ECONOMIA

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

ECONOMIA

 


    [Solidarietà, anno IX n. 4, dicembre 2001]




    Grandi infrastrutture eurasiatiche: la via d'uscita dalla depressione

    Uno studio dell’EIR, realizzato da Jonathan Tennenbaum,
    pone in rilievo l’immenso potenziale
    produttivo del continente eurasiatico

    L’alternativa alla depressione mondiale porta il nome di “Ponte di sviluppo eurasiatico”. Sotto questo nome si designa un complesso di collegamenti infrastrutturali, primariamente ferroviari, attraverso l’Eurasia, concepiti per dare vita ad una serie continua di grandi progetti nei settori dell’energia, delle comunicazioni, della gestione dei grandi sistemi idraulici e degli insediamenti urbani.
    A lanciare l’idea di questo progetto fu Lyndon LaRouche quando, alla fine degli anni Ottanta, vide nella caduta del comunismo l’opportunità di dare vita ad una ricostruzione economica generalizzata “dall’Atlantico agli Urali” e poi ancora ad Est, coinvolgendo Cina, Sudest Asiatico e India. La prospettiva è quella di sviluppare le sconfinate regioni desertiche e disabitate dell’Asia Centrale con un progetto che complessivamente funga da locomotiva economica per una ripresa mondiale dalla depressione in corso.
    Oggi, una decina di anni dopo, si può constatare che il Ponte di sviluppo non è più nella sua fase progettuale ma è un programma che sta prendendo forma concreta molto rapidamente. Nelle pagine che seguono Jonathan Tennenbaum della rivista Executive Intelligence Review presenta un quadro complessivo dei progressi compiuti dal progetto negli ultimi anni.
    In occasione di una conferenza tenutasi il 5 maggio 2001 in Germania Lyndon LaRouche ha spiegato: “In Asia, soprattutto in Cina, in India ed in altri paesi, date le condizioni appropriate, c’è un mercato enorme, che rappresenta la parte più numerosa dell’umanità. Poi, in Asia centrale e settentrionale, abbiamo vaste tundre e deserti, delle regioni da sempre nel sottosviluppo che costituiscono una delle frontiere più importanti per la crescita dell’umanità.
    Grazie ad un ruolo di mediazione della Russia, che storicamente merita più di ogni altra il nome di nazione eurasiatica ... è possibile per l’Europa unirsi alla Russia ed alle nazioni asiatiche nella realizzazione di un sistema che, invece di concentrarsi sui mercati del consumo e degli investimenti finanziari, si riproponga lo sviluppo a lungo termine delle capacità produttive di queste nazioni.
    “Si tratta di un’opera che interessa tutto l’arco di una generazione, o di più. Implica un sistema di credito a lungo termine che i paesi grandi produttori di tecnologia debbono concedere ai paesi acquirenti affinché escano dall’arretratezza economica. Ciò significa un sistema di credito a lungo termine, tassi d’interessi nell’ordine dell’1% annuo – interessi semplici e non compositi – e poi accordi a lungo termine nei quali i grandi mercati asiatici stabiliscano con l’Europa, la Russia ed il Giappone rapporti di cooperazione tali da mettere in moto una ripresa economica generalizzata e che in certi aspetti essenziali si rifacciano alla ricostruzione dell’Europa dopo la guerra, all’attuazione di programmi come il Piano Marshall.
    “Un programma capace di generare ripresa, progresso e sviluppo. È una prospettiva che per funzionare – come questo è stato compreso da quasi un secolo e mezzo – richiede la realizzazione di un sistema infrastrutturale per lo sviluppo per collegare efficientemente tutto il continente eurasiatico, dall’Atlantico al Pacifico. Non si tratta di percorsi ferroviari o del ripristino della Via della Seta, ma della realizzazione di vasti corridoi di sviluppo, d’una ampiezza di un centinaio di chilometri, che percorrono in varie direzioni la grande massa continentale che si estende tra l’Atlantico ed il Pacifico. Lungo questi percorsi, come già avvenne negli USA quando si realizzò la ferrovia transcontinentale, i territori sui due lati della ferrovia sono pronti per essere economicamente sviluppati immediatamente. Grazie a questo primo sviluppo, dal ramo principale possono dipartirsi percorsi secondari, che aprono corridoi secondari di sviluppo, conquistando il territorio in profondità. Mettendo in moto questo meccanismo si verifica un cambiamento molto importante ...
    “Si prendano i trasporti in quanto tali. A prima vista potrebbe sembrare che il trasporto marittimo delle merci sia quello meno costoso, ma non è così. In realtà quello più economico è il trasporto terrestre, ma non su gomma. Quando il traffico autostradale s’ingolfa di autotreni è segno che l’economia sta inequivocabilmente andando a rotoli. Quello su gomma è un mezzo di trasporto costoso ed intrinsecamente inefficiente. Quello ferroviario è superiore, ma quello ottimale è un sistema di trasporto integrato, basato sul sistema ferroviario ed in particolare sulla levitazione magnetica. È certamente da preferire per lo spostamento dei passeggeri, che dev’essere il più celere possibile, ma anche per muovere le merci sarebbe la soluzione ottimale, perché amplifica tutti i i vantaggi. Se si considera di spostare le merci da Rotterdam a Tokyo ad una velocità media di 300 Km/h, senza troppe fermate intermedie, e si considera inoltre che per ogni 100 chilometri di spostamento merci lungo il percorso si induce una creazione di ricchezza, che è reso possibile da quel corridoio, si può calcolare che il costo di muovere le merci tra Rotterdam e Tokyo è inferiore allo zero. Lo stesso non si può dire del traffico marittimo, perché chi l’ha mai vista una nave portacontainer così veloce e che produce ricchezza lungo la sua rotta?
    “Siamo giunti pertanto ad una svolta tecnologica in cui lo sviluppo economico della massa continentale del mondo e l’idea della Grande Frontiera si collocano nell’Asia settentrionale e centrale. Si tratta dell’opportunità migliore per lo sviluppo dell’intera umanità. Ciò presuppone che avvengano dei cambiamenti rivoluzionari nel modo di concepire le cose, perché significa che dobbiamo effettuare i cambiamenti più grandi dell’ambiente mai realizzati nella storia dell’umanità”.


      Lo studio, corredato di numerose cartine, è pubblicato sul numero di dicembre 2001 di Solidarietà. Il bollettino d'informazione del Movimento Solidarietà può essere richiesto telefonicamente agli uffici di Milano: 02/2613058 — 02/26110612