ECONOMIA

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

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[Solidarietà, anno VIII n. 1, gennaio 2000]



La distruzione delle ferrovie inglesi, paradigma della "terza via" globalista


Le privatizzazioni di Thatcher e Blair sono un modello di inefficienza, di maggiori costi, disagi e rischi per il pubblico e... di maggiori sovvenzioni statali


Presso la stazione londinese di Paddington si è verificato il 5 ottobre 1999 un tragico incidente ferroviario in cui hanno perso la vita una quarantina di persone e altre 160 sono rimaste ferite dallo scontro frontale di due convogli. L’episodio dovrebbe rappresentare una dura lezione – un esempio da manuale – per chi trovi ancora difficile comprendere come il liberismo, soprattutto nella sua politica delle privatizzazioni, oltre la retorica predicata alle università e dai massmedia, si dimostra nei fatti una minaccia concreta alla vita di tutti i giorni, anche nel mondo occidentale e non solo in quello in via di sviluppo.

La colpa dell’incidente di Paddington ricade direttamente sul Primo ministro Tony Blair che ha fatto propria la politica delle privatizzazioni a tutti i costi instaurata dal precedente governo di Margaret Thatcher, che dal 1979 al 1993 ne aveva fatto la sua bandiera, riducendo l’Inghilterra ad un rottamaio.

L’incidente del 5 ottobre, come molti altri prima (vedi sotto), si è verificato perché misure di sicurezza ovvie ed elementari sono state sacrificate per risparmiare sui costi, in un contesto generale di svendita delle proprietà e i servizi dello stato: la rete idrica, l’erogazione e distribuzione di elettricità e le miniere, tutto ceduto a prezzi stracciati al solito gruppetto di squali della finanza. Questi ultimi, addentata la preda, hanno massimizzato i profitti rovinando le imprese: hanno tagliato gli investimenti alla manutenzione ed alle migliorie, hanno licenziato gli addetti e hanno tagliato le spese di ricerca e sviluppo. La Thatcher non era riuscita a privatizzare le ferrovie perché aveva incontrato troppe resistenze in parlamento e l’onore dell’impresa andò al suo successore John Major che la portò a termine tra il 1994 ed il 1996.

La Thatcher però riuscì a "contenere la spesa" delle ferrovie bocciando ogni programma di ammodernamento, anche quando dopo un grave incidente avvenuto il 12 dicembre 1988 a Clapham Junction, un’apposita commissione d’inchiesta raccomandò di adottare un moderno sistema di sicurezza già in funzione nel resto d’Europa, l’Automatic Train Protection (ATP). Il sistema esiste in una versione meccanica ed in una più moderna versione elettronica. La prima versione consta di un meccanismo disposto sulla rotaia, all’altezza del semaforo. Quando un treno passa inavvertitamente con il rosso, il meccanismo aziona dall’esterno un apposito controllo del freno d’emergenza sul convoglio in transito. Nella versione elettronica invece il movimento del convoglio che dovesse passare oltre il rosso è rilevato da una serie di sensori elettronici che fanno scattare il freno d’emergenza di bordo lanciando segnali radio.

L’investimento complessivo per questi dispositivi era stimato a 1,3 miliardi di dollari e sotto la frusta della Thatcher l’amministrazione delle ferrovie finì col rinunciare. Oltre alle nuove misure di sicurezza si rinunciò anche ad un’appropriata manutenzione di altri dispositivi e strutture. L’amministrazione ferroviaria accettò inoltre una politica anti sindacale mirante a ridurre sia i salari che l’occupazione.

Nel 1997 arrivò al potere Tony Blair che riproponeva la stessa politica draconiana di tagli al bilancio e privatizzazioni della Thatcher, chiamandola però "terza via". Fu così che nel settembre 1997 si verificò il primo grave incidente ferroviario a Southall, costato la vita a sette persone. Dopo aver constatato che non era la fatalità ma la fatiscenza degli impianti la causa del disastro, Blair avrebbe dovuto incoraggiare una politica di investimenti. Non lo fece. La commissione d’inchiesta sull’incendente aveva di nuovo raccomandato l’adozione dell’ATP. Invece di prestare ascolto, Blair decise di andare per la sua "terza via" e privatizzare anche la metropolitana di Londra, suscitanto un pandemonio nel suo stesso partito.

Il disastro del 5 ottobre

Il conducente del piccolo convoglio del Thames Train, proveniente da Cheltanham alla volta di Londra, non avrebbe rispettato un segnale luminoso, finendo sul binario in cui procedeva l’intercity Great Western Railway (GWR). La stampa si è accontentata di prendersela con il conducente del locomotore, presentato come uno sprovveduto con soli due mesi di esperienza lavorativa che non bada ai segnali.

Approfondendo un po’ risulta che nel circondario di Londra i convogli che non si fermano al rosso sono troppi: è accaduto dieci volte nel giro di due anni. La visuale è spesso ostacolata da vegetazione e impianti, oppure i segnali non sono adeguati alla nebbia ecc. I conducenti hanno formalmente denunciato la pericolosità della situazione, ma quando si tratta di fare nuovi investimenti i reclami finiscono contro un muro di gomma.

A partire dal 1995, per ridurre i costi di gestione e aumentare i profitti, le imprese hanno deciso di eliminare uno dei due macchinisti assegnati ad ogni convoglio. Nelle situazioni difficili era prima possibile una divisione dei compiti, o che ad una distrazione del conducente rimediasse il suo secondo.

Le privatizzazioni della Thatcher

Margaret Thatcher si stabilì al numero 10 di Downing Street nel 1979 esplicitamente per imporre una politica volta a smantellare lo stato sociale, minare cioè le basi per l’esistenza e lo sviluppo di una forza lavoro sana, istruita e produttiva, ed abolire ogni intervento dello stato nella promozione di attività produttive che richiedono infrastrutture pubbliche e disponibilità di credito.

Forte dei precetti di Friedrich von Hayek, fondatore della Mont Pelerin Society, la Thatcher si impegnò a tagliare brutalmente il bilancio perché convinta che il valore economico si calcoli contando i soldi, come vuole la scuola monetarista.

In realtà lei rappresentava un gruppo di monetaristi che voleva fare i soldi rovinando la fonte di ricchezza sociale attraverso le "privatizzazioni". Questo compito fu affidato a Nicholas Ridley, nominato dalla Thatcher Ministro dell’Industria e del Commercio. Nelle biografia della Thatcher scritta da Hugo Young a proposito di Ridley si legge: "Il principale architetto delle privatizzazioni fu uno dei pochi personaggi estromessi dal governo di Edward Heath per ragioni esplicitamente ideologiche. Nicholas Ridley non aveva il pedigree sociale adatto per essere un thatcheriano naturale, dato che ha studiato ad Eton. Però bruciava di zelo per il libero mercato e per il ridimensionamento dello stato. ... Alla fine degli anni Settanta si mise a lavorare al progetto allora impensabile di fare i conti con industrie nazionalizzate e produsse un rapporto che ... costituì la traccia che i thatcheriani più avventurosi presero in considerazione ... come piano d’azione.

"Ridley era convinto che le industrie nazionalizzate fossero deplorevoli sotto tutti i punti di vista: supersussidiate, non competitive e monopolistiche ... Nel suo rapporto esponeva una strategia per smantellarle, o almeno eliminare la loro dipendenza offensiva dai sussidi della borsa senza fondo dei contribuenti al fisco ... I manager e non i ministri debbono determinare di quanto dev’essere ridotta la forza lavoro alla British Leyland, alle Ferrovie Britanniche e altrove".

Nel 1989 Ridley fu prescelto come l’uomo di punta per aggredire la riunificazione della Germania che lui allora chiamava "il quarto Reich". In questa sua campagna mise in riga varie persolità nel resto d’Europa, anche in Italia, che si unirono al suo coro di insulti contro la Germania che "s’allargava". Evidementemente i succubi di Ridley si dettero la zappa sui piedi perché allora la Germania era nella posizione migliore per guidare la reindustrializzazione dell’Europa centro-orientale, creando nuovi mercati reali per tutti i paesi europei. E proprio questo in Inghilterra era considerato il pericolo numero uno.

A casa loro Thatcher e Ridley privatizzarono freneticamente tutto quello che poterono: tra il 1981 e il 1985 vendettero la British Arospace; nel 1983-84 la Associated British Ports, nel novembre 1984 la British Telecom, nel dicembre 1986 la British Gas. E poi le imprese pubbliche dell’acqua e dell’elettricità.

Molti degli squali che acquistarono quelle imprese si sono arricchiti incredibilmente. Tra gli anni Ottanta e Novanta essi danno dato vita ad un formidabile boom della borsa. Il prezzo delle azioni di quelle imprese, sottopagate al governo, è stato poi artificialmente gonfiato e loro sono diventati ultramiliardari. Di tutto questo denaro nulla è tornato nell’economia reale inglese come investimento.

Che cosa è accaduto ai servizi e alle infrastrutture?

Persino il Wall Street Journal, che ha sempre retto lo strascico alla Thatcher durante la sua "rivoluzione", ha dovuto ammettere che le privatizzazioni hanno rovinato l’economia. "Fare il bagno: la vendita delle compagnie statali dell’acqua si rivela un disastro" è il titolo di un articolo del 2 ottobre 1995 in cui si legge: "Margaret Thatcher ha cercato di dimostrare la competenza delle imprese private quando nel 1989 ha privatizzato le imprese idriche in Inghilterra e Galles. Sei anni dopo come stiamo ad efficienza? Chiedetelo alle migliaia di persone che non possono innaffiare le rose. E i prezzi? Chiedetelo ai milioni di utenti che si sono visti raddoppiare le bollette. E la competizione? Non ce n’è, a meno che non vogliate contare la Perrier ... La gente che in Inghilterra e nel Galles pagava l’equivalente di 150 dollari per l’acqua, oggi ne deve pagare 250, 400, o anche 800".

Sullo stesso tono si era espresso già nel 1992 The Economist: "Gli esperti ci parlavano di un cambiamento di natura dell’economia, che saremmo passati da un’economia industriale che produce beni fisici, a una fondata sui servizi. Ci dicevano che il boom dei servizi finanziari e dell’informatica avrebbe creato un mondo post-industriale. Quel futuro è stato rimandato alla calende greche". Il settimanale ammetteva poi la devastazione della capacità produttiva, indicando che, allora, gli impianti inglesi avevano un’età media di 35 anni.

A metà anni Ottanta la deregulation pressoché totale della City di Londra, chiamata Big Bang, mise in moto la borsa e altre attività finanziarie, inondando certi strati sociali di liquidità, stimolando decisamente i consumi. In teoria questo avrebbe dovuto stimolare una ripresa, se non di tutti almeno di alcuni comparti industriali. Quelle industrie però non si mossero affatto perché esse stesse facevano più profitti speculando su titoli stranieri invece di imbarcarsi in una strategia produttiva che richiedeva solidi investimenti a lungo termine. Di conseguenza si è verificato il boom delle importazioni a cui ha fatto seguito uno squilibrio della bilancia dei pagamenti.

Per rimediare, nel 1989, il governo thatcheriano ha pensato di aumentare gli interessi, raddoppiando il costo del denaro, che è passato dal 7,5 al 15%, peggiorando la situazione dell’industria e innescando un collasso del mercato immobiliare, tanto che si calcola che nel 1992 le banche abbiano pignorato 65 mila appartamenti di gente che non ha più potuto pagare il mutuo.

Mentre lanciava invettive contro il "dirigismo", la Thatcher ha finito lei stessa per prendere "misure dirigiste con altri mezzi", ovvero il raddoppio del costo del denaro, tradendo così il suo laissez-faire. Dovrebbe essere evidente quanto sia fasulla la scelta tra liberismo e statalismo, di cui si fa gran parlare. La scelta reale è tra un dirigismo che costruisce la capacità produttiva nazionale oppure un dirigismo che favorisce gli squali della finanza rovinando l’economia del paese. Il secondo "dirigismo" presuppone che al governo sovrano si sostituisca la Banca Centrale gestita da presunti "tenici".

La "terza via" di Blair verso danni peggiori

Non appena eletto, il 1 maggio 1997, Blair rilanciò la politica economica della Mont Pelerin. Fu lui e non la Thatcher a imporre ai disoccupati di dover lavorare anche con uno stipendio equivalente all’assegno di sussistenza. Blair ha entusiasticamente accettato la politica delle privatizzazioni che stava allora procedendo per fasi.

Nel settembre 1997 si verificò un grave incidente ferroviario, non distante dal luogo dell’incidente del 5 ottobre 1999. Ma il governo di Blair non sembra aver neanche preso in considerazione l’opportunità di fare le migliorie dovute. Si limitò a raccomandare un sistema, denominato TPWS, di gran lunga meno efficace del ATP. La differenza che conta per Blair sono i costi, il primo costa 150 milioni di sterline, per il secondo di sterline ce ne vorrebbero un miliardo. Ma anche nel caso del TPWS Blair conta di rimandarne l’entrata in funzione fino al 2003, dilazionando così la spesa.

In un rapporto preliminare sull’incidente di Paddington l’autorità competente afferma: "Sulla base di quanto sin ora accertato sulla velocità del treno, l’incidente sarebbe stato evitato con il Train Protection Warning System (TPWS)".

Ipocrisia liberista

L’incidente di Paddington dovrebbe confermare che le privatizzazioni imposte dalla filosofia liberistica della Thatcher e di Blair mancano tutte le promesse di efficienza, dinamismo, concorrenzialità e risparmio per i contribuenti con cui sono state giustificate, lasciando chiaramente in evidenza che sono state fatte solo per compiacere una ristrettissima élite finanziaria.

La Thatcher e Ridley affermarono che con le privatizzazioni si voleva porre fine agli "sprechi" dei sussidi governativi all’amministrazione ferroviaria. Ma nei fatti è accaduto l’esatto opposto. I contribuenti sussidiano le ferrovie molto più di prima, ma quei soldi finiscono puliti puliti in tasca ai "privatizzatori".

Tom Winsor, autorità di supervisione governativa sull’attività delle compagnie ferroviarie, ha così commentato lo stato delle ferrovie dopo il disastro del 5 ottobre: "Puntualità e affidabilità scendono, il prezzo dei biglietti sale, i reclami aumentano ed i sussidi governativi sono raddoppiati dall’inizio delle privatizzazioni. Non vengono fatte nemmeno le cose più essenziali. Perché non si puliscono le toilettes?".

Il 1998 viene presentato come l’anno in cui sono stati rilanciati gli investimenti nelle ferrovie inglesi, ma in quello stesso anno è stato registrato un aumento del 21% dei tratti ferroviari giudicati carenti. Cosa se ne fa della viabilità ferroviaria uno come Blair che sulla "terza via" ci marcia?


La fattura della Thatcher al sistema ferroviario inglese

Luglio 1984 13 morti e 44 feriti in un deragliamento.

luglio 1986 9 morti e 11 feriti. Un convoglio passeggeri ha investito un furgone su un passaggio a livello a Lockington, Yorkshire.

ottobre 1987 Un convoglio precipita nel Towy River per il crollo di un ponte ferroviario: 4 morti. Stesso mese, 14 feriti nella collisione di due convogli a Forest Gate, Londra.

Novembre 1988 Conducente morto e 18 passeggeri feriti in un deragliamento a St. Helenes.

12 dicembre 1988 35 morti in una collisione verificatasi in un’ora di punta a Clapham Junction.Marzo 1989 5 morti e 90 feriti in una collisione tra due convogli a Purley Station a sud di Londra. Altri 2 morti in un’altra collisione due giorni dopo a Glasgow.

Agosto 1990 Un morto e 35 feriti alla Stafford Station per la collisione di due treni. Altri 2 morti e 240 feriti qualche mese più tardi nella stazione di Cannon Street dove un treno ha sfondato i respingenti. Poco tempo dopo 4 morti e 22 feriti in una collisione di due treni nella Newton Station nei pressi di Glasgow.

Dicembre 1991 Oltre 100 feriti in una collisione tra due treni in un tunnel in direzione di Cardiff.Ottobre 1994 5 morti e 12 feriti in uno scontro frontale nel Kent.

Gennaio 1995 Un morto e 30 feriti in un incidente a Aisgill.

Agosto 1996 Un morto e 69 feriti nella collisione di un convoglio con un treno in sosta nel nodo Watford South Junction nel Hertfordshire.

Settembre 1997 7 morti a bordo di un espresso che ha investito un merci presso Southall.

Giugno 1999 31 feriti sul treno Londra-Glasgow che ha urtato un locale in sosta presso Winsford nel Cheshire.

5 ottobre 1999 40 morti e 160 feriti a Paddington nello scontro frontale di due convogli passeggeri.