ECONOMIA

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

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L'edizione italiana della Newsletter "Strategic Alert dell'EIR" (http://www.eirna.com/html/headsi.htm) mette a disposizione alcuni dei suoi articoli più significativi sul tema del terrorismo dal 1995 ad oggi.


In questa sezione: Stati Uniti

25 marzo 1999

Esperti militari vedono "nuvole di guerra"

All'inizio di marzo il movimento di Lyndon LaRouche ha lanciato l'allarme internazionale su un crescente pericolo di guerra, e per la minaccia collegata, costituita dalla "globalizzazione della NATO". Negli ultimi giorni un allarme analogo è giunto da alcuni esperti militari.

Tra questi il più importante è l'ex alto funzionario del ministero della Difesa tedesco Willy Wimmer, che attualmente ricopre un incarico in seno all'Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa (OCSE). Nel corso di un'intervista andata in onda il 13 marzo alla radio tedesca (Deutschlandfunk), Wimmer ha dichiarato che la nuova dottrina della NATO promossa dagli USA e dall'Inghilterra costituisce un "orientamento completamente nuovo" per la NATO in cui "missioni di combattimento in tutto il mondo diventerebbero l'aspetto centrale". La NATO verrebbe trasformata in uno "strumento di potere" da usare nei conflitti armati in tutto il mondo, e questo potrebbe condurre alla "estinzione del mondo". Wimmer ha aggiunto che gli europei non hanno preso parte all'articolazione della nuova dottrina della NATO e la vedono con notevole preoccupazione, così come fanno "i nostri amici in Asia". Wimmer ha sottolineato che fino ad ora la NATO non è stata soltanto una alleanza difensiva, ma, cosa più importante, è stata una comunità di valori, in cui al primo posto erano stati collocati gli scopi di garantire la pace ed i diritti umani. Se invece si permette l'adozione della nuova dottrina, la NATO sarà trasformata in uno "strumento di guerra".

Il 17 marzo un ex ufficiale europeo della NATO ha riferito all'EIR che oltre al tentativo anglo-americano di "globalizzare" la NATO si cerca anche di cambiarne la politica nucleare. Gli USA e l'Inghilterra cercherebbero di poter disporre della capacità di contrattacco nucleare per la rappresaglia contro azioni terroristiche in cui si farebbe ricorso alle "armi di distruzione di massa", come le armi chimiche e biologiche.

Un esperto di questioni strategiche in Russia, solitamente molto moderato, ha sottolineato che all'orizzonte si stanno accumulando "nuvole di guerra", ovvero si stanno accumulando troppe crisi contemporaneamente, e nel valutare le qualità personali dei leader mondiali, c'è ragione di temere un loro cedimento, in quanto non hanno i nervi d'acciaio necessari ad affrontare la situazione attuale.

Un diplomatico che lavora per una banca centrale europea ha espresso la convinzione che con la crisi dei Balcani e quella del Medio Oriente si corrano rischi incalcolabili, compresi quelli di una guerra mondiale. La preoccupazione dell'Europa va oltre il Kosovo, e si estende alla situazione mondiale. Un collega di governo gli avrebbe detto: "Non possiamo dire in pubblico quello che sta effettivamente accadendo, perché susciterebbe il panico". Ha aggiunto che la politica dello scontro seguita dagli anglo-americani è "irrazionale" perché in una situazione come quella attuale "non possono esservi vittorie locali entro conflitti militari limitati", ma solo una dinamica globale verso la guerra mondiale.

11 maggio 1999

Esercitazioni USA contro "armi di distruzione di massa"

A maggio le forze armate USA si eserciteranno contro attacchi terroristici che impiegano le "weapons of mass destruction" (WMD). Secondo lo scenario, i terroristi impiegherebbero sostanze chimiche e biologiche altamente tossiche in alcune località americane come Washington, la Prince Georges Conty nel Maryland, Denver in Colorado e a Porthsmith nel New Hampshire.

Oltre alla partecipazione diretta di personalità dell'amministrazione, partecipano anche attori e esperti dei massmedia assunti per rendere l'esercitazione "più realistica".

L'operazione costa 6 milioni di dollari ed è stata criticata persino da ambienti dello stesso governo che hanno definito le manovre "perditempo" e "del tutto irrealistiche".

LaRouche ha ribadito più volte che il terrorismo è una forma di guerra irregolare monopolizzata da sempre dai servizi segreti inglesi. Oggi si cerca di creare l'impressione che esistano "stati delinquenti", terroristici, allo scopo è riempire il vuoto lasciato dall'Unione Sovietica nel ruolo del "nemico mortale" di cui certi ambienti non sanno fare a meno.

22 giugno 2000

Computer e "stati canaglia" nei laboratori di Los Alamos

All'inizio di maggio è scoppiato un incendio di vaste proporzioni nella regione dei laboratori di Los Alamos, il più importante centro di ricerca delle armi nucleari USA.

Il 12 giugno è stato reso noto che da tempo mancavano all'appello due dischi magnetici contenenti informazioni riservate di ricerca nucleare.

A Capitol Hill c'è stato un arrembaggio dei parlamentari repubblicani che hanno denunciato presunti "terroristi" che sono riusciti ad appropriarsi dei dati segreti.

Ovviamente il personale della sicurezza ha spiegato che non ci sono prove di sorta di spionaggio. Ciò nonostante, soprattutto i senatori Frank Morkowski e John Kyl, si sono sbracciati contro i "terroristi" e gli "stati canaglia". Il ministro dell'Energia Bill Richardson, che forse finirà per candidarsi alla vice-presidenza con Gore, si è rifiutato di testimoniare al congresso, alimentando il clima del "dubbio".

I dischi poi sono stati ritrovati al sicuro. Ciò nonostante, specialmente dopo che la Corea del Nord ha deciso di tagliar corto e non prestarsi al ruolo di "stato canaglia" per antonomasia, certi ambienti della Difesa USA sono rimasti decisamente a corto di "nemici" e "provocatori". Presi dalla disperazione, forse incrimineranno lo stesso ex direttore della CIA John Deutch, colpevole di aver illecitamente copiato nel suo computer di casa documenti riservati che potrebbero essere finiti nelle mani di qualche altro fantomatico "stato canaglia" il quale, si sa, non si lascerebbe scappare l'occasione di costruire, in base a tali informazioni, armi di distruzione di massa per colpire gli USA.

L'isteria del "pericolo di terrorismo nucleare" negli USA cresce. Alla fine di maggio l'FBI ha tenuto "esercitazioni antiterrorismo" di vasta portata secondo uno scenario che contemplava aggressioni con "armi di distruzione di massa" di quattro città.

18 gennaio 2001

L'America verso un regime d'emergenza?

La realtà con la quale gli Stati Uniti ed il resto del mondo debbono fare i conti in maniera sempre più pressante nei prossimi mesi è la crisi economica e il tracollo finanziario. Dovrebbe essere evidente che l'apparato presidenziale di George W. Bush, dati i suoi assiomi di politica economica, non è capace di far fronte a questa crisi. Pertanto la "squadra di Bush" non ha alternative oltre a quella di ricorrere ai decreti d'emergenza per cercare di governare. Lyndon LaRouche ha in più occasioni spiegato che in sostanza questa non potrà essere altro che una crisi che si sviluppa lungo la falsariga di quelle che in Germania culminarono nella dittatura instaurata nel 1933.

In effetti, già la vittoria elettorale attribuita a George W. Bush da una maggioranza della Corte Suprema USA rappresenta un travisamento della Costituzione americana. Il giudice Antonin Scalia, che è stato il primo a proporre tale scelta alla Corte Suprema, ha asserito che la "crisi elettorale" verificatasi dopo il voto del 7 novembre rappresentava di fatto un'emergenza nazionale da risolvere con l'intervento d'autorità della Corte Suprema. La filosofia giuridica di Scalia si rifà a quella di Carl Schmitt, le idee del quale stanno vivendo un revival soprattutto in ambienti conservatori statunitensi. Carl Schmitt fornì le giustificazioni giuridiche per le Leggi d'Emergenza e le altre misure che contrassegnarono l'ascesa del Nazismo in Germania. Occorre inoltre sottolineare che l'attuale presidente della Corte Suprema, William Rehnquist, si espresse pubblicamente a favore dell'imposizione di "definite leggi marziali" per affrontare le proteste di piazza durante la prima presidenza di Richard Nixon, nei primi anni Settanta.

Una Corte Suprema dominata da Rehnquist e Scalia, e un sistema giudiziario che rischia di cadere in mano ad Ashcroft (vedi oltre), comporterebbe una situazione molto pericolosa, dove il passo tra "gestione della crisi" e "governo d'emergenza" è molto breve. Per questo esistono delle infrastrutture amministrative e giuridiche già funzionanti come la Federal Emergency Management Agency (FEMA). Nel novembre 1988, l'allora presidente uscente Ronald Reagan firmò l'Ordine Esecutivo 12656, che in situazioni di crisi stabilisce una serie di poteri d'emergenza sotto la coordinazione del Dipartimento di Giustizia USA. Vari personaggi della "squadra di Bush" sono reduci delle amministrazioni di Nixon, Ford, Reagan e Bush, dove hanno fatto particolare esperienza di questi poteri d'emergenza del governo.

La tendenza verso misure d'emergenza "post-democratiche" in situazioni di crisi è l'argomento trattato sin dagli anni Settanta dai principali centri studi di Wall'Street come il Council on Foreign Relations e la Commissione Trilaterale. Il più noto degli studi allora prodotti fu "Crisi della democrazia", un rapporto prodotto nel 1975 dalla Commissione Trilaterale e stilato dal professore di Harvard Samuel Huntington, un portavoce di Zbignew Brzezinski. Nel rapporto si affermava che in una situazione di crisi economica le "normali" regole della democrazia occidentale, come il voto di maggioranza e la rappresentanza politica dei gruppi d'interesse, sono d'intralcio a quelle misure economiche e sociali d'emergenza che pur essendo dolorose sono però "necessarie". Inoltre, nel corso del 2000 il Council on Foreign Relations ha tenuto esercitazioni di tipo militare, simili ai "war games", in cui è stata simulata la risposta da dare a situazioni di tracollo finanziario incontrollabile.

Ovviamente molti benpensanti, in Europa ed altrove, ritengono che le prospettive qui illustrate "non si potranno mai avverare negli USA". A tale proposito occorre ricordare come gli Stati Uniti già una volta furono vicini ad una svolta del genere, nella Grande Depressione all'inizio degli anni Trenta, e si salvarono solo grazie all'intervento decisamente "controcorrente" del Presidente Franklin D. Roosevelt, un personaggio che vantava un polso politico straordinario. Allora come oggi, sia tra la popolazione che tra le élite politiche, c'era fin troppa "materia prima" per costituire un regime sostanzialmente fascista.

Terrorismo, guerra ed emergenza

Per comprendere meglio la gravità della situazione basterà prendere in considerazione il seguente scenario: che cosa potrebbe accadere se, nella situazione di crisi economica, sociale e politica, si verificasse un incidente terroristico di vaste proporzioni, negli Stati Uniti o ai danni di molti cittadini americani all'estero? All'inizio del 1993, poco dopo l'inaugurazione di Clinton alla Presidenza, esplosero le bombe al World Trade Center di New York. Nel 1995 vi fu l'episodio terroristico ad Oklahoma City. Quale sarebbe la risposta della "squadra di Bush" ad un incidente di tali dimensioni? Intanto aumenta il pericolo di guerra in Medio Oriente a seguito dell'insuccesso degli sforzi di pace di Clinton e l'elezione quasi certa di Ariel Sharon nelle elezioni del prossimo 6 febbraio in Israele.

15 febbraio 2001

Verso lo stato di polizia

Il 7 febbraio il direttore della CIA George Tenet ha riferito al Senato dei pericoli alla sicurezza degli Stati Uniti. E' la prima volta che un direttore della CIA si lascia andare a toni allarmistici, tutt'altro che giustificati. Non solo Tenet ha dichiarato che "mai abbiamo avuto a che fare con un quoziente di incertezza così alto", ma ha sottolineato con forza che gli Stati Uniti sono minacciato dalla "rapida crescita demografica, che creerà nuove pressioni in parti del mondo dove minima è la capacità di affrontarle". Tenet ha addirittura sostenuto che la crescita demografica accentua il pericolo di terrorismo mediorientale. Naturalmente Tenet ha agitato lo spauracchio dell'inafferrabile Bin Laden. Il giorno successivo a Washington sono state prese severe misure di sicurezza a seguito di uno strano incidente verificatosi nei pressi della Casa Bianca.

La cosa che merita davvero attenzione è un rapporto appena sfornato dalla US Commission on National Security. Si tratta di un organismo presieduto dall'ex senatore del Colorado Gary Hart e dall'ex senatore del New Hampshire Warren Rudman. Tra i suoimembri, alcuni dei nomi più famosi:

  • Anne Armstrong, personaggio altamente rappresentativo tra i petrolieri texani, è stata ambasciatrice a Londra ed ha presieduto il PFIAB, il consiglio sull'intelligence di politica estera della presidenza, sotto Reagan e Bush.
  • Leslie Gelb, presidente del Council on Foreign Relations di New York, l'organizzazione che ha tenuto simulazioni di scenari nei quali un "regime di emergenza" prende il potere a Washington a seguito di grosse difficoltà nella sfera economico-finanziaria.
  • Newt Gingrich, l'ex presidente della Camera e capocordata della "Rivoluzione Conservatrice".
  • James Schlesinger, ex ministro della Difesa e poi dell'Energia negli anni Settanta.

L'organismo proposto dovrebbe essere istituito dal Congresso con rappresentanze dei due partiti. Tra l'altro il rapporto raccomanda la costituzione di un ente che sia in grado di assumere tutte le funzioni di sicurezza del governo ampliando quelle già previste per l'ente federale per l'emergenza FEMA. Il nuovo ente dovrebbe chiamarsi NHSA (National Homeland Security Agency) ed oltre alle funzioni della FEMA assumerebbe il comando della guardia di dogana, della guardia di frontiera e della guardia costiera, il tutto diretto da un organismo alla Casa Bianca.

Nello studio la commissione dice che "nella nuova era, non si può più fare una distinzione netta tra 'straniero' e 'interno'. Noi crediamo nella centralità della strategia, cogliere le opportunità e prevenire i pericoli. L'immobilismo delle strutture e dei processi di governo comportano per gli Stati Uniti il rischio di perdere la capacità di definire la storia". Aggiunge poi: "l'assommarsi di proliferazione di armi non convenzionali e il persistere del terrorismo internazionale comporterà la fine della invulnerabilità relativa del territorio USA ad attacchi catastrofici ... Nel prossimo quarto di secolo potrà verificarsi un attacco diretto contro i cittadini USA, su suolo americano. Il rischio non è solo morte e distruzione, ma anche la demoralizzazione che potrebbe minare la leadership globale degli USA".

L'ente proposto, il NHSA, otterrebbe i poteri "nel caso di una emergenza di sicurezza nazionale" e "non proteggerebbe soltanto la vita degli americani, ma assumerebbe anche responsabilità di supervisione e protezione delle infrastrutture fondamentali del paese". Il rapporto promette che, in condizioni del genere, a difendere le garanzie costituzionali ci penserebbe il ministero della Giustizia (quello del razzista Ashcroft!).

Dietro la Commissione di Hart e Rudman s'intravede facilmente l'opera del Centro per gli Studi Strategici e Internazionali (CSIS) in cui figurano Henry Kissinger e Zbignew Brzezinski, a loro volta impegnati alla costituzione dell'apparato per le gestioni delle emergenze alla Casa Bianca sin dagli anni Settanta.

Da 18 mesi il CSIS lavora al progetto "Difendere l'America: ridefinire i confini concettuali della difesa territoriale" diretto da Fred Ikle, un personaggio che, come altri esponenti del gruppo che lavora al progetto, ha avuto molto peso nelle questioni della Difesa nelle amministrazioni Reagan e Bush.

Il progetto del CSIS propone che l'apparato della Homeland Defense sia presieduto dal Vice Presidente. Sostiene la necessità di realizzare il sistema di Difesa Missilistica Nazionale per far fronte ad incursioni terroristiche di nuove dimensioni che, nel prossimo periodo, sono ritenute dal rapporto quasi inevitabili.

Il Piano per i disordini civili, in vigore dal 15 febbraio 1991 con la firma del Presidente George Bush, prevede che il responsabile di come rispondere in situazioni del genere sia l'Attorney General (Ashcroft), al quale compete il coordinamento di tutti gli aspetti del dispiegamento interno della forza militare. In seno al suo ministero, l'ente preposto alle operazioni di risposta ai disordini è la FBI. "In tal senso, il Dipartimento di Giustizia è l'ente federale principalmente responsabile della raccolta, l'uso, l'archiviazione e la distribuzione delle informazioni attinenti ai disordini civili", stabilisce il Piano.

16 maggio 2001

Verso un regime d'emergenza

A maggio Bush ha costituito il nuovo "Office of National Preparedness" incaricato di centralizzare la struttura federale per le emergenze. Si tratta di un passo decisivo della politica volta a contrastare presunte minacce di operazioni terroristiche che impiegherebbero "armi di distruzione di massa", soprattutto chimiche o biologiche. Questa politica di "difesa del territorio" in realtà va intesa come preludio dello stato di polizia, con tutti i pericoli di scivolare nella dittatura vera e propria. Più che gli attacchi terroristici, all'origine delle crisi temute ci sono: crac finanziario, crisi energetica, rivolte popolari per i disagi provocati dall'iperinflazione ormai galoppante.

Dall'8 al 10 maggio nove esponenti del governo Bush sono sfilati di fronte a tre commissioni riunite del Senato per testimoniare sui rischi di attacchi terroristici e sulla necessità di approntare le difese preventive. La sfilata era stata sapientemente programmata per i giorni di massima isteria popolare in vista dell'esecuzione, poi rimandata, di Timothy McVeigh, accusato dell'attentato terroristico di Oklahoma City nel 1994.

A capo della nuova struttura per la "homeland defense" c'è il Vice Presidente Cheney, che continua a raccogliere poteri esecutivi sempre più vasti. In seconda posizione c'è Joe Allbaugh, il direttore della FEMA, l'ente governativo che sovrintende alle grandi emergenze. Al terzo posto c'è l'Attorney-General John Ashcroft, il ministro della giustizia la cui nomina fu approvata con un margine ristrettissimo.

Annunciando la costituzione del nuovo organismo, Bush ha parlato del "ruolo preminente del Dipartimento di Giustizia nella gestione della crisi". Il direttore della FEMA ha detto: "Mi impegno ad una stretta cooperazione con l'Attorney-General John Ashcroft per garantire che il ruolo preminente del Dipartimento di Giustizia per i programmi di gestione della crisi ed il ruolo preminente della FEMA nelle iniziative volte a gestire le conseguenze siano armoniosi e completamente integrati".

Occorre qui ricordare che Il Presidente Bush Senior firmò un ordine esecutivo, tutt'ora in vigore, che conferiva all'Attorney-General poteri vastissimi, compreso quello del dispiegamento delle forze armate sul territorio degli USA nel caso di emergenza nazionale.

1 ottobre 2001

I pericoli all'orizzonte

A seguito delle stragi di Washington e di New York dell'11 settembre, Lyndon LaRouche ha ripetuto in più occasioni che negli Stati Uniti è in corso un tentativo di colpo di stato. Quegli episodi senza precedenti sono avvenuti in una situazione di crisi economica e finanziaria entrata nella fase di collasso e rivelano un duplice scopo. Sullo scenario internazionale essi hanno lo scopo di trascinare gli Stati Uniti in uno stato protratto di guerra in Eurasia, così come prescrive il programma dello Scontro delle civiltà sponsorizzato da Samuel Huntington e Zbignew Brzezinski. Il secondo scopo è l'instaurazione di un regime d'emergenza politica-economica-finanziaria negli stessi Stati Uniti.

Nelle tre settimane trascorse dall'11 settembre la natura e gli scopi di quella operazione "coperta" hanno scatenato notevoli lotte di fazione sia negli USA che nell'establishment della politica transatlantica. Dietro le quinte, spiegano ambienti ben informati, sono in corso scontri incredibili, nei governi o nelle istituzioni legate ai governi.

E' rivelatore il fatto che il 26 settembre il vice ministro della Difesa Paul Wolfovitz non sia riuscito ad ottenere dalla NATO l applicazione dell'articolo 5, quello sulla "difesa collettiva", sebbene poche ore dopo l attentato i paesi della NATO si fossero detti tutti d accordo, informalmente, ad applicarlo. Secondo fonti ben informate, gran parte degli europei non sono sufficientemente convinti che quello dell'11 settembre sia stato un "attacco dall'esterno", che è il presupposto necessario per invocare l'Articolo 5.

Ciò che appare sempre più certo è che ci sarà una qualche azione militare americana in Eurasia, che giustifica il timore che possa verificarsi una seconda ondata di terrore in cui potrebbero essere impiegate le armi biologiche.

Secondo LaRouche vi sono dei chiari paralleli storici tra gli avvenimenti attuali e il periodo 1923-33. A quell'epoca, dopo l elezione di Franklin D. Roosevelt alla Presidenza (novembre 1932) i vertici bancari anglo-americani guidati dal governatore della Banca d Inghilterra Montagu Norman e che annoveravano anche Prescott Bush, il nonno dell'attuale presidente USA, operarono in combutta con i banchieri Hjalmar Schacht e von Schroeder per salvare finanziariamente e politicamente il Partito Nazista, reduce dalla disfatta elettorale nelle votazioni per il parlamento tenutesi a novembre.

Alla fine di gennaio Schacht, von Schroeder e Franz von Papen orchestrarono il rovesciamento del Cancelliere Kurt von Schleicher, la cui impostazione di politica economica era molto simile a quella di Roosevelt. Il 30 gennaio ci fu l ascesa di Hitler al potere, seguita, il 28 febbraio, dalla messinscena dell'incendio del Reichstag e dai decreti d emergenza. Il 17 marzo 1933 Schacht diventò governatore della Reichsbank e varò una politica economica incentrata sul riarmo, politica che portò avanti fino a poco prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

18 ottobre 2001

Gli USA cadono nella trappola afghana

Scatenando i bombardamenti massicci nella sua caccia a Osama Bin Laden, il governo americano si è avviato verso due disastri: lo scontro di civiltà e la perdita di credibilità.

Nel momento in cui si verificarono le tragedie dell'11 settembre, Lyndon LaRouche stava dando un'intervista radio in diretta in cui spiegò che quegli attacchi alle torri gemelle ed al Pentagono erano le salve iniziali di un tentativo di colpo di stato ad opera di forze "coperte" che avevano i loro centri di potere negli stessi Stati Uniti. Spiegò inoltre che, già semplicemente dagli aspetti tecnici, quegli attacchi non potevano essere stati condotti senza il contributo di operazioni segrete speciali da parte di "elementi canaglia" nella struttura militare e di sicurezza degli USA.

Secondo LaRouche l'unico motivo possibile di un attacco del genere, da parte di queste agenzie segrete, sarebbe quello di sostenere una politica già nota la cui imposizione è voluta da elementi molto potenti nell'establishment anglo-americano. Il loro scopo dichiarato è di lanciare la guerra dello "scontro di civiltà" nel disperato tentativo di sabotare l'affermazione di un'alternativa possibile alla crisi economico-finanziaria in corso. Già in quell'occasione LaRouche disse che coloro che stanno dietro a quei misfatti cercheranno di nascondersi scaricando le responsabilità su Osama Bin Laden, un veterano delle operazioni Iran-Contra. La guerra in Afghanistan sarebbe il detonatore più ovvio dello scontro di civiltà che porterebbe ad una "nuova epoca buia" di distruzioni generali.

LaRouche ha anche detto che i mandanti avrebbero allestito un altro attacco devastante, simile a quello dell'11 settembre, negli Stati Uniti. I colpi di stato, come noto, non riscuotono il favore popolare e pertanto vengono concepiti come operazioni militari "diagonali": vediamo come.

Lanciando una guerra contro Bin Laden in Afghanistan l'amministrazione Bush è andata a cacciarsi in una bella trappola. L'operazione militare lascia indisturbati i veri mandanti e impegna tutta la forza militare del paese in operazioni che rischiano di innescare conflitti ben più ampi, compresa la guerra nucleare, tali da degenerare in un completo conflitto mondiale. Se, a quel punto, i mandanti sferrano un secondo attacco negli Stati Uniti, con migliaia di vittime tra i civili, la credibilità di Bush crollerà definitivamente. A quel punto una popolazione stravolta, umiliata e demoralizzata si getterà nelle braccia di una dittatura, preferendola ai presupposti della Costituzione ("vita, libertà e ricerca della felicità"), così come fece la popolazione tedesca nel febbraio 1933.

Le dichiarazioni esultanti dei militari USA che hanno ottenuto "la superiorità aerea" nei cieli afghani ed hanno distrutto "l'infrastruttura terroristica" di Bin Laden suonano decisamente assurde per chi sa che i Talebani non hanno nulla che meriti di essere bombardato. Così le "infrastrutture militari" si riducono a basi militari fatiscenti evacuate sin dall'inizio.

Ora si attendono le probabili operazioni di terra delle truppe britanniche e americane. Per ben che vada, raccoglieranno qualche "scalpo" da far vedere in televisione, magari anche quello di Bin Laden, che costerà la vita a molti soldati invasori. Secondo certe voci Bin Laden avrebbe già lasciato il paese, ma la taglia di 25 milioni di dollari sul suo capo potrebbe indurre qualcuno dei suoi a tradire.

Dopo una settimana di bombardamenti sono confermati i peggiori timori sulla destabilizzazione che serpeggia nell'intera regione, soprattutto in Pakistan, che si trova ad accogliere i milioni di rifugiati in fuga dall'Afghanistan. E' decisamente illusorio credere che si tratta di una campagna militare che si possa concludere nel giro di qualche settimana. L'Afghanistan non è una nazione da oltre vent'anni; è diventato un'alleanza di guerrieri e capotribù che si mantengono con i traffici di droga e di armi.

Il tentativo di costituire un governo attorno all'ex monarca, l'ottantaseienne Mohammed Zahir Shah in esilio a Roma, è come minimo un'ipotesi molto peregrina. Altrettanto dubbia è l'affidabilità della Alleanza del Nord, che annovera vari gruppi etnici ma senza il principale, i Pashtun, che continua ad essere fedele ai Talebani. Tra le nazioni che influenzano l'Alleanza dovrebbero esserci anche l'Iran, la Russia, l'Uzbekistan e il Tagikistan. Si teme che le operazioni militari anglo-americane spingeranno il paese in una guerra civile ancora più feroce.

La valutazione di un vecchio esperto di spionaggio

Un'interessante valutazione del fiasco dell'11 settembre dei servizi d'informazione USA è stata firmata dall'ammiraglio Bobby Ray Inman, ex vice direttore della CIA, sul New York Times del 9 ottobre. "La sorpresa completa ottenuta dai perpetratori degli atti di guerra dell'11 settembre ci costringe a rivalutare l'intera impostazione americana nella lotta al terrorismo. La priorità principale è interna ... La sfida più difficile a lungo termine è quella di ricostruire le nostre capacità di spionaggio", ha scritto Inman nel suo commento in cui non nomina una sola volta Bin Laden o formazioni terroristiche straniere.

La sua preoccupazione centrale è capire perché gli USA sono diventati "grossolanamente impreparati a tenersi informati sulle cose che più contano nel mondo intorno a noi". La preoccupazione di Inman non riguarda solo l'incapacità di individuare le fasi di allestimento di operazioni terroristiche, ma soprattutto la difficoltà di raccolta e valutazione delle informazioni di politica mondiale sulla cui base il governo USA possa decidere con chiarezza i suoi indirizzi di politica estera e di sicurezza.

Inman ha spiegato come negli anni Cinquanta "il 75 per cento delle informazioni grezze provenivano da persone che raccoglievano intelligence in tutto il mondo. Almeno due terzi di quelle informazioni provenivano da addetti dei servizi per l'estero impegnati in attività 'allo scoperto', come la lettura dei giornali, l'ascolto della radio, le conversazioni con funzionari locali ed in generale saper tenere ben aperti occhi e orecchie. Il resto del nostro 'intelligence umano' proveniva dalle informazioni raccolte in segreto da addetti clandestini, e cioè dalle spie".

Inman spiega come poi come, con l'affermarsi della "moda dell'analisi dei sistemi e della mentalità dei costi/ricavi", sia stata praticamente abbandonata la raccolta di informazioni nei servizi per l'estero. Anche le attività clandestine sono state abbandonate ed in parte sostituite dalle informazioni raccolte dai satelliti e dallo spionaggio elettronico. Nelle condizioni attualmente vigenti gli addetti "non hanno il tempo per le attività clandestine, che costituiscono l'unico modo in cui è possibile sgominare le reti terroristiche".

Inman riferisce che molti esperti, soprattutto tra coloro che in passato hanno servito nella diplomazia, sono decisamente preoccupati dal fatto che i servizi per l'estero attuali "non sono all'altezza del compito". Nel proporre di ricostruire questa capacità l'ammiraglio suggerisce di porre la massima importanza sull'istruzione del personale: "Occorrerà forse un decennio prima di tornare ai livelli di competenza che avevamo nel 1950. Intanto i nostri rapporti con altri paesi, compresi molti che non condividono i nostri principi democratici, saranno fondamentali per colmare il vuoto di intelligence umano. Dipendere dai servizi d'intelligence stranieri non è certo l'ideale e prima riusciremo a ridurre questa dipendenza e meglio sarà".

25 ottobre 2001

Oltre la guerra in Afghanistan: dietro l'assassinio del gen. Ze'evi

In un documento del 12 ottobre LaRouche aveva scritto: "Data la tensione crescente tra l'Amministrazione Bush e una dirigenza militare israeliana in preda alla furia assassina, la situazione mondiale ha raggiunto una situazione infiammabile in cui non si può escludere che si manifesti la sindrome risalente agli anni Settanta, detta 'break-away ally'", ovvero la situazione in cui Israele, come un alleato scalmanato, minaccia di impegnarsi da solo in operazioni militari o "speciali", creando così una situazione in cui gli Stati Uniti si vedono "costretti" ad impegnarsi in una guerra in Medio Oriente per evitare che la situazione sfugga del tutto al controllo.

Quattro giorni dopo, il 17 ottobre, è stato assassinato il gen. Rehavam Ze'evi, ministro del Turismo israeliano appartenente alle formazioni politiche estremistiche. Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (PFLP) ha immediatamente rivendicato la responsabilità dell'attentato, con cui si sostiene di aver risposto all'assassinio del proprio presidente Abu Ali Mustafà avvenuto il 27 agosto.

In una successiva analisi del 20 ottobre, LaRouche tratta 1) il contesto e le caratteristiche dell'assassinio di Ze'evi e 2) affronta il tema del cui bono: a chi è servito l'assassinio di Ze'evi?

Sul primo punto, LaRouche sottolinea che sarebbe irresponsabile "escludere degli indizi molto chiari che lasciano intendere come nella lista dei sospettati autori dell'assassinio vi sia anche lo stesso Primo ministro israeliano... Negli ambienti della sicurezza ci si deve chiedere se Ze'evi sia stato ucciso come sostituto di uno Sharon che le fazioni più disperate dei militari israeliani volevano già uccidere. Data la realtà delle forze di sicurezza israeliane, e le capacità di cui lo stesso Ze'evi disponeva, un gruppo come il PFLP non avrebbe tentato un'azione del genere a meno di non aver abbastanza ragioni per credere che le varie cortine della sicurezza pubblica e privata attorno a Ze'evi non fossero abbassate ... Nel caso delle due formazioni armate palestinesi, il PFLP e Hamas, il ruolo del governo israeliano e di altri nel promuovere queste forze rivali alla fazione diretta da Arafat, al Fatah, rientra nelle operazioni tipicamente promosse da Ariel Sharon e dal suo alleato di vecchia data Ze'evi".

Sul secondo punto LaRouche scrive: "Chi ha beneficiato dell'assassinio di Ze'evi? Nessuno oltre al gruppo della dirigenza militare israeliana determinato a spintonare l'amministrazione Bush affinché acconsenta, o conduca in prima persona, un attacco in grande stile contro la Siria o l'Irak".

Inoltre, a poche ore dalla morte di Ze'evi, le forze corazzate israeliane sono penetrate nell'Area A controllata dall'Autorità Palestinese, occupando le principali città della Cisgiordania. Il governo israeliano ha lanciato l'ultimatum all'Autorità Palestinese affinché arresti ed estradi gli assassini e affinché sopprima il PFLP ed altre organizzazioni armate, pena l'essere trattata essa stessa come una "entità terroristica". Già prima dell'assassinio di Ze'evi, Israele aveva rilanciato l'eliminazione dei leader palestinesi. Yasser Arafat aveva reso noto che lui stesso correva il pericolo di essere assassinato. Queste operazioni da parte di Israele non sono rappresaglie "motive", ma una strategia freddamente calcolata per eliminare l'Autorità Palestinese sotto Arafat come unica forza palestinese capace di impegnarsi in un giusto processo di pace con Israele. Al tempo stesso l'assassinio di Ze'evi è sfruttato dal governo di Sharon per prevenire ogni possibilità di nuove iniziative di pace da parte di Stati Uniti, Russia ed Europa.