ECONOMIA

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

ECONOMIA

  

 



[Solidarietà, anno VIII n. 2, giugno 2000]



Fame in Etiopia,
perché non è stato fatto nulla per impedirla
Capi d'accusa contro la politica africana dell'occidente

La seguente dichiarazione è stata diffusa il 14 aprile 2000 da Helga Zepp-LaRouche, presidente internazionale del Movimento per i diritti civili -Solidarietà.

1. La catastrofe del Corno d’Africa, in cui 16 milioni di persone rischiano di morire di fame, specialmente in Etiopia ed in Somalia, dimostra ancora una volta il fallimento completo della politica di liberizzazione e di aggiustamenti strutturali imposta dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) e dalla Banca Mondiale. Il governo etiopico attua dal 1992 quelle "riforme economiche" che sono richieste dall’occidente e che sono anche chiamate politiche di aggiustamento strutturale. Per questo motivo il governo di Addis Abeba è stato lodato come "primo della classe" dalle istituzioni finanziarie internazionali.

Se, dopo otto anni di sottomissione alle ricette delle istituzioni finanziarie internazionali, otto milioni di persone corrono il rischio immediato di morire di fame, è più che dovuto chiedersi quale senso abbiano davvero le cosiddette riforme dell’economia di mercato in Etiopia e negli altri paesi africani. Il continuo verificarsi della siccità nel Corno d’Africa è un fattore climatico storicamente conosciuto. Come mai allora la politica occidentale verso questa regione non ha favorito la costruzione delle infrastrutture necessarie a proteggere la popolazione dalle conseguenze dei cicli climatici, come quello della siccità che si ripete da 300 anni?

I governi del G7 si sono voluti attenere fanaticamente alla loro politica di globalizzazione ed in tal modo hanno distrutto gli sforzi del governo etiopico di indirizzare le modestissime risorse verso lo sviluppo economico del paese. Sarebbe stato necessario promuovere aggressivamente le infrastrutture per l’acqua e per i trasporti e dare impulso all’agricoltura. Invece, i governi occidentali, il FMI e la Banca Mondiale hanno spietatamente insistito che si pagasse assolutamente il vecchio debito. L’Etiopia è stata costretta a sborsare dal 1992 oltre 1,2 miliardi di dollari. Nonostante ciò, il debito è aumentato dai 9,1 miliardi del 1991 ai 10,1 miliardi di oggi. In condizioni del genere, come può l’Etiopia sottrarsi al crescente impoverimento e come può cercare di combattere le catastrofi naturali?

2. Gli aiuti che molto tardivamente sono cominciati ad affluire dall’Unione Europea, dagli Stati Uniti e dall’Organizzazione delle Nazioni Unite consentiranno forse di tenere in vita una parte considerevole della popolazione, nondimeno c’è una domanda che ancora attende una risposta: perché questi governi si sono mossi così tardi? Il primo appello del governo etiopico risale al dicembre 1998. Le Nazioni Unite hanno rilanciato l’appello almeno dalla metà del 1999, spiegando che nel Corno d’Africa milioni di persone erano minacciate dalla carestia. Nel dicembre 1999 e nel gennaio 2000 il governo dell’Etiopia ha rinnovato l’appello lanciato all’intera opinione pubblica mondiale. Il fatto che i massmedia prestano attenzione alle catastrofi solo quando ci sono bambini agonizzanti da filmare è indice di quanta importanza i politici ed il pubblico attribuiscono al destino dell’Africa.

3. La critica lanciata contro il governo etiopico, specialmente dai massmedia, che per fare la guerra contro l’Eritrea non ha fatto niente per far fronte alla siccità è pura ipocrisia. I conflitti in questa regione africana sono stati delle "guerre per procura" tra l’occidente e l’URSS fino alla fine degli anni Ottanta e in seguito sono stati sobillati dall’occidente perché il governo inglese e settori di quello americano vogliono costruire un fronte geopolitico contro il Sudan in Uganda, in Etiopia ed in Eritrea. La sovranità delle nazioni africane non ha alcun valore nella politica occidentale, per la quale conta soltanto l’opportunità di influenzare i leader politici nella direzione di un conflitto strategico. Questa politica occidentale ha condotto il Corno d’Africa in una catastrofe, allo stesso modo in cui ha già provocato catastrofi simili in Congo, nella regione dei Grandi Laghi ed in Angola. Il netto rifiuto della dirigenza eritrea di accettare compromessi per porre fine alla guerra è dovuto alla fallimentare politica occidentale nei confronti dell’Africa.

4. Noi facciamo appello ai governi europei e all’UE affinché accolgano le proposte avanzate dal governo etiopico per fare fronte seriamente ai bisogni più urgenti. Questo richiede una spesa di 450 milioni di dollari per un milione di tonnellate di cibo e per le misure necessarie a garantire le forniture di acqua e gli aiuti medico-sanitari.

Secondo il governo etiopico, i porti di Gibuti e di Aden nel Golfo di Aden sono sufficientemente attrezzati allo scopo, mentre un ponte aereo è necessario per raggiungere l’Ogaden.

5. Nel Corno d’Africa si muore per mancanza d’acqua. Poche settimane prima che cominciasse la fase acuta della siccità, il Mozambico e l’Africa meridionale sono stati sommersi dalle alluvioni. In ambedue i casi c’è da chiedersi perché non ci sono abbastanza infrastrutture per proteggere le popolazioni da catastrofi più che prevedibili. La risposta va ricercata nel cinismo della politica di globalizzazione e nelle ricette del FMI e della Banca Mondiale che da 25 anni deprivano l’Africa di ogni possibilità di sviluppo.

L’unica preoccupazione occidentale in Africa è quella del controllo e lo sfruttamento delle materie prime. La retorica dei governi occidentali sulla partnership con l’Africa non riesce a nascondere il fatto che questa partnership non mette in discussione i fondamenti della politica occidentale verso l’Africa.

6. Noi chiediamo che si abbandoni del tutto la politica disastrosa seguita dal FMI in Africa. La decisione europea di rimandare la questione del debito al prossimo incontro al vertice nel 2003 è pura ipocrisia. Il debito africano ammonta a 350 miliardi di dollari e dev’essere cancellato in blocco. Ciò può accadere soltanto nel contesto di una riorganizzazione del sistema monetario mondiale, senza il FMI e senza la Banca Mondiale. Occorrono accordi tra i governi per una nuova Bretton Woods, un nuovo sistema monetario mondiale, come base per un nuovo ordine economico mondiale giusto. Occorre tornare ad un commercio mondiale regolamentato, con controlli sui capitali e misure protettive per i mercati interni dei paesi in via di sviluppo. L’Africa deve finalmente ottenere l’opportunità di realizzare infrastrutture di portata continentale senza le quali non è possibile lo sviluppo dell’agricoltura e dell’industria né è possibile combattere efficacemente la povertà. Solo una prospettiva di sviluppo economico reale teso a migliorare le condizioni di vita della popolazione può dare speranza alle popolazioni delle nazioni africane. Questa è anche la condizione in cui molti conflitti armati possono essere risolti, perché pace significa sviluppo.