ECONOMIA

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

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[EIR n.46, 17 novembre 2006]

Che cosa c'è veramente dietro la crisi del Darfur?


di Lawrence K. Freeman
Alla fine d'ottobre Lyndon LaRouche ha denunciato come una truffa la campagna “per fermare il genocidio” nel Darfur, in cui si sono esibiti soprattutto elementi statunitensi, perché in realtà mira a nascondere ciò che si sta realmente facendo al Sudan e a tutta l'Africa Subsahariana. Si sta consumando un genocidio in Africa? Sì, certo, ma non è quello propagandato dagli attori di Hollywood e funzionari di governo impegnati a farsi belli sui massmedia e nei campus universitari con questa questione umanitaria. Il vero genocidio in Africa è quello che da un decennio imperversa nella Repubblica Democratica del Congo (DRC), con un numero di morti di circa 400 mila l'anno, a motivo della scarsità alimentare, di acqua pulita e di misure sanitarie essenziali.
Non c'è dubbio che nella regione sudanese del Darfur si stiano commettendo delle atrocità, ma nessuno di coloro che adesso dicono di essere così preoccupati per la popolazione del Darfur ha fatto qualcosa per intervenire sulla situazione che ha condotto a tale crisi. A guardar meglio, coloro che sostengono la campagna per “salvare il Darfur” finiscono per sostenere, che lo vogliano o meno, la politica di Henry Kissinger e del presidente Bush di genocidio nei confronti della popolazione dell'Africa Sub-Sahariana in particolare.
Nel 2001 chi scrive accompagnò Lyndon LaRouche in Sudan, per una conferenza sullo sviluppo economico dei paesi lungo il sistema fluviale del Nilo. Allora molti dei convenuti s'illusero di aver trovato un amico nell'amministrazione Bush, dopo essere stati maltrattati dalla ex segretario di stato Madeline Albright e dalla sua assistente per gli affari africani Susan Rice. LaRouche ribadì energicamente ai politici sudanesi che si potevano attendere solo il peggio dall'amministrazione entrante, quella di Bush. Adesso si accorgono di quanto avesse ragione! Il Sudan è minacciato da un'invasione militare, forse anche con bombardamenti aerei, e i controllori di Cheney e Bush sono all'opera per creare un altro conflitto militare fallimentare e insanabile. Attacchi militari di questo tipo non hanno alcuna giustificazione.
Il Darfur non è la causa di una nuova avventura militare, ma è solo un nuovo pretesto di cui hanno bisogno a Washington. Chi ha abbracciato la causa tanto ben propagandata del Darfur finirà per sostenere una nuova guerra asimmetrica, un nuovo “conflitto di civiltà” che minaccia di provocare milioni di morti nel Corno d'Africa.


Il vero genocidio in Africa

Ricoprendo gli incarichi di Segretario di Stato e di Consigliere di Sicurezza Nazionale, nel 1974 Henry Kissinger produsse un documento, allora segreto, intitolato “Promemoria di sicurezza nazionale 200: implicazioni della crescita demografica mondiale per la sicurezza USA e gli investimenti oltremare”, noto con la sigla NSSM200. L'argomento fallace, tutt'ora in vigore nella politica estera USA, enunciato in tale studio è che se si lascia ai paesi in via di sviluppo che posseggono i principali giacimenti di risorse naturali di esercitare pienamente il proprio diritto sovrano allo sviluppo economico per provvedere alla rapida crescita delle loro popolazioni, l'occidente avrebbe sofferto della scarsità di tali risorse indispensabili. Con NSSM200 si dettava ai governi l'ordine di limitare la crescita delle rispettive popolazioni, e, se fosse stato necessario, a tale scopo si sarebbero sospesi gli aiuti alimentari.
La politica di Kissinger era una riformulazione moderna della politica coloniale britannica del XIX secolo enunciata dal Cecil Rhodes: eliminare i nativi dal loro suolo per attingere alle risorse del sottosuolo. Ci siamo chiesti come mai in Africa non ci sono degli stati nazionali forti? Il saccheggio delle risorse, che si sta oggi compiendo, esige che si impedisca l'affermazione di governi e nazioni capaci di opporre resistenza. Le infrastrutture, compresa sanità e istruzione non debbono esistere. In che modo si procede oggi al contenimento demografico, meglio noto come genocidio? Con le malattie, la fame e le guerra e negando effettiva assistenza economica.
Chi si è mai preoccupato davvero delle miserabili condizioni di vita, nel Darfur ed altrove in Sudan, prima che scoppiasse il conflitto? Nessuno! Mai sentito parlare di Darfur prima che le forze dei ribelli cominciassero ad attaccare le strutture del governo nel febbraio 2003. Per decenni pastori e contadini poverissimi hanno lottato per sopravvivere in questa vasta regione desertica percorsa da sempre da conflitti semplicemente perché scarseggia l'acqua. Per risolvere il problema occorre un programma per la produzione di acqua potabile per tutto il Corno d'Africa, che comprende nazioni popolose come Etiopia ed Egitto, oltre al Sudan. Sono in molti in Africa ad aver capito che la prossima grande guerra non si combatterà per il petrolio, ma per l'acqua.

Chi attacca il Sudan?

L'Egitto, con una popolazione di 70 milioni, dipende dall'acqua del Nilo. Secondo un trattato del 1959 gli 84 miliardi di metri cubi d'acqua sono ripartiti tra Egitto e Sudan, 55 al primo e 19 al secondo, con una dispersione ed evaporazione stimate a 10 miliardi. I centri abitati egiziani dipendono assolutamente da ogni goccia di quell'acqua. Un attacco militare nel Darfur garantirebbe lo sfascio del governo centrale di Khartoum e annullerebbe di fatto il trattato sull'acqua conducendo alla destabilizzazione dell'Egitto. Per oltre 20 anni gli Stati Uniti, Gran Bretagna e Israele hanno sostenuto il Movimento/Esercito di Liberazione del Popolo Libanese di John Garang, (SPLM/A) per fomentare la divisione tra Nord e Sud del paese facendo leva sulla diversità di religione tra Musulmani e Cristiani, come prescrive Samuel Huntington nello “Scontro delle civiltà”. L'Accordo generale di pace firmato nel 2005 segnò formalmente la fine dei combattimenti tra Nord e Sud, ma la pace è sempre rimasta fragile. Il Darfur è ora usato come il mezzo migliore per arrivare allo smembramento del Sudan con una campagna militare contro il paese.
Più di 10 mila soldati dell'Unione Africana sono stati impegnati a stabilizzare la regione. Si ammette che le forze sono insufficienti per una regione così vasta e lo sforzo non è sostenuto a sufficienza dall'occidente con logistica e mezzi. Prima della scadenza del mandato dell'UA del 30 settembre 2006, le Nazioni Unite hanno approvato la risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1706 con l'astensione di Russia, Cina e Qatar. La missione è stata prolungata fino alla fine del 2006, ma si prevede, in sostituzione delle truppe UA, l'invio di 20.600 soldati dell'ONU con un mandato che consenta loro di intervenire con la forza militare. Khartoum ha respinto tale dispiegamento come una violazione della propria sovranità e un pericolo per la nazione. La risoluzione “invita” il governo sudanese a dare il proprio consenso all'operazione e questo basta ai guerrafondai di Washington per auspicare un “intervento non consensuale in grande stile”, in pratica una invasione militare, ai danni di una nazione sovrana, membro dell'ONU.
Ad ottobre il parlamentare Donald Payene, Susan Rice e Anthony Lake hanno proposto che con o senza il sostegno della NATO gli Stati Uniti passino ad effettuare un attacco contro “aeroporti, aerei e basi militari sudanesi. Potrebbe essere bloccato Port Sudan da cui il paese esporta petrolio. Le truppe ONU potrebbero essere dispiegate, se necessario con la forza, con il sostegno degli USA e della NATO”. Si tratterebbe di un'invasione che innescherebbe nuove forme di guerra asimmetrica che alimenterebbe il conflitto latente tra Somalia ed Etiopia, rincalzando la guerra asimmetrica che già sta distruggendo i paesi dell'Asia Sudoccidentale.



LaRouche:

Bush e Cheney pianificano una nuova guerra nel Darfur

LaRouche ha trattato il tema del Darfur nell'incontro di Berlino del 31 ottobre trasmesso su internet. Ha detto:

In primo luogo all'origine del problema del Sudan ci sono gli Stati Uniti. Risale all'epoca della vice presidenza di Bush padre ... Egli, insieme alla moglie, visitò la capitale del Sudan e combinò qualcosa di spiacevole. Sempre come vice presidente, allora, prese parte a quella storia nota come Iran-Contra. Ebbe un ruolo centrale nell'organizzare ciò che oggi è noto come Al Qaeda insieme agli inglesi, ... ricorse a gente che era molto religiosa nel mondo arabo, specialmente in Arabia Saudita, in Sudan ed altrove e reclutò dagli ambienti della Fratellanza Musulmana, gente molto religiosa, entusiasta della prospettiva che allora era già chiamata Al Qaeda. La stessa rete che gli Stati Uniti stavano già organizzando sotto la coordinazione di Brzezinski e compagnia,e che proseguì sotto il vice presidente Bush e l'inglese Jimmy Goldsmith, in quella che fu la guerra dell'Afghanistan degli anni Ottanta.
Questa fu concepita come un attacco al ventre molle dell'Unione Sovietica, e fu proprio una pessima idea.
Poi ci fu l'amministrazione Clinton, che praticamente non capiva niente dell'Africa, in particolare per quanto riguarda questioni come l'Uganda. Clinton non disponeva di chi lo assistesse come dovuto, in particolare nel diparimento di Stato, anche se sono convinto che adesso avrà una comprensione migliore dell'Africa.
L'ultima volta che fui in Sudan risale al gennaio 2001 e cercai di occuparmi della questione dell'acqua. C'ero già stato altre volte in precedenza e conoscevo i problemi del paese e le complessità che rappresentavano, di cui la questione del Darfur è un riflesso, anche se riflette qualcos'altro di molto specifico.
Innanzitutto l'aspetto importante da notare, come molti riconoscono, è che l'intera regione, dal Lago Vittoria (in effetti sarebbe opportuno dare a quel lago un nome più rispettabile) su su fino al Mediterraneo, dipende da un accordo sull'acqua del Nilo. L'obiettivo imperialista è la distruzione dell'Egitto. Come? Facendo saltare l'accordo sul Nilo con la creazione di micro-stati nella regione, così si fa saltare l'accordo sull'acqua, e ciò che poi accadrà è che l'Egitto esploderà, e l'intero mondo arabo esploderà!
Quindi, considerare questi sviluppi come semplici interessi isolati è un errore, un imbroglio, un modo di ignorare il problema reale. Come ho detto, quando arrivai lì nel gennaio del 2001 si faceva un gran trambusto. Alcuni sauditi, vicini al principe Bandar, dicevano ai sudanesi che potevano contare su George Bush e sulla sua amministrazione. Ovviamente dissi che non era vero, ma che George Bush era lì per distruggere quel paese! Non è vostro amico. Ma loro mi risposero che l'amministrazione Clinton aveva combinato un casino nella regione e Bush doveva fare di meglio. Risposi che Bush li avrebbe distrutti. Purtroppo è accaduto, li ha distrutti.
La crisi attuale è il prodotto di ciò che è stato fatto dall'amministrazione Bush, e dall'ignoranza delle questioni africane da parte dell'amministrazione Clinton. ... Adesso, come ho detto, l'ex presidente si rende conto di come sia stato stato mal consigliato dai suoi collaboratori durante la sua presidenza. Poi tutto è stato aggravato dall'amministrazione Bush. Perché non fare piazza pulita dell'amministrazione Bush, così risolviamo anche la questione del Darfur?
Sì, certo che è un problema, ma è un problema che viene orchestrato. Vogliamo davvero risolvere questa questione? Allora non ci riusciremo di sicuro con i metodi attuali. Si può anche credere che le intenzioni siano le migliori, ma non funzionerà. Non c'è una comprensione della regione, e questo è qualcosa di necessario, per cui non bastano dei rapporti dell'intelligence, ma prima occorre capire i popoli e la loro storia. Occorre prima capire l'Egitto. Occorre prendere in considerazione ciò che qualcuno pensa sul conto di Museveni. Vogliamo capire il problema del Darfur? Cominciamo da Museveni! E ricordiamoci in che modo l'amministrazione Clinton trattò Museveni. Quello fu uno degli errori. Ed è ora che l'ex presidente cominci a riconsiderare queste cose. Non si può credere di fare un'azione umanistica mentre nel seguire questa apparente intenzione si finisce per alimentare un disastro, un'altra volta. Ed è qui che si colloca il problema.
Occorre che chi si occupa di queste faccende parli con me un po' di più così possono evitare di commettere questi errori.


La politica dei focolai di guerra
di Bush e Cheney

L'amministrazione Bush, impegnata ad eseguire la strategia di destabilizzazione globale dettatagli dai centri imperiali anglo-olandesi ha prodotto un'ondata di destabilizzazioni che hanno effetti sempre più globali.
Nessuno dei conflitti indicati nella cartina sono effettivamente attribuibili alle forze o a cause locali, ma sono tutti riconducibili ad una strategia oligarchica volta ad eliminare gli stati sovrani. Per risolverli non c'è altra via che l'impeachment di Cheney e Bush.

1. La regione del Darfur in Sudan: Il 31 agosto il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha approvato, sotto pressioni USA, la risoluzione 1706 che apre la porta ad un intervento militare in questa regione occidentale del Sudan. Secondo la risoluzione le truppe di pace, se chiamate dal governo sudanese a sostituire le forze dell'Unione Africana, potranno operare in base al Capitolo VII che consente il ricorso a tutti i mezzi necessari nel dispiegamento delle forze in Sudan.

2. Somalia: Gli scontri in corso tra bande, alcune ritenute musulmane con presunti collegamenti ad Al-Qaeda e altre collegate agli USA, fanno temere una internazionalizzazione del conflitto.

3. Territori palestinesi: L'esercito israeliano ha rilanciato operazioni sempre più violente nella Striscia di Gaza, mietendo vittime tra i civili. Israele si ripropone in tal modo, tra le altre cose, di impedire la creazione di un governo di unità tra Hamas e Fatah nei Territori.

4. Iraq: I bagni di sangue si fanno sempre più tragici tanto che si contano almeno un centinaio di morti al giorno tra gli iracheni.

5. Iran: I negoziati tra l'Iran e la “comunità internazionale” restano in un vicolo cieco mentre l'amministrazione Bush e i suoi alleati cercano di ottenere dall'ONU sanzioni provocatorie per arrivare all'aggressione militare. I dispiegamenti dei mezzi militari effettuati dagli USA e dalla NATO nella regione fanno temere un attacco imminente.

6. Georgia/Russia: Mentre il presidente russo Putin e quello della Georgia Saakashavili proseguono sulla strada della diplomazia, ambienti in Georgia sono aizzati da forze occidentali per rilanciare la politica della provocazione, nel contesto della generale offensiva del “sistema anglo-olandese” contro il consolidamento dello stato russo.

7. Kirgizistan: Una coalizione di politici e di NGO sostenuti dagli USA stanno cercando per la terza volta nel 2006 di rovesciare il governo di Kurmanbek Bakayev e del premier Feliks Kulov. Il 7 novembre ci sono state manifestazioni violente represse dalla polizia.

8. Pakistan/Afghanistan: Il 31 ottobre gli USA hanno bombardato una scuola di religione uccidendo 80 persone e di conseguenza si sono succedute manfestazioni e minacce di attentati dinamitardi suicidi contro gli americani. Il conflitto è conseguenza della crescente aggressività con cui i Talibani prendono nuovi territori sotto controllo in Afghanistan. Dovrebbe essere solo una questione di tempo prima che la violenza si diffonda al Kashmir.

9. Sri Lanka: Gli scontri tra le Tigri del Tamil ed il governo si acuiscono drammaticamente provocando vittime sempre più numerose tra i civili.

10. Corea: Portavoce dei neocon negli USA hanno continuato a richiedere il ricorso alla forza contro la Corea del Nord dopo i test nucleari, sebbene la Cina abbia annunciato la disponibilità dei nordcoreani a tornare al tavolo dei negoziati a sei.