O con Maastricht o con la ricostruzione economica
Il precipitare della crisi finanziaria e le recenti catastrofi naturali pongono la scelta in termini immediati. Dal dibatto in corso in Italia si profila una prima intesa al di sopra delle parti per i grandi investimenti non più rinviabili
Il governo italiano sembra aver superato i complessi di inferiorità che hanno impedito sinora allItalia di adoperarsi per abbandonare la politica malthusiana degli accordi di Maastricht. Laccordo di Maastricht, e in particolare il Patto di Stabilità che ne deriva, hanno finora impedito unaggressiva politica di investimenti pubblici, lasciando lEuropa gravemente esposta ai contraccolpi della depressione mondiale.
Il dibattito sui possibili emendamenti, formali o di fatto, alla legge del taglione di Maastricht serpeggia in tutta Europa. In Germania è la questione sostanziale del Piano Hartz (150 miliardi di euro finanziati attraverso la Kreditanstalt für Wiederaufbau da non conteggiare nel bilancio), con cui il governo si ripropone di ridurre la disoccupazione, ed è lunico modo per finanziare la ricostruzione dopo le grandi alluvioni. In Francia Chirac già propose a maggio di parlarne a Bruxelles, quando vide che non sarebbe riuscito mantenere le promesse elettorali che aveva fatto, senza sfondare il tetto del 3% del deficit rispetto al PIL.
Ma in questo momento è lItalia a tirare la volata. Molti esponenti del governo e della maggioranza hanno auspicato una modifica del Patto di Stabilità, scorporando gli investimenti dal computo del deficit, riprendendo una proposta originariamente formulata dal Premio Nobel Franco Modigliani e ripresa già da Massimo DAlema quando era Presidente del Consiglio. Questa volta lopposizione si è divisa, lasciando intravedere la possibilità di una maggioranza trasversale che superi le anguste visioni di partito e segua gli interessi del paese.
Il primo a prendere posizione pubblica è stato il ministro delle Politiche Europee Rocco Buttiglione, il quale ha avuto uneco anche sulla stampa europea. Poi è venuto il ministro per i Rapporto col Parlamento Giovanardi e infine il ministro della Cultura Giuliano Urbani, il quale ha posto in termini chiari il problema della sovranità. In unintervista a La Stampa il 14 agosto, Urbani ha detto: Abbiamo bisogno di unEuropa che prende meno decisioni comuni e le deferisce ai rapporti diretti tra i governi nazionali. Rispondendo al Presidente della Commissione Europea Prodi che aveva alzato gli scudi su una possibile revisione del Patto di Stabilità, Urbani ha aggiunto: Alla fine saranno i governi nazionali a decidere. La revisione del Patto di Stabilità è una scelta obbligatoria. Il giorno dopo, Umberto Bossi ha proposto in un comizio a Pontedilegno di posporre il Patto di Stabilità di cinque anni. Il ministro dellEconomia Giulio Tremonti ha dal canto suo criticato lidea di unEuropa che tende a prescindere dalla responsabilità degli stati nazionali.
Lopposizione, come dicevamo, si è divisa. Tra i DS, il leader della sinistra Cesare Salvi è a favore della revisione. Leconomista Napoleone Colajanni, un vecchio riformista, ha commentato che lidea stessa di un Patto è una scemenza: non si possono collegare cifre reali, come la spesa corrente e il reddito. La questione oggi è lo sviluppo, ha aggiunto Colajanni. Lex ministro dellAgricoltura Pecoraro Scanio ha ammonito che non si può diventare sostenitori del monetarismo radicale. Contro una revisione del Patto è invece il capogruppo dei DS alla Camera Luciano Violante, che sembra voler trasferire il fondamentalismo dalla giustizia alleconomia.
Ma i più convincenti argomenti contro il Patto sono stati forniti da Giacomo Vaciago, un economista cattolico che vota per il centrosinistra che, in unintervista a Il Giornale ha dichiarato: I tetti stabiliti prima a Maastricht nel 92 e confermati ad Amsterdam nel 97 sono mitologici, frutto di superstizione. Il 60% per il debito sul PIL, il 3% del deficit sul PIL... Numeri che nessun Paese, fin da Romolo e Remolo, per dirla con il Cavaliere, sè mai sognato di prevedere. Numeri che non esistono in nessuna teoria. E che quindi, ora, si possono tranquillamente abolire. È peggio ha proseguito il prof. Vaciago un eccesso di debito privato, come avviene di solito nei Peasi anglosassoni, o un eccesso di debito pubblico, come avviene in Italia? La risposta è che occorre guardare alla somma dei debiti: dei singoli cittadini, delle aziende e dello Stato. In questo contesto, tra laltro, i tetti di Amsterdam danno unenfasi eccessiva al debito statale, trascurando quello dei privati... Le più gravi crisi economiche sono nate perché il debito privato era alto, non per colpa del debito pubblico. La crisi del 29 è da debito privato. È quando cè troppo debito di famiglie e imprese che le cose vanno male e sei costretto a fare più debito pubblico. Non dirò mai che un Paese è ricco o povero a seconda del debito pubblico che ha. Oggi stanno peggio gli Stati Uniti che lItalia, che ha il debito pubblico doppio di quello degli Stati Uniti, ma negli USA le famiglie sono quasi con lacqua alla gola.
L'articolo è pubblicato nel numero di settembre 2002 di Solidarietà, è accompagnato da una scheda sul Piano Hartz e sul Piano Lautenbach. Il bollettino d'informazione del Movimento Solidarietà si può richiedere telefonicamente agli uffici di Milano: 02/2613058 02/26110612