ECONOMIA

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

ECONOMIA

 



 [Solidarietà, anno V n.1, febbraio 1997]


Come i Rothschild controllano il Quantum Fund

Il Presidente del Movimento Solidarietà Paolo Raimondi, dopo aver presentato nei mesi passati un esposto alle Procure della Repubblica di Napoli, Roma, Firenze e Milano contro George Soros per l'attacco speculativo contro la lira del settembre 1992, ha distribuito, a partire dallo scorso 25 novembre, la seguente dichiarazione ai magistrati, parlamentari e giornalisti che si sono interessati al caso, per puntualizzare in maniera ancora più definitiva le denunce di cui si è fatto promotore.

Sono venuto a conoscenza del fatto che le reti della banca Rothschild stanno cercando di ostacolare coloro che in qualche forma si oppongono alla politica di assalto piratesco della grande finanza internazionale, che prende la forma di una privatizzazione e che nella sostanza esige la svendita dell'impresa a partecipazione statale. All'inizio di ottobre avevo emesso un comunicato di denuncia del ruolo della Rothschild Italia come advisor nella privatizzazione del Banco di Napoli (La Rothschild ha svolto lo stesso ruolo nella svendita dell'ENI) identificando il nefasto ruolo di Richard Katz , già direttore della Rothschild Italia e al contempo membro del comitato esecutivo e direttore del Quantum Fund di George Soros, l'affondatore della lira nel settembre 1992. La Rothschild vorrebbe ora vantare una nuova verginità che si sarebbe rifatta semplicemente sostituendo Richard Katz al vertice della banca. Per questo ritengo opportuno aggiungere qualche altro elemento su alcune operazioni poco chiare dell'intero gruppo Rothschild, con particolare riferimento alle compenetrazioni operative tra il gruppo internazionale dei Rothschild e il Quantum Fund di Soros.
Sia chiaro: è il gruppo Rothschild nel suo complesso a operare insieme al Quantum Fund. Richard Katz è semplicemente uno strumento, un predicato, di questo intreccio finanziario.
Di seguito si riportano alcuni fatti salienti che non intendono essere il resoconto finale della ricerca. L'urgenza di ostacolare le privatizzazioni impone di intervenire adesso senza attendere il quadro completo. (Per evitare il gioco delle scatole cinesi secondo cui "vi sono differenti banche per differenti rami della famiglia Rothschild", si fa notare che, mentre i legami e le copartecipazioni sono sempre esistite, il 27 ottobre i vari rami bancari-finanziari si sono ufficialmente riuniti per ridefinire una strategia ed un vertice comuni).
I legami dei Rothschild con il Quantum Fund di George Soros risalgono a prima della creazione del Quantum Fund N.V. la cui sede centrale è a Curaçao, nelle Antille Olandesi. Negli anni settanta George Soros insieme al socio Jim Rogers ha lavorato per la Arnold & S. Bleichroeder ,Inc. e per il Bleichroeder Fund, finanziaria che operava in sintonia con i Rothschild. Nel 1969 Soros lasciò in raporti amichevoli la Bleichroeder portandosi con sé un gruppo di investitori della stessa, muovendosi già allora nella direzione che avrebbe condotto alla creazione del Quantum Fund. Si fa notare che la Bleichroeder di New York è attualmente, insieme alla Citibank N.A. di New York, la principale fiduciaria del Quantum Fund.

Ecco i principali personaggi dell'intreccio Soros-Rothschild:

Georges C. Karlweis . Secondo quanto riportato da un ex partner di George Soros, Karlweis è stato uno dei primi partecipanti al lancio del Quantum Fund N.V.. Lo troviamo dal luglio 1985 direttore della banca N.M. Rothschild & Sons LTD di Londra, presieduta da Evelyn de Rothschild. Con Karlweis, nel comitato direttivo della banca troviamo anche Richard Katz, Edmund de Rothschild, E.L. de Rothschild, Lord Jacob de Rothschild (capi dei vari rami della famiglia), Henry Ergas, che conduce l'uffico di Roma, e il noto Alfred Hartmann. Nel 1988 Karlweis figura come direttore della Banque Privée di Ginevra di Edmund de Rothschild. Nel 1991-92 è nel consiglio di amministrazione della Rothschild Bank AG di Zurigo del Barone Elie de Rothschild, presidente della banca di cui Alfred Hartmann ne è il vice presidente. Karlweis è stato anche coinvolto nelle operazioni sporche del mafioso e trafficante di droga Robert Vesco, come la grande truffa dell'International Overseas Service (IOS) creato da Bernie Cornfeld e con sede in Svizzera. Con l'IOS lavorò anche il nostro Beniamino Andreatta, collaboratore di Prodi e attivo partecipante nell'incontro sul Britannia del 2 giungo 1992. Attualmente Karlweis è direttore della NM Rothschild & Sons, vice presidente della Banque Privée di Ginevra e presidente della Banque de Gestion Edmond de Rothschild del Principato di Monaco.

Richard Katz. Direttore del Quantum Fund. In un resoconto pubblico del Quantum Fund del 1993 figura anche come membro del comitato esecutivo. Il suo rapporto con i Rothschild è di lunga data. Lo troviamo nel 1988 ad esempio nella lista dei direttori della N.M. Rothschild & Sons LTD di Londra, guidata da Evelyn de Rothschild. Sulla stessa lista si trovano Georges Karlweis, Alfred Hartmann, Herny Ergas (direttore della filiale Rothschild a Roma) e Lord Jacob de Rothschild, presidente della St. James Place Capital, banca d'affari di Londra. Lo stesso anno Katz figura come direttore capo degli investimenti della Rothschild (NM) Asset Management, responsabile del portafoglio esteri della Rothschild (NM) Fund Management LTD. Almeno fino al 1993 è direttore della Rothschild Italia insieme a Sir Derek Thomas. Sir Thomas è stato ambasciatore britannico a Roma per il periodo 1987-89; nel 1990 diviene direttore della Rothschild Italia e della Rothschild Europa, consigliere europeo per la N.M. Rothschild & Sons, di cui è direttore dal 1991 ad oggi. Sir Thomas dal 1991-92 è uno dei massimi dirigenti del British Invisibles, gli organizzatori del meeting sul Britannia il 2 giugno 1992. (Del British Invisibles parleremo oltre).

Nils O. Taube. Direttore del Quantum Fund. Nel resoconto pubblico del Quantum Fund del 1993 figura come membro del Comitato esecutivo. Taube è socio di Lord Jacob de Rothschild, presidente della banca St. James Place Capital di Londra. Secondo il rapporto annuale della banca del 1993 egli figura tra i direttori insieme a Nathaniel de Rothschild, punto di riferimento della famiglia Rothschild negli USA e a Parigi. Nel rapporto della stessa banca del 1996, egli figura come Principal Investment Advisor (principale consigliere per gli investimenti) della banca. Nel 1988 era il direttore degli investimenti della Rothschild (J) Investment Management LTD di Londra. È doveroso sottolineare il seguente punto: nel resoconto del Quantum Fund del 1993 appaiono 8 direttori di cui 4 sono membri del comitato esecutivo. Due di questi quattro, Richard Katz e Nils O. Taube, lavorano per i Rothschild. Una coincidenza? Questi sono gli uomini che hanno agito nel 1992 per far crollare la lira sotto l'ondata della speculazione.

Vediamo ora brevemente il personaggio di Alfred Hartmann . Lo abbiamo già trovato nel 1988 con Richard Katz tra i direttori del NM Rothschild & Sons di Evelyn de Rothschild Londra. Nelle stesso anno è manager generale della Rothschild Bank AG di Zurigo, presieduta dal Barone Elie de Rothschild. Nel 1991-92 ne diventa vice presidente. Nella dirigenza della stessa banca troviamo Georges C. Karlweis e il Dr. Jürg Heer, famoso anche in Italia. Nel 1992 Jürg Heer dichiarò di aver pagato 5 milioni di dollari ai killer mafiosi di Roberto Calvi. Nella Relazione di Minoranza della Commissione d'inchiesta sulla P2 del sen. Pisanò (p.121) si legge che il 22 aprile 1981 la banca Rothschild di Zurigo fondò a Monrovia (Liberia) una società di nome Zirka per conto di Umberto Ortolani e Bruno Tassan Din. Otto giorni dopo il Banco Ambrosiano Overseas di Nassau (ex. Cisalpine) erogò a favore della Zirka 95 milioni di dollari che vennero subito trasferiti a Zurigo presso la Rothschild Bank. E 45 dei 95 sembra siano scomparsi durante il periodo della detenzione di Calvi nella primavera-estate del 1981 (Carlo Palermo, Il quarto livello», pag. 245). Nei resoconti bancari svizzeri del 1987-88 Alfred Hartmann figura un po' dappertutto. È direttore della banca The Royal Bank of Scotland AG di Zurigo, direttore della Lavoro Bank di Zurigo (controllata dalla Banca Nazionale del Lavoro), della banca del Gottardo di Ginevra, della finanziaria Creafin di Zurigo, e presidente della Banque de Commerce e de Placements SA (BCP) di Ginevra. La BCP era posseduta dalla Bank of Credit and Commerce International (BCCI), la banca internazionale del riciclaggio, delle operazioni del traffico di armi e di droga utilizzata dai servizi britannici e dalle reti di Bush-North dell'Iran-Contras per operazioni sporche. La BCCI, che controllava anche la Italfinance International Spa di Roma, fu chiusa a seguito di un'indagine condotta dalle autorità americane. Le verità più scottanti di quella vicenda non vennero mai alla luce perché George Bush decretò tutta una serie di insabbiamenti. Queste coperture favorirono anche Hartmann che si dovette dimettere dalla Lavoro Bank, ma lo troviamo allegramente vice presidente della Rothschild AG di Zurigo nel 1991.

Rothschild Italia. È da questi interessi che la Rothschild Italia Spa di Milano, filiale della MN Rothschild & Sons di Londra viene creata nel 1989.
Richard Katz ne è stato direttore , in particolare durante le operazioni speculative contro la lira del Quantum Fund del 1992 (di cui è direttore e membro del comitato esecutivo). Nel 1990 era direttore della Rothschild Italia anche sir Derek Thomas , ex ambasciatore britannico a Roma nel periodo 1987-89 e dal 1990 ad oggi figura chiave del British Invisibles, oltre ad essere direttore dal 1991 della NM Rothschild & Sons LTD di Londra.
Thomas condivide attualmente questa posizione nella banca di Londra con personaggi eccellenti quali Lord Wakeham, già presidente della Camera dei Lords e membro del governo in più occasioni, Norman Lamont, che i Rothschild "prestarono" alla politica nel 1972 passando attraverso parecchi ministeri economici fino a diventare ministro del Tesoro nel 1990 per fare poi ritorno alla "casa madre" nel 1993. Secondo i resoconti del 1996, boss della banca Rothschild Italia è Eric de Rothschild, che figura tra i direttori della NM Rothschild & Sons di Londra, mentre il direttore è Stefano Marsaglia, che proviene dalla Cir di De Benedetti.

British Invisibles (BI) . Sono gli organizzatori del meeting dei banchieri della City tenutosi sul Britannia, alla presenza della regina Elisabetta II, il 2 giugno 1992 per complottare la privatizzazione dell'industria di stato italiana che doveva far seguito alla svalutazione della lira provocata da Soros e co. Citando dal discorso tenuto sul Britannia nelle acque del porto di Dublino, Irlanda, nel 1995, da Neil Jaggers, membro dell'esecutivo del BI e direttore per gli affari dell'Europa orientale, "il British Invisibles è un ente privato che ha per scopo la promozione della City di Londra". Gli "invisibles" sono i "servizi" dell'alta finanza della City. BI funziona come punto di unione tra la finanza privata e il governo britannico. BI conta attualmente 114 membri, tutta l'élite finanziaria di Londra, parecchi rappresentanti del governo e della Bank of England, la banca centrale.
Naturalmente la Rothschild ha un ruolo di primo piano negli Invisibles. Ad esempio, secondo il rapporto del 1996 della BI, Sir Derek Thomas , direttore della NM Rothschild & Sons, già ambasciatore britannico a Roma nel periodo 1987-89, membro del BI dal 1992, è stato fino al 10 settembre 1996 presidente del comitato LOTIS (Liberalization of Trade in Services Committee, Comitato per la liberalizzazione del commercio in servizi). Rory Allan, della NM Rothschild & Sons, è membro del comitato del BI per l'Unione degli Stati Indipendenti ( l'ex URSS). William Lamarque, della NM Rothschild & Sons, è membro del "gruppo Cina" del BI. British Invisibles organizza seminari in tutti i punti strategici del globo appetibili alla City, soprattutto elaborando piani di privatizzazioni, apertura dei mercati alla finanza derivata, eliminazione di ogni barriera alla penetrazione del liberismo selvaggio della City. In molti casi, dice Jagger, BI ha il privilegio di usare lo yacht reale "Britannia", spesso in combinazione con le visite della regina Elisabetta II o del duca di Kent, gran maestro della massoneria di rito scozzese. Il British Invisibles nel passato ha organizzato ogni anno una decina di simili incontri; per il 1997 BI ha già prenotato il Britannia, con o senza la regina, per 20 incontri d'affari.
Sulla base di quanto sopra intendo ribadire la necessità di ritirare il mandato dato dal Tesoro alla Rothschild di operare come advisor nelle privatizzazioni del Banco di Napoli, dell'ENI e di eventuali altre imprese di stato; la necessità di fermare il processo di privatizzazione in quanto basato su premesse che danneggiano l'interesse nazionale, cioè sulla combinazione Britannia-Soros, speculazione-svalutazione-privatizzazione; la necessità di continuare nelle indagini sull'"affaire Britannia-Soros" sia a livello di Procure della Repubblica che a livello di commissioni parlamentari.

Regine, innominabili e mafiosi filantropicamente nel Quantum Fund
 
 

Stralci del dossier pubblicato dall'EIR del 1 novembre 1996 che mettono in risalto alcuni dei collegamenti più sporchi e blasonati di Soros

La rivista americana Time  lo caratterizza come un "moderno Robin Hood", che ruba ai ricchi per donare ai poveri: a fare le spese delle speculazioni di George Soros sarebbero le grandi banche centrali mentre egli investirebbe i suoi guadagni nelle economie emergenti dell'est Europeo, dove promuove la sua utopia della "Società aperta", qualcosa che si spaccia come "cultura di sinistra".
La realtà è che ruba a tutti per conto di un'élite ristrettissima di ricchi, e che dietro lo zuccherino delle sue imprese "filantropiche" nell'Europa orientale c'è la medicina mortale della "terapia shock" somministrata alle economie dell'est da quelli della sua cordata, dal professorino di Harward Jeffrey Sachs allo svedese Anders Åslun, con i quali ha ampiamente collaborato Romano Prodi.
L'idea di fondo della "società aperta" è creare le precondizioni necessarie per l'acquisto a prezzi stracciati delle immense proprietà minerarie e d'altra natura che costituiscono l'ultima ricchezza tangibile di tutto i paesi ex comunisti. Per questo le sue 19 fondazioni diffuse nei paesi dell'Est fanno proficua opera di conversione degli ex marxisti in liberisti dell'ultima ora. Basta pagare.
Soros salì alla ribalta mondiale nell'autunno 1992, quando orchestrò un'ondata speculativa contro la lira e la sterlina per frantumare il Sistema Monetario Europeo. Disse di essersi messo in tasca, solo speculando sulla sterlina, oltre un milione di dollari. Con la lira fatta a pezzi, i suoi amici in Italia si scatenarono per vendere le partecipazioni statali agli acquirenti stranieri che, anche nella molto improbabile prospettiva di un prezzo equo in lire, avrebbero sborsato il 20-30 per cento in meno del dovuto. Come abbiamo documentato più volte, non fu un'occasione fortuita, ma fu una trappola ordita a bordo del panfilo della corona inglese Britannia, al largo di Civitavecchia il 2 giugno del 1992, quando Mario Draghi e Beniamino Andreatta guidarono un incontro dei grand commì nostrani con i rappresentanti delle grandi banche inglesi tra cui la Warburg e la Barclays. Gli onori di casa al centinaio di ospiti convenuti per discutere la svendita dell'Italia furono fatti dalla regina Elisabetta II.
Da allora Soros si pavoneggia nel suo alone di "re Mida". Come dice lui stesso, quello che tocca diventa oro. Lo scopo è quello di egemonizzare il mondo della speculazione, far correre i polli dove lui getta il becchime. Nel 1993 lanciò un'operazione di acquisto dell'oro (diceva che la Cina aveva deciso di rimpinguare notevolmente le riserve), tutti dietro a comprare e si arrivò al rialzo del 20% del prezzo; poi, insieme al suo compare Jimmy Goldsmith, si disfece segretamente dei suoi acquisti realizzando profitti notevoli. Operazioni analoghe le ha condotte da allora in diverse piazze del mondo, specializzandosi sulle speculazioni contro le monete: ha condotto attacchi contro il marco tedesco e contro le monete della Tailandia, Malesia, Indonesia e Messico.

Dietro il Quantum Fund

Naturalmente il personaggio è artificiale, o meglio, è un personaggio costruito per gestire dei fondi altamente speculativi per investitori che non sono disposti ad esporsi. Il suo fondo d'investimento Quantum Fund gestirebbe somme tra gli 11 ed i 14 miliardi di dollari di depositi e, come dice lui stesso, tra gli investitori più importanti conta la stessa regina Elisabetta.
Insieme alla regina non è difficile intravedere il grosso dell'oligarchia britannica ed europea. Il Quantum Fund è registrato nelle Antille olandesi con tutti i trucchi necessari per non dovere presentare alcuna trasparenza ad autorità di sorta, né sulle entità delle operazioni né sull'identità dei depositanti. Evidentemente si tratta di una "graziosa concessione" della monarchia olandese.
Secondo la commissione dell'OCSE sul riciclaggio del denaro, le Antille Olandesi sono il principale centro di riclaggio del denaro della droga, soprattutto della cocaina dell'America Latina. Di americano Soros ha solo il passaporto, mentre il suo quartier generale è a Curaçao. Per evitare possibili interferenze delle autorità americane Soros non figura nemmeno tra i manager del suo fondo, e a mala pena figura sulla carta come "consulente d'investimento" attraverso la sua ditta di New York, la Soros Fund Management. Soros ha riempito la direzione del suo Quantum Fund di inglesi, svizzeri e italiani, evitando accuratamente cittadini americani.
Mentre il grosso degli investimenti proviene dall'impero dei Rothschild, come è ampiamente documento nlle pagine precedenti, anche gli altri elementi del Quantum Fund costituiscono un quadro inquietante. Il più noto è Edgar De Picciotto, "uno dei banchieri più furbi di Ginevra" che figura nel Consiglio d'Amministrazione del Quantum Fund e presiede la CBI-TDB Union Banque Privée, una banca privata di Ginevra che gestisce grandi capitali sul mercato dell'oro e degli "Hedge Funds", i fondi d'investimento off-shore, soldi che quasi per definizione non possono essere più distinti dai proventi della droga.
De Picciotto è praticamente da sempre socio del banchiere Edmond Safra, proprietario della Republic Bank of New York. Secondo alcune indagini questa banca è la principale esportatrice in Russia di banconote americane, per miliardi di dollari. Il fabbisogno di dollari in Russia cresce in maniera direttamente proporzionale alla criminalità che opera quasi esclusivamente con i "contanti verdi". Safra è indagato dalle autorità americane e svizzere per il riciclaggio dei proventi della droga di turchi e colombiani. La Trade Development Bank (TDB) di Safra si fuse nel 1990 con la CBI di De Picciotto, dando vita alla TDB-CBI Union Banque Privée. Anche se i termini della fusione sono mantenuti segreti, di fatto De Picciotto entrò nel consiglio di amministrazione della American Express svizzera, mentre due direttori della American Express di New York sono entrati nel consiglio d'Amministrazione della Banque Privée. Safra aveva venduto la Trade Development Bank alla American Express Inc. negli anni Ottanta. La American Express, nel cui consiglio figura anche Henry Kissinger, è stata colpita da diversi scandali per il riciclaggio del denaro della droga.
De Picciotto iniziò la sua carriera sotto Nicholas Baring della omonima banca londinese che per secoli è stata la banca della famiglia reale inglese. Dopo il crac del marzo 1995 la Baring è stata rilevata dal gruppo olandese ING, anch'esso molto esposto nel riciclaggio. Si tenga presente che Peter Baring partecipò al vertice del Britannia del 1992 a Civitavecchia.
De Picciotto è inoltre socio di lunga data di Carlo De Benedetti. I due figurano nel C.d'A della Societé Financière de Genève. Il motivo principale dell'uscita di De Benedetti dalla Olivetti è che ha usato i patrimoni industriali come fiches sul tavolo verde dei derivati, evidentemente perdendo. All'inizio degli anni Ottanta De Benedetti ebbe un ruolo di primo piano nella bancarotta del Banco Ambrosiano, tragicamente conclusasi con l'omicidio, secondo un macabro rituale massonico, di Roberto Calvi a Londra. Le responsabilità dell'impiccagione di Calvi sotto il ponte dei Blackfriars sono state rivendicate da ambienti Rothschild (vedi pag. 20, sotto Alfred Hartmann).
Tra i numerosi scandali per riciclaggio di denaro in cui sono stati implicati De Picciotto e la sua Union Banque Privée spicca l'arresto, avvenuto nel novembre 1994, di Jean-Jacques Handali e di altri dirigenti della UBP. Secondo la Procura di Miami, Handali e la UBP costituivano la "swiss connection" in una rete internazionale di trafficanti turchi e colombiani. Tra i personaggi più legati a De Picciotto spicca Helmut Raiser, un misterioso mercante di armi che farebbe affari in società con Grigori Luciansky, il personaggio della mafia russa che controlla la holding russo-svizzera Nordex Group.
Il contingente italiano nel vertice del Quantum Fund di Soros è costituito da Isidoro Albertini, titolare di una delle società d'intermediazione mobiliare più prestigiose di Milano e da Alberto Foglia che dirige a Lugano la Banca del Ceresio.

Rich, Reichmann & Co.

Esperti che hanno condotto inchieste su Soros per conto del Dipartimento di Stato USA affermano che almeno 10 miliardi di dollari del Quantum Fund provengono da investitori "silenziosi", che preferiscono cioè l'anonimato, e che hanno chiesto a Soros di mandare in frantumi la stabilità monetaria europea. Questo spiega perché Soros, che si vanta di avere tra i suoi investitori la regina e le principali case bancarie inglesi, abbia colpito così duramente la sterlina nell'autunno del 1992. La contraddizione apparente svanisce tenendo conto del fatto che era il modo più sicuro di mettere in pratica la decisione strategica inglese di frantumare lo SME, che è la strategia thatcheriana per eccellenza.
Tra gli investitori "silenziosi" vengono segnalati Marc Rich, un mercante di petrolio e di metalli ricercato dalla giustizia americana, e Shaul Eisenberg, ex pezzo grosso dei servizi segreti israeliani che fa il mercante di armi nel Medio Oriente ed in Asia. Il governo dell'Uzbekistan gli ha interdetto gli affari nel paese dopo aver scoperto una serie di truffe e corruzioni colossali. Un altro socio di Soros è Rafi Eytan che in passato teneva a Londra i collegamenti tra il Mossad e lo spionaggio inglese.
Gli affari più grandi, trattando soprattutto alluminio e petrolio, Marc Rich li ha fatti in Unione Sovietica, poi Russia, tra il 1989 ed il 1993. In quello stesso periodo il Nordex Group di Grigori Luciansky raggiunse un fatturato di miliardi di dollari vendendo soprattutto alluminio e petrolio russi. Secondo il Wall Street Journal del 13 maggio 1993 le imprese di Rich in Russia sono finite sotto inchiesta per truffa.
La lista potrebbe continuare all'infinito, ma i contorni del protettore di Romano Prodi e della sua scuola "liberista" dovrebbero essere ormai chiari.

[Solidarietà, anno IV n.1, febbraio 1996]

L’inchiesta su Soros stana la "Banda dei cinque" 

L'indagine proposta dal Movimento Solidarietà è entrata nella fase calda. Ciampi &Co. dovevano sapereche nel 1992 la lira non avrebbe retto l'assalto speculativo di George Soros e sperperarono 15 mila miliardi in una difesa a dir poco sospetta

 

"Se, come sembra, l'inchiesta su George Soros andrà avanti, Mani Pulite diventerà una barzelletta", ha dichiarato Paolo Raimondi, presidente del Movimento Solidarietà, a commento dell'incoraggiante notizia che la Procura di Roma ha avviato una nuova fase dell'inchiesta sullo speculatore internazionale. Raimondi era a Roma per una serie di consultazioni alla fine di gennaio, nei giorni in cui alcuni quotidiani davano grande risalto al contenuto dell'esposto con cui il Movimento Solidarietà aveva fatto avviare l'inchiesta.

"Noi non crediamo alle battaglie politiche per vie giudiziarie", ha aggiunto Raimondi, che ha proseguito: "La nostra iniziativa è stata concepita per organizzare e stimolare la riscossa di tutte le forze che si oppongono alla politica di distruzione dell'economia nazionale imposta dal FMI, da Maastricht e dai mercati finanziari guidati da Londra".

Come Solidarietà ha riferito più volte, l'esposto presentato da Raimondi e Claudio Ciccanti (segretario del Movimento Solidarietà) chiede di verificare se l'attacco alla Lira del settembre 1992, che fece uscire la nostra moneta dal Sistema Monetario Europeo svalutandola del 30%, facesse parte della stessa strategia discussa sulla riunione del "Britannia" il 2 giugno dello stesso anno. Sul Britannia erano infatti riuniti i principali banchieri della City per conto dei quali George Soros condusse la speculazione contro la Lira. Alcuni di loro poi parteciparono alla grande svendita chiamata privatizzazione, chi direttamente chi in consorzio con altri alleati della City. Nell'esposto si chiede di appurare se Soros, nel suo attacco alla Lira, abbia goduto di notizie riservate di fonte italiana. Rimane infatti un mistero il comportamento delle nostre autorità monetarie che, sapendo già dal maggio precedente di non poter reggere all'attacco speculativo, riversarono nell'inutile difesa della Lira 48 miliardi di dollari per poi capitolare. Invece, quel comportamento fece guadagnare a Soros 280 milioni di dollari in una settimana e forse molto di più. La perdita secca per le casse della banca centrale, che ha dovuto riacquistare le riserve di valuta a Lira deprezzata, è stata calcolata in circa 15 mila miliardi di Lire, una mini-finanziaria.

L'accusa di complicità sembra concretizzarsi già nella prima fase dell'inchiesta (che procede a Napoli e Roma, mentre Firenze e Milano si sono fatti da parte per motivi diversi), almeno nei confronti di uno dei timonieri della Lira nel settembre 1992, Piero Barucci, allora ministro del Tesoro e membro della "Banda dei cinque" che controllava la politica monetaria (gli altri erano l'allora capo del governo Giuliano Amato, l'allora e attuale Direttore Generale del Tesoro Mario Draghi, l'allora governatore di Bankitalia e attuale superministro dell'Economia Carlo Azeglio Ciampi e l'allora Direttore di Bankitalia e attuale ministro degli Esteri Lamberto Dini).

Infatti, come ha rivelato il Corriere della Sera  in un ampio servizio del 27 gennaio, dedicato all'inchiesta sollecitata dal Movimento Solidarietà, Barucci è oggi presidente della AFV, una società di intermediazione finanziaria (sim). Il guaio dell'AFV non è solo che essa svolge attività speculativa, ma che la lettera "F" sta per Alberto Foglia, fondatore della AFV e nientepopodimenoche presidente del consiglio di amministrazione del Quantum Fund di George Soros!

Lo stesso quotidiano di via Solferino sottolinea la precaria posizione di Barucci quando, nel riferire il testo dell'esposto (vedi riquadro), elenca i nomi di consiglieri del fondo di Soros e nota che Alberto Foglia è "partner nella Sim ora presieduta da Barucci". Naturalmente, dato che le indagini, proprio per la loro serietà, sono coperte dal massimo riserbo, non è dato sapere di più. Ma non è difficile immaginare lo stato di disagio in cui si trovano attualmente il Barucci e il resto della Banda dei Cinque, indicato dal modo in cui si è verificata una prima, agitata reazione alle "cattive" notizie giudiziarie.
 

Ciampi scende in campo

In una evidente contromossa, i protagonisti del Settembre Nero della Lira hanno anticipato la "loro" versione dei fatti. Come se avesse letto in anticipo il servizio che doveva uscire l'indomani, domenica 26 gennaio, Ciampi si è sentito in dovere di spiegare il comportamento della Banca d'Italia in quella crisi. Si badi bene: finora, dopo quattro anni e mezzo, Ciampi non aveva speso una parola sull'argomento.

Parlando ad una riunione degli operatori di cambio (quindi tra galantuomini), l'attuale vero capo del governo Prodi ha dapprima scaricato ogni responsabilità: egli non fece che obbedire agli ordini del governo. "Le decisioni sulle parità delle monete sono sempre e da sempre di competenza dell'esecutivo." Poi Ciampi è passato all'offensiva. La crisi della Lira, a suo avviso, è stata positiva perché "l'atmosfera di dramma" che l'accompagnò permise "l'adozione di quelle rilevanti misure di correzione di bilancio che il governo aveva invano cercato di varare prima". In altre parole, la battaglia persa contro la speculazione fu lo shock necessario a fare accettare agli italiani quattro anni di stangate che non sono altro che trasferimenti netti di risorse a favore della rendita finanziaria.

Ma Ciampi si spinge oltre: il 31 luglio, quando la Lira era già sottoposta a una pressione speculativa (e la Banda dei Cinque sapeva che non avrebbe retto), Amato era riuscito a strappare ai sindacati il famoso accordo salariale giustificandolo tra l'altro con la necessità di rimanere nel Sistema Monetario Europeo e quindi di combattere l'inflazione. "Amato racconta Ciampi riuscì nell'intento perché voleva tenere il cambio: Se avesse detto `io domani svaluto', l'intesa non la faceva". Avete capito bene: Ciampi si fa bello per non aver concesso gli aumenti salariali e per aver invece regalato 15 mila miliardi a Soros attraverso la manovra speculativa!

Perché poi, sembra proprio che quelle decisioni siano state prese più a Via Nazionale che a Palazzo Chigi. Perlomeno a quanto afferma un testimone dell'epoca, l'allora segretario del PSI Bettino Craxi. Le parole di Craxi vanno prese cum grano salis, tenendo presente la situazione particolare dell'esule di Hammamet; ciononostante, le circostanze riferite sembrano veritiere. Craxi ha scritto una lettera al Corriere, pubblicata con risalto in pagina economica, per dire la sua sui fatti del `92 riferiti nel servizio del 27 gennaio. Amato lo chiamò all'inizio della pressione speculativa, scrive Craxi, per chiedere consiglio su quale linea di condotta tenere. È credibile che Amato, nominato Presidente del Consiglio su indicazione del PSI, si consultasse con il segretario del partito. Craxi avrebbe suggerito di non sprecare risorse e svalutare. Amato evidentemente non tenne conto del consiglio, anche se ritelefonò ad Hammamet per avvisare Craxi dell'imminente svalutazione.

Le circostanze riferite da Craxi descrivono un Presidente del Consiglio in cerca di suggerimenti in una crisi più grande di lui. Amato non emerge certamente come la figura del comandante che dà ordini, tantomeno alla Banca d'Italia, come sostiene Ciampi. È più probabile il contrario: che nel panico di quei giorni, il governo abbia seguito le indicazioni di "chi ne sapeva di più", e cioè dei grandi sacerdoti della moneta di Via Nazionale.

Un'impressione confermata dalla lettura del libro L'Isola del Tesoro, del summenzionato Piero Barucci. Evidentemente presagendo di essere il primo capro espiatorio quando fosse scoppiata la tempesta, Barucci ha scritto il libro come una difesa in anticipo. Secondo il libro (e anche qui la descrizione sembra credibile), Barucci piomba dall'esterno in una compagine governativa dove comandano altri e lui assiste impotente ad avvenimenti che gli passano sopra la testa. In ogni caso, il cerchio dei sospetti si stringe sempre più attorno a Ciampi e ai suoi uomini.
 

I sorosiani si scoprono

A giudicare dallo zelo con cui gli stessi media che hanno amplificato le tardive spiegazioni di Ciampi si sono profusi in sospette apologie di George Soros, si deve presumere che, se ricevevano ordini, i ciampisti li ricevevano dal mega speculatore americano o dai suoi padroni inglesi.

L'oscar spetta a La Repubblica (proprietario Carlo De Benedetti, che fece incontrare Soros e Di Pietro) che, in un sol giorno, il 31 gennaio, ha pubblicato tre articoli, in tre pagine diverse, in difesa della Banda dei Cinque e di George Soros. Prima, un grosso servizio intitolato "Craxi-Ciampi, è polemica sulla svalutazione del `92", in cui ampio spazio viene concesso alle argomentazioni di Ciampi sopra riferite. Nella sezione culturale, un'intera pagina viene dedicata a George Soros, dipinto come un genio che dispensa saggezza filosofica sui mali del... libero mercato. L'autore è il noto scrittore latinamericano Vargas Losa, che come Soros è a favore della legalizzazione della droga. Dimostrando una illimitata fiducia nella imbecillità dei suoi lettori, dipinge Soros come un interprete della dottrina sociale della Chiesa.

In pagina editoriale, l'apologia del genio economico di Soros viene affidata a Giorgio Ruffolo, veterano esponente della sinistra tecnocratica italiana. Ruffolo tratta Soros come un "pentito" della speculazione a cui occorre prestare ascolto perché sa quel che dice. Fa finta di trattare Soros oggettivamente, ma una settimana dopo Ruffolo ha partecipato a Bruxelles ad una conferenza organizzata, finanziata e presieduta proprio da Soros, che ha riunito un gruppo di intellettuali europei. Scopo della conferenza, lanciare la campagna per una "società aperta" nell'Europa occidentale, sulla scorta delle esperienze svolte da Soros nell'Est Europa, con l'obiettivo di varare nel 1988 un'assemblea costituente europea. Non ci interessa sapere se i partecipanti all'iniziativa abbiano ricevuto il solito "rimborso spese" della serie Nomisma, ma piuttosto far capire al lettore l'esistenza di collegamenti e disegni politici che a definire "complotto" si pecca di modestia.

Nell'articolo di Repubblica Ruffolo prende per buona la versione sorosiana dei fatti del `92, con la quale esordisce: "Ebbi il primo segnale - dice Soros nella sua autobiografia - di una crisi imminente della sterlina da un discorso del presidente della Bundesbank, Schlesinger." Dopodiché Soros avvicinò Schlesinger e "capii immediatamente che cosa voleva dirmi. Era un incoraggiamento a vendere la lira italiana". Più in là, Soros rincara la dose: "Abbiamo eseguito gli ordini del nostro maestro, la Bundesbank". La sua teoria è confutata come minimo dal fatto che la Bundesbank ha speso almeno 60 miliardi di marchi per difendere le monete dello SME, principalmente il franco francese.
 

Le provocazioni del Financial Times

Come afferma Raimondi nell'intervista citata all'inizio, l'Italia è vittima di una politica economica distruttiva di cui Soros e la Banda dei Cinque sono rappresentanti. Questa politica oggi prende il nome di "Maastricht", anche se non si tratta altro che della vecchia politica del Fondo Monetario Internazionale. La beffa è che, benché la politica di Maastricht sia stata congegnata per distruggere gli stati nazionali, con la Germania come obiettivo principale, il fatto che i primi della classe nell'adottare la politica di bilancio per raggiungere i famigerati parametri siano i tedeschi si presta a manipolare i meno fortunati, come l'Italia, contro la Germania. Abbiamo visto con quale disinvoltura Soros e i suoi cortigiani italiani addirittura accusano la Bundesbank della speculazione contro la lira, senza tema di essere ridicolizzati. Così, alla fine di gennaio, il Financial Times, il principale organo dei padroni di Soros nella City di Londra, è riuscito quasi ad innescare una crisi tra Roma e Bonn inventandosi l'esistenza di un piano segreto tedesco per tenere fuori l'Italia dalla moneta unica.

L'articolo del Financial Times è stato il segnale per una rinnovata campagna internazionale contro la Germania che viene dipinta come il Quarto Reich. Questa è la stessa identica campagna lanciata nel 1989 dalla premier inglese Margaret Thatcher, con cui fu estorta alla Germania la tacita promessa di farsi promotrice della politica di Maastricht in cambio del "nulla osta" per la riunificazione tedesca. Il ricatto ha effetto sui due versanti: contro la Germania, costretta a fare la prima della classe, e contro gli altri che ne sono gelosi.

La provocazione è stata poi rilanciata domenica 9 gennaio da Beniamino Andreatta, in un'intervista al Corriere, dove l'attuale ministro della Difesa accusa la Bundesbank di avere condotto nel passato operazioni di aggiotaggio contro la lira. Da quale pulpito: proprio Andreatta era a bordo del Britannia il 2 giugno 1992, quando si complottò la privatizzazione delle aziende a partecipazione statale assieme ai protagonisti del successivo assalto contro la lira. In una dichiarazione pubblicata sullo Strategic Alert dell'EIR, Paolo Raimondi ricorda che nel 1992, il gioco politico della City e dei suoi alleati fu quello di utilizzare speculatori di grido come Soros per far saltare il Sistema Monetario Europeo e soprattutto di minare un possibile orientamento unitario dell'Europa continentale verso la realizzazione di grandi progetti infrastrutturali conosciuti come il Triangolo Produttivo e anche come "Piano Delors". Con la vittoria geopolitica britannica, dichiara Raimondi, "abbiamo avuto anni di privatizzazione, saccheggio dell'economia produttiva e l'esplosione della bolla della finanza derivata. Questa stessa strategia di destabilizzazione riparte oggi, quando l'Europa continentale viene nuovamente attratta, anche se non come promotrice e con prospettive ancora da definire, nel grande progetto di infrastrutture di base del Ponte di Sviluppo Eurasiatico, la Nuova Via della Seta, che dalla Cina, attraversando l'intera Asia, unisce le nazioni e i popoli fino all'Atlantico, in un grandioso programma di sviluppo e crescita tecnologica e industriale."


[Solidarietà, anno IV n.1, febbraio 1996]


Il Corriere della Sera : "Il sostituto procuratore vuole verificare..."

Il 27 gennaio 1996, il Corriere della Sera  ha pubblicato un servizio in cui si dava ampio risalto all'iniziativa del Movimento Solidarietà che ha portato ad aprire l'inchiesta su George Soros. Eccone alcuni stralci.

"Le due inchieste partono dalle Procure di Roma e di Napoli. Ma al centro hanno lo stesso attacco alla lira del settembre del `92, che portò banche e speculatori internazionali, tipo il famoso George Soros, a soffiare riserve in valuta per 48 miliardi di dollari alla Banca d'Italia. Questa istituzione dello Stato in quei giorni comprò lire ad oltranza per sostenere inutilmente il cambio della moneta nazionale, come voleva il governo di Giuliano Amato. Il sostituto procuratore di Roma Cesare Martellino (...) vuole verificare se influenti italiani hanno operato illegalmente dietro banche e speculatori, quando questi investirono capitali colossali contro la lira, provocandone l'uscita dal Sistema Monetario Europeo (Sme) e una svalutazione di circa il 30 per cento.
Martellino per ora ha iscritto nel registro degli indagati solo Soros (...). Punto di partenza è un esposto presentato da Paolo Raimondi e Claudio Ciccanti del gruppo "Solidarietà", emanazione italiana di un movimento politico Usa, impegnato in una campagna contro la grande speculazione finanziaria e vicino al partito democratico.(...) Le inchieste in corso a Roma e Napoli sembrano interessate soprattutto a verificare se ci fu una diffusione di notizie riservate: un'illegalità sospettata con frequenza negli ambienti finanziari italiani, non solo dal caso Eni-San Paolo del "venerdì nero" della lira nell'85. Per esempio Piero Barucci, come ministro del Tesoro del governo Amato, dovette fare i conti anche con una misteriosa talpa» che avrebbe anticipato informazioni sulla prevista privatizzazione del Credito Italiano. (...)
"Soros è indagato perché si vuol capire come mai rischiò migliaia di miliardi contro la lira con tanta sicurezza. Non è che all'epoca banche e speculatori sapevano che la Banca d'Italia avrebbe difeso a oltranza la moneta italiana, comprando lire in cambio di valuta anche quando poteva sembrare inutile a tanti analisti finanziari? Nell'esposto presentato dal movimento Solidarietà» viene segnalato un rapporto di Soros con Romano Prodi, allora consulente della banca Goldman Sachs, impegnatissima sui mercati finanziari. (...) Sono elencati anche i nomi di consiglieri del fondo di Soros, tra cui l'agente di cambio italiano Isidoro Albertini e i finanzieri svizzeri Alberto Foglia (partner nella Sim ora presieduta da Barucci) ed Edgard de Picciotto. Viene pure ricordata la vicenda del Britannia», il panfilo reale dove, secondo alcune interrogazioni parlamentari, esponenti di banche d'affari straniere avrebbero organizzato l'attacco alla lira, per ridurre il costo delle aziende pubbliche italiane da privatizzare."
 
 




Barucci e l'isola del teSoros 

Il ministro del Tesoro all'epoca della crisi della Lira del '92, oggi presidente di una finanziaria di cui è proprietario un socio di Soros, confessa nel libro L'isola italiana del Tesoro, pubblicato nel 1995, che il movimento di LaRouche diede del filo da torcere ai "Piratizzatori", denunciando per primo il famoso meeting sul Britannia e catalizzando l'opposizione alla "banda dei cinque". Barucci rivela che lui era stato invitato sul Britannia e difende i partecipanti, tra cui il Direttore del Tesoro Mario Draghi, dalle accuse allora pubblicate dall'EIR, in un documento intitolato: "La strategia anglo-americana dietro la privatizzazione in Italia: il saccheggio di un'economia nazionale", diffuso nel dicembre 1992.

"Non riesco a comprendere scrive Barucci come mai un episodio come tanti (uno di mille convegni che si tengono in Italia) sia assurto a così grande fama". Il socio di Soros non dice che l'incontro "come tanti" si svolse su territorio britannico, appunto, sul panfilo della Regina Elisabetta, fuori delle acque territoriali italiane. "Ero anche io fra gli invitati a quell'incontro. Non partecipai solo per pigrizia. Potei poi appurare che Draghi vi era andato soltanto per dovere di ufficio e spero che non sia più disturbato per una questione inesistente. Il fatto è che sono dovuto andare come ministro un paio di volte nelle Commissioni parlamentari ad assicurare che quel giorno il Britannia non si era trasformato in un covo di complottardi, decisi a consegnare l'economia italiana a gruppi stranieri facilmente identificabili".

Più avanti, raccontando gli scontri sulle privatizzazioni, Barucci spiega: "Il punto di partenza restava sempre l'incontro sul Britannia; i fantasmi che tormentavano la mente e lo spirito di alcuni commentatori avevano le solite fisionomie. La parola d'ordine era evidente: creare, in tutti i modi possibili, un gran polverone attorno alle privatizzazioni in modo da fermarle.

"Era stato messo in circolazione 'mirata' un appunto [quello dell'EIR] dal titolo La strategia anglo-americana dietro la privatizzazione in Italia: il saccheggio di un'economia nazionale. L'avevo letto, nel tardo autunno del 1992, sia pure senza un grande impegno, perché vi avevo scorto stilemi culturali ben noti. La cosa si fece però improvvisamente seria quando il capo dello Stato, avendone ricevuta copia due o tre mesi dopo, mi chiese un motivato parere. Cosa che feci puntualmente, facendogli avere, anche in questo caso, una risposta che nessuno al ministero ha mai visto (...).

"Si partiva, in questo appunto, dalla certezza che nel mondo è all'opera un gruppo di potere, dai più non conosciuto, fatto di interessati e spregiudicati finanzieri, di volontà di potere, di legami di razza, di relazioni intercorrenti tra società che operano attraverso organizzazioni, non dirò occulte, ma che almeno amano vivere nell'ombra. (...) E poi ci si inoltrava in una lunga disquisizione per dimostrare che la svalutazione della lira era stata oggetto di veri e propri speculatori della finanza internazionale, con Moody's che aveva funzionato da catalizzatore, pronti, a conseguire vantaggi finanziari secondo la loro natura di veri e propri avventurieri»."

Il lettore noti come il banchiere Barucci si mostri scandalizzato all'idea che la lira fu oggetto di un attacco speculativo. Ma se non erano gli speculatori che vendevano lire, allora chi era? "Filantropi" come Soros? Barucci prosegue: "Scrissi a Scalfaro, dopo pochi giorni, che ravvisavo nel documento la vecchia tesi, che è alla radice di ogni nazionalismo e che ha turbato spesso la vita democratica della Nazione, per cui la colpa per i nostri problemi è sempre da attribuire ad altri che, per definizione, sono fuori da noi. Di qui, il passo a credere al complotto organizzato contro di noi è molto breve. Autoassolversi per poter continuare a peccare: ecco ripresentarsi il vizio dei peccatori incalliti e impenitenti". In altre parole, affiancando l'accusa di "nazionalismo" ai "legami di razza" dei banchieri denunciati nel documento, Barucci vuole bollarlo di fascismo. In realtà "i legami di razza" sono inventati da Barucci di sana pianta per far quadrare i suoi "stilemi culturali". Nella calunnia, però, il socio degli speculatori ci va cauto, perché investirebbe anche il capo dello Stato. Proprio in quel periodo, il Presidente Scalfaro aveva infatti levato la voce contro Moody's, rea di un'altra retrocessione dei titoli italiani, accusandola di "destabilizzare" il paese.