionali al valore attuale le une rispetto alle altre. Congelare.

Poi, bisogna passare ad un sistema di credito pubblico emesso dallo Stato. Come si può fare? Beh, ci sono la Cina, l'India, la Russia, gli Stati Uniti e altre nazioni che hanno tutte bisogno di tante cose e quindi si affidano grandemente al commercio di beni. Perciò, se vogliamo avere un'emissione ed una concessione di credito transfrontaliera c'è bisogno di un sistema di cambi fissi. Altrimenti, come faremmo per stimare il tasso di interesse che caratterizzerà i prestiti sul medio e sul lungo periodo?

Che cosa dobbiamo fare, allora? Qual è la base di un sistema internazionale del credito? Chi risponde "un sistema monetario" sbaglia! No! Il sistema monetario è archiviato tra le brutte idee, poiché non ha funzionato molto bene. Ce ne sbarazziamo una volta per tutte.

Ci affideremo ad accordi e trattati di lungo periodo. Che cosa intendo per lungo periodo? Almeno 25-50 anni. I governi del mondo dovranno entrare nell'alveo di accordi a lungo termine, di tipo commerciale o altro in correlazione, all'interno di un sistema di cambi valutari fissi; invece che cercare di equilibrare il sistema lasciando fluttuare le monete, lo equilibreremo lasciando che i prezzi dei beni, all'interno dei singoli domini monetari, oscillino all'interno di intervalli regolati.

Da un parte, tuttavia, questa iniziativa deve essere presa immediatamente. Dobbiamo radunare immediatamente alcune nazioni, dobbiamo farlo entro qualche settimana a partire da oggi, perché ogni cosa sta per saltare in aria! Per questo tipo di crisi non c'è il famoso fondo da toccare! O riusciamo a fermare il processo distruttivo con i metodi da me suggeriti, oppure nulla si fermerà - e molto presto conosceremo guai più gravi della Germania del 1923.

Non vi sono alternative razionali. Imboccando altre strade, sarà il peggio a venirci a cercare.

I governi, normalmente, appoggiano simili riforme solo una volta che percepiscono di non avere alternative. Alcuni, tuttavia, dimostreranno la propria follia clinica, rimanendo ostili al cambiamento. In generale, però, dovremo sviluppare un sistema stabile, creato tramite accordi tra un crescente numero di nazioni. Essenzialmente, cercheremo di riformare l'ONU, perché abbia una funzione esecutiva coerente con questi tipi di accordo.

La transizione che propongo, quella da un sistema monetario ad un sistema di credito, deve avvenire all'istante. Una settimana o due di caos potrebbero distruggere la vostra nazione. Pertanto la transizione deve essere istantanea. Ecco la necessità di erigere una "muraglia". Il mio disegno di legge sulle case e le banche è, in effetti, una muraglia: il governo federale si occupa di questa categoria di minaccia, quella posta dal mercato immobiliare all'intero sistema bancario. Dobbiamo proteggere i due elementi cruciali del sistema economico, altrimenti non avremo alcuna possibilità di sopravvivenza!}

 

Vogliamo tappare il buco nella chiglia della barca? Se non lo faremo, non siamo adatti a sopravvivere, e la nostra eliminazione forse aiuterà la razza umana del futuro!

Opereremo con un metodo di "muraglie". Due sono i tipi che ho in mente. La prima è quella già introdotta con il mio disegno di legge. Essa è fattibile, per la legge americana. Non serve che un atto legislativo, non più complicato delle righe da me scritte. Con quella legge creeremo una muraglia.

Poi, abbiamo bisogno di una seconda muraglia, per la transizione tra il modo di operare del sistema finanziario americano e quello nuovo che stiamo installando. La muraglia deve venire nella forma di trattati tra una potente aggregazione di nazioni. In altre parole, se la maggioranza delle nazioni potenti del mondo si accorda sulla necessità di proteggere qualcosa, quel qualcosa può essere protetto. Senza un tale accordo, non può: ecco la seconda muraglia. Se ogni nazione acconsente a soccorrere le altre, riconoscendo che è il proprio interesse ad essere minacciato, sarà possibile abbandonare con le spalle coperte un sistema fallimentare, quello della Guerra Fredda, ovvero quello presente "della globalizzazione".

Dobbiamo cancellarlo dalla realtà in un colpo solo! Non potremmo riformarlo, pezzo per pezzo: dobbiamo invece erigere una muraglia di contenimento dell'epidemia. E ci devono essere pompieri potenti, nella forma di un numero sufficiente di potenti governi, che la mantengano, accordandosi per difendere ognuno l'interesse reciproco.

Nel Trattato di Westfalia abbiamo il precedente, per così dire: l'interesse di ciascuno è l'interesse altrui. Le nazioni riconoscono che la destinazione è infernale, senza un cambio di rotta dovuto alla mutua protezione. La gente che, dopo trenta anni di guerra, partecipò alla Pace di Westfalia, lo sapeva: sapeva di dover compiere certi passi, per proteggersi! Dovette mettere l'interesse altrui al primo posto! Riconobbe di dover erigere una muraglia. Tutta la civiltà europea, nei secoli successivi, ha dipeso dal trattato del 1648. Oggi necessitiamo di un suo equivalente: le muraglie!

E, soprattutto, dobbiamo educare la gente, farle capire che non vi sono alternative. Il motivo è semplice: non vi sono alternative! La barca sta affondando. O chiudi la falla, o ti getti in mare. Non metterti a cercare una cabina migliore.

 

C'è un principio inerente a ciò: la maggioranza dei sistemi di previsione economica - intendo i sistemi formali, matematici - sono pattume. Un economista competente non si affida completamente ai numeri. Un buon economista guarda sempre oltre i numeri, alla realtà che sta dietro. Non si perde dietro ai dati finanziari, non si fida dei contabili. Li usa, sì; li assume, ma non crede mai a ciò che essi scrivono. Se hai bisogno dei dati da essi prodotti, se hai bisogno del loro lavoro, non significa che ti lasci sostituire da loro nel decidere il vero significato dei numeri che ti presentano.

E il problema è che ci troviamo ad operare in un'economia post-industriale, piuttosto dal punto di vista ideologico, che da quello fisico in senso stretto. L'economia di molte nazioni, i loro governi, sono tutti controllati dall'ideologia post-industriale. Non riescono a percepire la realtà. Perché non gradiscono la realtà. Ne sono infastiditi, ne sono intralciati e la ignoreranno finché è possibile. "Se la realtà si presenta sull'uscio, la sfideremo"! Questa è la popolazione con cui abbiamo a che fare.

Parlando da economista, dopo aver osservato la realtà come la conosco, devo dire che siamo in una società malata, da questo punto di vista. Prendiamo un esempio: quello di Myron Scholes, un facile bersaglio. Parlo del famoso matematico che fu pagato per produrre previsioni finanziarie per conto del fondo LTCM [quello che crollò nel 1998]. Combinò un gran pasticcio, e continua a farne tuttora! Perché nel mondo dei fondi speculativi, ragionano tutti tramite formule matematiche. Ma ciascuna di quelle formule è ferocemente incompetente! Quegli esperti sono stralunati, sono il retaggio di John von Neumann, l'idiota che si limitò ad essere un matematico, senza fare scienza.

Perché sbagliano? Perché credono che da qualche parte esista una legge, una formula matematica, in grado di dettare i prezzi delle cose. Una tale legge, tuttavia, non esiste. Nessun vero economista ci crederebbe. Qualunque economista competente preferisce guardare la realtà fisica dell'economia, ragiona nei termini delle conseguenze, delle conseguenze fisiche, di certe politiche, o di certi andamenti. Non dei movimenti dei prezzi, in quanto tali. Non si affida al sistema folle di John von Neumann, che si usa oggi.

Un altro errore è nella considerazione delle tendenze. Molti credono nelle tendenze statistiche, valutate all'interno di sistemi cartesiani, in un universo meccanico-statistico. Pensano, in altre parole, a corpi sospesi nel vuoto. Ma lo spazio vuoto, in realtà, è la loro testa. Guardano i corpi muoversi nel vuoto, guardano le biglie interagire le une con le altre su un biliardo che credono vuoto, ma il vuoto è nella loro testa. Credono di poter prevedere uno stato futuro, inserito in uno spazio vuoto cartesiano, sulla base di valutazioni statistiche di tendenza, che poi estrapolano. E ciò che porta nei guai gente come Myron Scholes – che insiste nonostante le lezioni del 1998 – è che credono di poter continuare a competere, nella ricerca della formula matematica giusta! Ma usare la giusta formula matematica come fanno loro è come scommettere tutti assieme sullo stesso cavallo, in una corsa all'ippodromo. Sbagliando scommessa, come probabilmente faranno, perderanno tutto. Questo è ciò che accade nella gestione degli hedge funds. Tutti usano le stesse formule usate dalla congrega di Myron Scholes; creano un sistema che sta collassando. Ci perderanno tutti: l'intera torre degli hedge fund è disperatamente in bancarotta. Non vi sono attivi nel dominio dei fondi speculativi. Stanno chiedendo denaro, per potersi salvare dalla bancarotta, proprio come dei mendicanti sulla strada. E si basano tutti sulla proiezione di qualcosa nel futuro, come quella di una traiettoria nello spazio pensato come vuoto, in un sistema meccanicistico-statistico.

Le economie reali non funzionano così, però. Esse funzionano nel rispetto delle leggi fisiche, come sappiamo conoscendo la produzione. Un rendimento, o un guadagno si ottengono per mezzo della tecnologia, o con il migior uso di questa, o con una buona correlazione tra le infrastrutture e la produttività delle manifatture: fattori di natura fisica. E la scienza sa come affrontare queste cose; nell'antica Grecia, il metodo era chiamato "dinamica" o dynamis. Da Leibniz in poi, lo chiamiamo "dinamica".

Il tipo di dinamica che ci occorre per capire l'economia è quella di Riemann: in altre parole, nello studio dell'universo intorno a noi, stabilire a priori assiomi o postulati, o definizioni, è prova di follia. I postulati sono arbitrari. Purtuttavia, viviamo in un universo che ha delle leggi. Un esempio è la gravitazione. Sono le leggi universali a definire l'universo, ma non - come immagina un cartesiano - aperto indefinitamente in ogni direzione, senza limiti, bensì un universo in cui vi sono alcune cose che lo delimitano. Come una sorta di guscio che lo racchiude, infuenzandone ogni parte, come fa la gravitazione. Parlo della gravitazione secondo la definizione di Keplero e in seguito di Einstein, di Riemann. Un principio di dinamica.

Siamo ai principi universali: la differenza tra l'uomo e la scimmia è uno di questi. Si tratta di un principio universale. L'umanità è creativa, perché ha la capacità di accrescere il potenziale di densità demografica della sua propria specie. Gli animali non possono. Quindi v'è un principio che sancisce la differenza tra noi e gli animali! Questi principi limitano l'universo [o, per usare l'espressione matematica, lo condizionano nel senso di condizione al contorno, nota del traduttore].

Introducendo un sistema di produzione di potenza, o un sistema infrastrutturale qualunque, noi creiamo una condizione al contorno che contiene lo spazio in cui stiamo operando.

Pertanto, non si determina il valore economico con metodi cartesiani, con metodi statistici cartesiani. Il valore economico si determina, se si vuole aver successo, in accordo ai principi che confinano/condizionano l'economia di cui si sta parlando. Il modo in cui si progetta un'economia, il tipo di tecnologia che si decide di sviluppare, e dunque di applicare, sono l'azione dei principi fisici universali che avete scoperto; nei termini delle cose già fatte, comprenderle condiziona il futuro comportamento. La possibilità di capire la rotta che sarà seguita, dipende da questo modo di pensare.

Questo è il segreto del mio successo assoluto in questo campo:  l'economia è un territorio occupato da gente che crede nella contabilità, come base delle previsioni; crede nei metodi statistici cartesiani di previsione, nelle tendenze statistiche. Queste persone ci dicono: "I fondamentali dell'economia sono buoni", mentre l'economia collassa. Che cosa c'è di buono? Siamo sul Titanic, signori! E stiamo affondando!

Capite, allora, che dobbiamo cambiare il nostro pensiero, allontanandoci dalle modalità oggi prevalenti. Dobbiamo approssimare il modo in cui gli economisti competenti erano soliti pensare, anche se perlopiù in modo istintivo. Abbiamo a che fare con un'economia fisica. Dobbiamo pensare all'effetto dei cambiamenti nella struttura fisica dell'economia, a come la gente vive fisicamente, ecc. Pensiamo a come le condizioni fisiche determinano il futuro della gente, non statisticamente. Sulla base di queste valutazioni, si cerca di investigare in modo puntuale, e ricavare delle risposte, ovvero delle buone approssimazioni. Poi ci accorgiamo che una buona approssimazione non è sufficiente, e procederemo nella ricerca, cercando di scoprire il principio coinvolto.

Il punto in cui siamo è questo: non troveremo teorie economiche competenti, in nessuna università.  Ma conosciamo molte cose dell'economia, dal punto di vista fisico, e degli effetti economici. Noi possiamo prevedere molto bene sul medio periodo e sul lungo periodo, allo scopo di stabilire azioni opportune. E se sappiamo che cosa abbiamo fatto e il modo in cui abbiamo pensato, qualora non funzionasse come previsto possiamo intervenire e correggere gli errori.

Così, perseguiamo un corretto approccio all'economia fisica, procendendo per tentativi ma con una buona dose di perspicacia. E poiché ci preoccupiamo di sapere che cosa abbiamo fatto, prenderemo le decisioni giuste. Procedendo come statistici, cercando di prevedere con il metodo di von Neumann, o di Morgenstern, proveremmo incompetenza, quella che oggi si incontra ovunque.

Dobbiamo sbarazzarci dell'idea che vi siano leggi matematiche nell'universo in grado di determinare il valore della moneta. Non ve ne sono. Possiamo, invece, costruire sistemi, prescrivere delle priorità, investire sul lungo periodo, gestire le valute nazionali, regolare i prezzi, il commercio in modo equo, il che ci dà una buona approssimazione. Dobbiamo assegnare a qualcuno il compito di seguire questo processo, assicurando che funzioni come desideriamo. Questa è una buona forma di economia.

Tuttavia, se vogliamo comprendere appieno l'economia, dovremo studiare da vicino Bernhard Riemann, e leggere le opere di persone come Vernadsky, dotate di una buona perspicacia intellettuale in alcuni aspetti, nuovi e molto importanti, della realtà. Dovremo, poi, applicare quel modo di pensare per capire ciò che va e ciò che non va nell'economia. Questo è ciò che faccio.

Dobbiamo causare un cambiamento. Dimenticate tutte le abitudini che sono state accettate, perché  accettabili dagli esperti. Sappiamo che questo caos è stato generato dagli esperti, no? Non chiederemo consiglio ancora a loro, vero? Non perderemo tempo a chiedere loro un parere, sul perché si sono sbagliati. Sono dei disastri in persona. Anche i governi ne hanno fatti, di grossi. La Cina sembra avere successo, ma io so che ha commesso alcuni grossi errori. L'India sembra avere successo, ma so che la povertà è cresciuta. Alcuni errori sono da associare al sistema delle caste. L'Europa ha compiuto errori, e così hanno fatto gli Stati Uniti.

Perciò: procediamo con buone approssimazioni scientifiche. La scienza non ha mai avuto l'ultima parola. Essa ci ha fatti sì avvicinare sempre più a quella nuvola che racchiude i principi fisici. E finchè ci ricordiamo come pervenimmo a certe conclusioni nel passato, e siamo pronti a riesaminarle quando le evidenze sperimentali ci suggeriscono che è ora di dare una nuova occhiata. Dobbiamo liberarci di ogni presupposto, insegnato e creduto. Dobbiamo diffidare delle credenze di questa società, soprattutto quando si dice orgogliosamente post-industriale. Dobbiamo causare un cambiamento.

Ci vuole coraggio. Ci vuole lo stesso fegato che serve ad un comandante in guerra: dobbiamo prendere una decisione. Dobbiamo pensare alle conseguenze in caso d'errore, ma la decisione deve comunque essere presa. Dobbiamo cominciare a pensarci subito: se non erigiamo una muraglia, invece di tentare di cavarcela con questa cosa, se non congeliamo il sistema, assicurando l'ordinato funzionamento delle cose essenziali, non ce la faremo! E sarà la fine della civiltà, così come la conosciamo.

E' vero, qualcuno, tra qualche generazione, si rimboccherà le maniche, e comincerà a ricostruire. Ma la civiltà, così come la mia generazione la conobbe e come l'ha conosciuta l'attuale generazione, cesserà d'esistere molto, molto presto se non cambiamo strada.

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