ECONOMIA

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

ECONOMIA

  

 


     
    [Tratto dalla rivista «21th Century Science & Technology» – Primavera 2004]


     
    LEWIS HENRY MORGAN E LE RADICI RAZZISTE DELL'ANTROPOLOGIA
     
     
    Il concetto di "nativo americano" è un'identità mitologica e razzista, che si attribuisce per giustificare un impero anglo-americano.


    di Paul Glumaz
    La nostra storia comincia con il fondatore americano dell'Antropologia Culturale, Lewis Henry Morgan.
     
    Lewis Henry nacque nello stato di New York nel 1818. Negli anni '40 divenne un giovane avvocato e un massone attivo, creatore di una loggia pensata per i giovani massoni del luogo, dotata di uno speciale rito chiamato Indianizzazione. Tale rito prevedeva che i giovani vestissero come Pellerossa, fossero iniziati al coraggio e subissero severe punizioni. In tutto questo periodo, Morgan fu in corrispondenza con lo storico Henry Schoolcraft, a sua volta un collaboratore di Albert Gallatin, il quale dirigeva la Società Storica di New York.
     
    Gallatin, un rampollo della nobiltà svizzera, era stato ministro del Tesoro americano con Thomas Jefferson, e in qualità di traditore, come è ampiamente documentato, aveva condotto la sovversione economica della giovane Repubblica americana all’inizio dell’Ottocento. Lo stesso Gallatin passò gli ultimi 15 anni della sua vita nel tentativo di forgiare l'identità storica degli Americani pre-colombiani. Tentò in ogni modo di dimostrare che tutti gli indigeni presenti prima dell'arrivo di Cristoforo Colombo fossero stati esclusivamente di origini asiatica o siberiana. In altre parole, tutti gli Americani presenti sul continente prima del 1492 avrebbero avuto origine da migrazioni terrestri, dalla Siberia attraverso l'Alaska, giù fino all’America Latina.
     
    Con alcune graduali modifiche apportate, questa teoria sulle origini di tutti gli Amerindi prevale ancora nell'odierna antropologia. L'ortodossia in materia vuole che le migrazioni siberiane iniziarono intorno ai 12000-16000 anni fa, apportando per la prima volta degli esseri umani sul continente.
     
    Mentre Albert Gallatin cercò una dimostrazione nello studio della linguistica, Lewis Henry Morgan intraprese uno studio comparativo delle parentele, ovvero delle strutture familiari.
     
    Perché era così importante la tesi di una immigrazione esclusivamente siberiana, dal punto di vista di uno come Gallatin, che aveva commesso il suddetto tradimento della nostra Repubblica? Perché?
     
    Il motivo è il razzismo.
     
    Stabilendo un'origine esclusivamente siberiana, avrebbe soddisfatto l'intento di indurre in America una visione profondamente razzista del mondo, inclusa la giustificazione del trattamento brutale riservato ai discendenti degli indigeni. Ciò - ne sono sicuro - non è immediatamente evidente al lettore; tuttavia, l'idea di origini esclusivamente asiatiche, unita al pensiero ancora oggi prevalente sull’evoluzione sociale, crea una concezione del mondo razzista. Con quest'ultima, si nega un'identità umana universale ai discendenti degli Americani pre-colombiani e, per estensione, si nega la stessa identità ai discendenti dei successivi immigrati europei.
     
    Oggi è più noto il razzismo generato dalla tratta degli schiavi africani, che ancora influisce sulla nostra società, e per questo viene studiato di più. Il razzismo creato dalla disciplina dell'antropologia, è invece più insidioso, universale, meno compreso, e sicuramente meno studiato.
     
    Ciò che segue è un sunto di come opera, facendo riferimento all’attività di Lewis Henry Morgan.
     
    Il tema centrale sarà - per me - la maniera in cui le società evolvono culturalmente, tecnologicamente ed economicamente.
     
    L'idea razzista prevede che le società evolvano attraverso graduali miglioramenti, trasmessi lentamente da un individuo ad un altro, da un gruppo ad un altro. Essa, pertanto, prevede un'evoluzione sociale graduale, dall'organizzazione di cacciatori e raccoglitori, alla moderna società industriale.
     
    Questi cambiamenti si verificherebbero attraverso invenzioni e innovazioni accidentali, accumulatesi per lunghi periodi di tempo. Alcune società, o anche alcuni gruppi razziali, sarebbero migliori di altre, o di altri, nel subire tale processo. La prima discussione di Lewis Henry Morgan a tale proposito, si trova nella sua monografia sugli indiani Irochesi, Lega degli Irochesi. In questo documento, e in successivi lavori, Morgan sviluppò alcuni dei seguenti punti teorici, d'altra parte formulati più estesamente anche da antropologi in Gran Bretagna:
     
    (1) L'evoluzione sociale e tecnologica è graduale.
     
    (2) Non tutte le società si sviluppano alla stessa velocità.
     
    (3) Alcune società sono superiori perché lo è la loro dotazione razziale, e ne ricavano conseguentemente istituzioni familiari e sociali superiori.
     
    (4) E' errato cambiare o migliorare le razze inferiori, poiché non sono mentalmente preparate al passo. Esse devono svilupparsi alla propria velocità.
     
    (5) Spetta alle razze superiori far sì che quelle inferiori non perdano i propri usi e costumi primitivi.
     
    (6) La superiorità americana, all'epoca in via di affermazione in qualità di nazione industriale, non si fondava sulla tradizione che aveva eredito dalle precedenti epoche di rinascita greca, araba, cinese ed europea, né sull'operosità e la libertà dei cittadini della Repubblica, quanto nella speciale miscela tra tratti razziali anglo-sassoni e istituzioni familiari superiori.
     
    Nelle parole di Morgan:
     

    “La famiglia ariana rappresenta la vena centrale del progresso umano, perché la sua intrinseca superiorità è stata dimostrata dalla sua graduale assunzione di potere sulla terra... La passione del Pellerossa per la vita da cacciatori s'è rivelata un principio troppo profondamente intessuto per essere controllato dagli sforzi della Legislazione... L'effetto di questo principio potente è stato l'incatenamento delle tribù del Nord America al loro stato primitivo... Ecco perché i Pellerossa non si sono mai innalzati, né potranno mai innalzarsi oltre il livello attuale... A questo punto il tratto singolare nel carattere del Pellerossa suggerisce che egli non abbia mai intuito il potere del guadagno. Questa grande passione per l'uomo civilizzato, non ha mai sollecitato la mente dell’indiano. Fu senza dubbio il vero motivo del suo perdurare nello stato di cacciatore, poiché il desiderio di guadagno è una delle prime manifestazioni della mente progressista. In una parola, esso ha civilizzato la nostra razza”.

    Secondo Morgan, dunque, il cambiamento sociale e lo sviluppo economico si spiegano solo con due fattori casuali: le caratteristiche razziali e la sete di guadagno. Le società meno economicamente sviluppate sono tali perché non bramano il guadagno, e sono geneticamente inferiori forse per lo stesso motivo. Sfortunatamente, oggi, molti americani adottano inconsciamente la stessa spiegazione per la disparità tra i livelli di vita presenti negli Stati Uniti e nelle nazioni del Terzo Mondo.

    CHI SIAMO?

    Nonostante le teorie di Morgan, Gallatin, e delle loro controparti britanniche, esistono prove schiaccianti, di tipo archeologico e non (che costoro non sono riusciti a sopprimere) che dimostrano l’esistenza di importanti civiltà urbane e agricole in tempi e luoghi diversi nell'America pre-colombiana. Poiché tali prove venivano considerate una minaccia per questa visione razzista del mondo, Morgan passò gli ultimi anni della sua vita con un archeologo, Adolph Bandelier, cercando di dimostrare che queste rovine urbane non rappresentavano società in alcun modo sviluppate.
     
    Sulla questione dell'origine esclusivamente siberiana degli Amerindi, va detto anche qualcos’altro. La proposta di ogni altra spiegazione alternativa equivale ad aprire un vaso di Pandora, pieno di temi che sfidano profondamente l'interpretazione accettata della preistoria e dell'origine della civiltà, come vengono insegnate oggi a scuola. Come fecero gli Americani pre-colombiani a giungere in questo continente? C’erano da prima? Che ne è dei viaggi oceanici dei cosiddetti "popoli marittimi"? Si può parlare di migrazioni per mare dall'Asia? Dall'Africa? Dalla penisola iberica e dal Mediterraneo? Dall'Europa del Nord e dalla Scandinavia?
     
    Non appena si comincia ad esaminare l'evidenza di civiltà e culture marittime esistite molto prima della Mesopotamia, il fatto che l'astronomia e i viaggi marittimi costringono a spostare indietro nel tempo la data di sviluppo delle civiltà lungo i bacini fluviali, e che i resti di queste culture marittime cominciano soltanto ora ad essere scoperti sotto le acque delle coste dell’India, dei Caraibi e di altre terre, risulta seriamente compromessa la tesi dell'origine esclusivamente siberiana della popolazione americana.
     
    Se le culture marittime e i viaggi oceanici risalgono a 10.000, 40.000, o addirittura 100.000 anni fa, nessuna parte del mondo è esente da passate colonizzazioni, o passati scambi culturali o commerciali. Questa considerazione sfida il concetto decisamente razzista che contrappone l’indigeno al nuovo arrivato.
     
    Perché è così importante? Perché è in gioco una questione di identità.
     
    Chi siamo? Da dove veniamo, dunque? Che cos'è un essere umano? Da dove provengono le nostre culture, o ciò che rimane del passato?
     
    Noi siamo un prodotto di razza, sangue e terra, o piuttosto di un processo molteplice di flussi e riflussi di migrazioni e rinascimenti culturali, di catastrofi umane e naturali?
     
    Vi è anche l'idea ortodossa prevalente che le civiltà siano sorte esclusivamente nelle culle rappresentate da poche valli fluviali, come quelle del Nilo, del Tigri e dell'Eufrate, dell'Indu, o dello Yangtze in Cina.
     
    A fronte di tutti questi casi, v'è evidenza che queste culle possano essere state sottoprodotti di civiltà marittime più antiche ed estese, sorte e cadute in congiunzione con altre immigrazioni e scambi culturali. Ciò indicherebbe un'origine della civiltà che è molto, molto più precoce, e più complessa, dell'idea delle culle di 5000 o 7000 anni orsono. Se sfidiamo l'origine esclusivamente siberiana dei popoli pre-colombiani, compromettiamo implicitamente l'ortodossia della teoria delle culle fluviali.
     
    In effetti, stiamo mettendo in discussione il presupposto che fa risalire la nostra identità storica all’antichità recente. Questo presupposto induce a credere in un'identità basata sulla razza, sul sangue e sulla terra, come primi determinanti della civiltà e della cultura, che è in assoluto lo strumento più utile per controllare il senso di identità, individuale e collettiva, di ciascuno.
     
    Così facendo, infatti, la verità dell'origine umana è subordinata alla necessità di una mitologia che genera l'identità. L'intero concetto dei Nativi Americani è un identità razzista e mitologica, intesa a giustificare un impero anglo-americano. La disciplina dell’antropologia fu inizialmente creata proprio allo scopo di promuovere tale mitologia in luogo di scienza. Purtroppo lo fa ancor oggi, in un crisi tra le più pericolose per la civiltà.
     

    I GIOVANI INDIANI

    I padri fondatori degli Stati Uniti erano versati nella cultura classica sia della Grecia antica, sia del Rinascimento dell'Europa moderna. Essi si concepivano come parte della storia universale: pensavano di compiere, con la creazione di questa Repubblica, il cammino per la liberazione del mondo del dominio delle oligarchie feudali e finanziarie, che in un modo o in un altro, avevano soggiogato il 95% della popolazione, alla stregua di schiavi, di individui subumani. Per attaccare questa cultura classica dei nostri padri fondatori, fu lanciato in Europa un movimento romantico. Tale Romanticismo è rappresentato al meglio nella letteratura inglese dall’opera di scrittori come Sir Walter Scott, promotori di un certo amore per il passato feudale e brutale. Un esempio per la lingua tedesca è dato da Richard Wagner, il quale promosse gli equivalenti miti teutonici di un barbarico passato, gli stessi miti che divennero il substrato culturale del Reich di Hitler.
     
    Poiché noi, in America, eravamo privi di precedenti feudali, quando questo movimento romantico si diffuse da queste parti, scelse gli Indiani come primo oggetto, i cowboy in un secondo tempo. Lewis Henry Morgan partecipò a questa operazione, proprio alla metà degli anni '40.
     
    Nel 1845, Morgan scrisse al principale studioso britannico degli indiani, William F. Stone, che aveva scritto «La vita e i tempi di Giubba Rossa» (un capo degli Irochesi):

    “Abbiamo bisogno da qualche parte nella nostra Repubblica, di un Ordine Indiano. Tale ordine avrebbe un campo di ricerca letteraria vasto e nuovo, l'età romantica del mondo occidentale. La vita degli Indiani suggerisce un ampio materiale per la filosofia, la poetica... e le generazioni distanti devono guardare al passato dell'Età Indiana per il le prime forme di linguaggio, le antichità, e il romanticismo dell'America. La natura e l'oggetto del nostro ordine è naturalmente nascosto al mondo”.

    Dalla prospettiva di Morgan, il romanticismo degli Indiani avrebbe dovuto essere preservato dalla contaminazione di qualsiasi cosa che potesse dare agli Indiani un progresso economico.
     
    La campagna per far nominare Lewis Henry Morgan capo dell'Ufficio degli Affari Indiani, durante il primo mandato del Presidente Lincoln, fallì. Poiché quell'Ufficio, in quel momento, era coinvolto in scandali di corruzione, Morgan condusse una campagna per riformarlo, e fece le seguente proposta a Lincoln, in una lettera datata 3 dicembre 1862:

    (1) Mettere l'Ufficio sotto il Dipartimento di Guerra.
     
    (2) Far cessare ogni appropriazione di terreni dell'Ovest, destinata ai programmi di agricoltura indiana, che interferisca con lo stile di vita degli Indiani, poiché gli Indiani delle Pianure dovrebbero essere allevatori, non agricoltori.
     
    (3) Raccogliere tutti gli Indiani in due luoghi, uno ad Ovest, l'altro nella parte orientale dello stato di New York.
     
    (4) Istituire controlli severi sui contatti tra gli Indiani e il mondo esterno, affidandoli a missionari designati, e impedire la circolazione monetaria tra gli Indiani.
     
    (5) Promuovere l'artigianato manuale degli indigeni, per promuovere un apprezzamento romantico della razza Indiana e della sua eredità.
     
     
    Non è una coincidenza che oggi un punto di vista simile sia comune presso molte persone che si reputano conoscitrici delle culture del Terzo Mondo. Da questo punto di vista, si crede che la salvaguardia delle popolazioni del Terzo Mondo nel loro stato di purezza culturale sia preferibile all'accesso all'industrializzazione. Questo punto di vista è una forma di Romanticismo, di cui il lavoro di Morgan sugli Indiani fu presto precursore.
     
    L'opera di Morgan combina la concezione razzista delle popolazioni indigene a quella romantica. Non è un paradosso: la cultura romantica rifiuta la scienza e la verità, preferendo ad esse la malia delle apparenze, la deificazione delle distinzioni, e la mistificazione dell'arbitrio. Alla romanticizzazione del Pellerossa, si accompagna la romanticizzazione del Cowboy.
     
    In origine, i Cowboy erano dei rei galeotti spediti ad Ovest, per risparmiare al governo le spese della carcerazione. In seguito, anche soldati secessionisti dislocati e divenuti fuorilegge migrarono ad Ovest dopo la Guerra Civile, per divenire Cowboy. Oggi è diventata molto popolare, nella nostra cultura, l'identità sintetica, anti-intellettuale, romantica e sempliciotta, del Cowboy. Questa identità, assieme al concetto di eredità dei pellerossa, assieme alla nostalgia della "causa persa" dei sudisti, rappresentano il principale prodotto americano di un movimento romantico lanciato in Europa, per distruggere l'identità creativa e prometeica dell'America, e la cultura classica dei nostri padri fondatori.

    LA NATURA DELL'UOMO, DELLA SCHIAVITU' E DELL'AMBIENTALISMO

    Al centro dell'antropologia è dunque la questione: che cosa è un essere umano?
     
    Che cosa rende differenti gli esseri umani dagli animali? Perché gli esseri umani sono capaci di stabilire, attraverso la scienza e la cultura, una popolazione di più di 6 miliardi di individui, su questo pianeta? Dopo il 1860, si accese un profondo dibattito politico e filosofico, non soltanto sullo schiavismo in quanto tale, bensì sulla più profonda questione dietro la tratta degli schiavi: qual è la natura essenziale dell'essere umano?
     
    Se non v'è differenza fondamentale tra la specie umana e le specie animali, allora ad un livello più profondo, poiché le differenze tra il comportamento animale e le capacità umane sono considerate innate (diremo in seguito genetiche), anche le differenze a questo riguardo tra gli individui umani e i gruppi sociali (società) possono essere considerate innate, o genetiche.
     
    Non si può dire “non c’è alcuna differenza fondamentale tra gli esseri umani e gli animali” senza mantenere al contempo una concezione razzista della casualità delle distinzioni tra gli individui e le società. La negazione dell'assoluta distinzione tra gli esseri umani e gli animali fornisce una radice assiomatica più profonda alla prospettiva razzista.
     
    Questa visione giustificherà sempre la schiavizzazione di un popolo da parte di un altro, sulla base dei loro differenti tratti inerenti.
     
    La radice filosofica di questa visione è profondamente innestata nella tradizione filosofica empirista e positivista, che divenne dominante in tempi moderni. Si potrebbe dire che l'Antropologia Culturale è uno dei sottoprodotti di questa tradizione. L'empirista e il positivista logico non possono distinguere i processi creativi della mente umana, dagli istinti dei bruti. Il Presidente Lincoln affrontò questo tema nel suo comizio preferito durante la campagna elettorale del 1860, "Sulle Scoperte e le Invenzioni":
     

    “Tutte le creazioni sono miniere, ed ogni uomo è un minatore. L'intero pianeta, e tutto ciò che è in esso, su di esso e intorno ad esso, l'uomo stesso incluso, nella sua natura fisica, morale e intellettuale, e le sue suscettibilità, sono i punti di partenza indefinitamente vari da cui l'uomo, dall'inizio, scoprì scavando il suo destino. In principio, la miniera era chiusa, e il minatore se ne stava nudo, e senza conoscenze, sopra di essa. Pesci, uccelli, bestie in genere, o insetti, non sono minatori, ma soltanto prede e inquilini.
     
    "I castori costruiscono case; ma non le costruiscono in modo differente, né migliore, di come le costruivano cinquemila anni fa.
     
    "Formiche e api da miele raccolgono il cibo per l'inverno; ma lo fanno nello stesso modo in cui Salomone le ricordò al fannullone, come campioni di prudenza. L'uomo non è l'unico animale che lavora; ma è l'unico che migliori il suo modo di operare.
     
    "Tale miglioramento è reso possibile dalle Scoperte e dalle Invenzioni.”
     

    Lewis Henry Morgan entrò in questo dibattito non solo contrapponendosi a Lincoln, ma anche elevando gli animali allo stato egualitario degli umani. Passò ogni estate dal 1855 al 1868, studiando il castoro nel Michigan settentrionale. Il suo libro, Il Castoro Americano, tese a provare che gli animali possiedono tutte le facoltà degli uomini, anche se in minor grado. Accusò coloro che condividevano la visione di Lincoln come colpevoli di un errato egoismo antropocentrico. Disse che avevano creato una frode nell'interpretazione delle razze umane, diffamando gli animali come esseri istintivi, piuttosto che dotati di una mente simile all'intelletto umano, se pur di grado inferiore.
     
    Morgan rispose all'idea espressa da Lincoln nel suddetto discorso, dicendo che la mancanza di miglioramenti materiali nelle generazioni successive di animali è il risultato del fatto che gli animali

    “generalmente non richiedono mezzi artificiali di promozione della propria felicità, né rispondono al principio di aggregazione allo stesso grado dell'uomo... Una scala di intelligenza dall'uomo all'animale infimo appare risultare naturale quanto la scala di intelligenza tra gli uomini fondata sulle loro differenti caratteristiche... Lo stesso principio intellettuale di pensiero pervade tutte le esistenze animate; creato dalla Divinità e conferito alle differenti specie in tali misure, quali alla Sua saggezza apparvero necessarie al destino e alla felicità di ciascuna”.

    Più tardi, alla fine degli anni '70, Lewis Henry Morgan succedette a Sylvester Morse, in qualità di Presidente dell'Associazione Americana per il Progresso delle Scienze. Da questa posizione, Morgan giocò un ruolo nel lancio di ciò che molto più tardi sarebbe diventato il complesso dei movimenti conservazionisti e ambientalisti. Morgan vedeva la salvaguardia dell'ambiente al pari della salvaguardia dei Pellerossa.

    IL NEWTON DELLE SCIENZE SOCIALI

    Nel 1871, Lewis Henry Morgan pubblicò un volume dal titolo Sistema di Consanguineità. Esso era il risultato di più di un decennio passato a raccogliere questionari, compilati e spediti da missionari e altri suoi collaboratori, su come le varie popolazioni designavano la loro parentela, le regole di governo, le relazioni tra discendenza e parentela, i matrimoni, ecc. Questi furono i primi studi di questo tipo, che diedero vita all'Antropologia Culturale.
     
    In prima istanza, Morgan non ebbe modo di creare una teoria evoluzionista generale a partire dai dati, così come aveva inizialmente pensato. Era sua intenzione, infatti, usare i dati per provare che gli indigeni pre-colombiani erano immigrati dalla Siberia, passando per l'Alaska. Aveva pensato che questa teoria sarebbe stata confermata dalla similitudine tra i modi in cui i discendenti degli indigeni pre-colombiani designavano la loro parentela, e dalla differenza con i modi in uso in Europa e in altre regioni. Tuttavia, ciò si rivelò impossibile, e Morgan impiegò altri 8 anni per rivedere e interpretare i dati alla bell’e meglio.
     
    Finalmente, il suo padre spirituale, il rev. Joshua McIlvane, professore di orientologia a Princeton, utilizzò delle citazioni di Aristotele per convincere Morgan ad adottare il punto di vista evoluzionista di John McLennan e del britannico Sir John Lubbock, le cui idee si rifacevano a quelle di Thomas Malthus, Charles Darwin e Thomas Huxley. Lo schema base dei due, che fu adottato da Morgan nonostante un grande battibecco con McLennan riguardo ad alcune di esse, è il seguente: la scarsità di cibo all'alba dell'umanità portò all'infanticidio delle femmine, il quale a sua volta portò alla scarsità di donne da marito, e una conseguente lotta per esse. Ciò, inoltre, portò alla poliandria, un sistema di condivisione di mogli da parte di una famiglia di fratelli.
     
    Lo schema, poi, prevede che in qualche modo vi sia stato un miglioramento rivoluzionario, foriero delle formazioni patriarcalibasate sulla poligamia, quali quelle del Vecchio Testamento. A questa, sarebbe seguita un'altra rivoluzione, quella della monogamia e della discendenza patrilineare della proprietà. Secondo la teoria, la monogamia associata a questa regolazione della trasmissione della proprietà, sarebbe la base dell'ascesa delle relazioni proprietarie moderne, cioè la spina dorsale del capitalismo.
     
    A questo schema, nel suo ultimo volume Società Antica, Morgan aggiunse l'ultimo stadio dello sviluppo: l'emergenza di un certo tipo di socialismo nel quale riemergerebbero le relazioni di condivisione della proprietà, forse anche nuove forme di condivisione delle mogli. Questa visione era un riverbero delle tesi del principale collaboratore di Karl Marx, Friedrich Engels, il quale scrisse un libro basato sull’opera di Morgan, dal titolo Le Origini della Famiglia, della Proprietà Privata, e dello Stato, alla Luce delle Ricerche di L.H.Morgan.
     
    Dopo la pubblicazione del suo libro Sistema di Consanguineità nel 1871, Morgan intraprese un viaggio ufficiale in Europa, dove incontrò Charles Darwin, Thomas Huxley e Herbert Spencer, e fu soprannominato il Newton delle Scienze Sociali. Non solo Friedrich Engels abbracciò le tesi di Lewis Henry Morgan, ma anche Daniel DeLeon, il capo del Partito Socialista d'America, fece del libro Società Antica la sua bibbia politica.

    ARCHEOLOGIA DEL NUOVO MONDO o LA CASA DI MONTEZUMA

    Nel XIX secolo, ferveva il dibattito su quale tipo di civiltà fosse esistita nelle Americhe prima di Colombo. Le cronache dei primi esploratori spagnoli sono preziose; esse descrivono centri urbani estesi sia nel Mesoamerica, sia sulle Ande. Lo storico Hubert Bancroft, una personalità molto influente e autore di celebri storie che hanno per protagonisti alcune popolazioni indigene, aveva grandemente attinto dai resoconti degli Spagnoli. Henry Adams scrisse a Lewis Henry Morgan del forte disturbo che questi iniziali resoconti avrebbero recato alla dottrina, se fossero stati presi seriamente, aggiungendo che bisognava fare qualcosa per impedirlo. Morgan rispose con una campagna contro l'uso da parte di Bancroft dei documenti di quei primi cronisti, asserendo che essi fossero il frutto esagerato di uomini piuttosto intenti a impressionare la corte di Spagna.
     
    Morgan asserì che tutte le razze indigene avessero un casta familiare, e che Montezuma fosse stato uno dei tanti sachems (o capi). Nell'articolo di Morgan La Casa di Montezuma, tentò di provare che Aztechi e altri non fossero diversi nel loro sviluppo fondamentale dagli indigeni incontrati negli Stati Uniti. In ciò e nella conquista del controllo dell'Archeologia del Nuovo Mondo, fu aiutato da un giovane immigrato dalla Svizzera, Adolph Bandelier, inizialmente incontrato nel 1873.
     
    Precedentemente, quale studente all'Università di Berna, Bandelier era stato influenzato dalle reti di Alexander von Humboldt nello studio della storia dell'America spagnola e delle lingue indigene. iconoscendogli una certa abilità e delle conoscenze, Morgan puntò a dimostrare con il suo aiuto l'eternità dello stato di primitivi, in cui versavano gli abitanti di tutte le Americhe. Benché Bandelier avesse timore della reputazione di Morgan, non poté approvare l’idea di quest'ultimo, secondo cui la civiltà non era mai esistita nel Nuovo Mondo fino all'arrivo degli Europei.
     
    Per ben sei anni, Bandelier mantenne i contatti con Morgan, sperando di essere riconosciuto dal Museo Peabody e veder pubblicate le sue opere. Nutriva molti dubbi in merito alla tesi di Morgan, ma cercando di sfuggire alle circostanze di una esistenza senza notorietà, fu gradualmente vinto dalla prospettiva di Morgan. Dopodiché, gli si aprirono molte porte, permettendogli all'età di 35 anni di condurre delle ricerche archeologiche nel Nuovo Messico, in Messico e in Perù. In quel periodo si mantenne leale all'interpretazione di Morgan, e sottovalutò il livello di sviluppo degli Americani pre-colombiani.

    DA LEWIS HENRY MORGAN A MARGARET MEAD

    Il legame tra Morgan e i più noti antropologi di oggi, come Margaret Mead, è quasi un legame diretto. Verso la fine della sua vita, Morgan ebbe il suo più grande collaboratore nella persona di Frederick Ward Putnam, il quale fu il curatore del Museo Peabody (nel Massachusetts) dal 1874 al 1909. Questo museo fu la fonte principale dei finanziamenti agli scavi archeologici e agli studi etnografici, ed è l'ente principale che promosse l'istituzione dell'insegnamento dell'Antropologia, nonostante le obiezioni della comunità accademica del tempo. Esso fu istituito grazie alla fortuna di Peabody, originariamente racimolata grazie al commercio dell'oppio, in collaborazione con la Compagnia delle Indie Orientali britannica (il ricco Peabody si stabilì a Londra, prima di lasciare tutta la sua eredità al suo collega in affari Junius Morgan, padre del finanziere J.P.Morgan).
     
    Nell'ultimo decennio della vita di Lewis Henry Morgan, Frederick Ward Putnam passò un mese all'anno soggiornando con Morgan nella sua casa, e fu uno dei suoi principali corrispondenti. Dal 1873 al 1898, Putnam fu anche il Segretario Permanente dell'Associazione Americana per il Progresso della Scienza, che più tardi, come già detto, fu presieduta da Morgan stesso.
     
    Alla fine del XIX secolo, Putnam riuscì a fondare nell'Università di Harvard il primo Dipartimento di Antropologia degli Stati Uniti. A quel tempo l'antropologia culturale non era considerata una scienza rigorosa, e ci fu molta opposizione alla sua istituzione in qualità di disciplina accademica. Successivamente, all'inizio del XX secolo, Putnam riuscì ad installare un Dipartimento di Etnologia presso il Museo Americano di Storia Naturale, nella città di New York.
     
    Non è una coincidenza che quel museo sia anche una delle principali istituzioni americane a promuovere la scienza razzista dell'eugenetica. Con l'aiuto di Putnam, da quel museo fu istituita una cattedra di antropologia alla Columbia University. Il medico svizzero Franz Boaz fu coinvolto proprio da Putnam, perché ricevesse l'incarico di questa cattedra. Franz Boaz (1858-1942) fu l'insegnante di Margaret Mead, Ruth Benedict, Melville J. Herskovits, Alfred Kroeber, e altri antropologi rinomati.
     
    Boaz fu colui che introdusse una delle idee egemoniche dell'antropologia culturale: il relativismo culturale. Semplicemente parlando, il relativismo culturale è l'idea che da un antropologo, una cultura non possa essere giudicata buona o malvagia, meglio o peggio sviluppata di altre. Ogni cultura, dunque, avrebbe i propri usi e può essere giudicata soltanto facendo riferimento a tali usi.
     
    Quindi, se il cannibalismo e l'infanticidio sono praticati da una data società, e per quest'ultima è giusto, l'antropologo non ha diritto di considerare queste pratiche come sbagliate o barbare, perché esse appartengono ad una cultura differente. In apparenza questa idea sembra mitigare il palese razzismo di Lewis Henry Morgan, ma resta ugualmente un concetto razzista, nella misura in cui relega gli individui di una comunità allo stato di membri di diverse aree tematiche di un grande giardino zoologico. Maggiore è il numero di aree tematiche che possono essere studiate, prima che esse siano contaminate economicamente e culturalmente dalla civiltà globale, e più accuratamente presupponiamo di imparare che cosa sia un essere umano. Tuttavia, queste culture primitive sotto studio, e spesso romanticizzate, sono generalmente semplici frammenti, o resti di civiltà più vaste, che un collasso ha dissolte.
     
    In verità, non esistono culture primitive. Questa è di per sé una concezione razzista. Se una società appare primitiva, è perché ha perduto molta della ricchezza culturale di cui una volta era stata dotata. Qualunque tipo di cultura sia incontrata e considerata primitiva, essa è un frammento di una finestra sul passato di una civiltà molto più sviluppata, o di un gruppo influenzato da un civiltà, ed essa periferico. Il massimo danno che la moderna antropologia culturale ha arrecato, è stato il divorzio tra la storia di un popolo e lo studio del popolo stesso.
     
    Ecco il punto di convergenza tra il razzismo e il romanticismo. Il fatto che una storia scritta o orale di una data società possa non esistere, o che una qualche conoscenza di tale storia possa non esistere, non significa che la stessa società non abbia storia.
     
    Per molti anni, il campione del relativismo culturale, Margaret Mead, lavorò per l'esercito americano, nell'addestrare dei corpi speciali alla controinsurrezione culturale. Il sommo risultato della Mead non fu il suo noto libro L'adolescenza in Samoa, nel quale afferma di aver scoperto la famosa istituzione della promiscuità sessuale prematrimoniale delle genti di Samoa (questa scoperta è davvero notevole, perché nessun abitante delle isole di Samoa ha mai saputo dell'esistenza di questa istituzione, e ogni successivo etnologo poté verificare che gli abitanti delle isole di Samoa sono tra i più puritani a questo riguardo). Il lavoro più influente di Margaret Mead fu quello scritto assieme al suo momentaneo marito, lo psicologo Gregory Bateson, nell'intento di creare il più grande movimento culturale controinsurrezionale della storia, la controcultura del “sesso, droga e rock and roll”. L'idea della Mead fu di privare un'intera generazione di qualunque consapevolezza storica, di qualunque connessione con il vasto passato universale e variopinto delle culture dei loro genitori e avi.
     
    Attraverso questa controcultura, l'individuo è indotto a collocare la propria identità, in maniera predominante, non nella storia ma in vari tipi di stati sensuali ed emotivi. L'intento è di creare un nuovo tipo di selvaggio, che viva semplicemente alla giornata, senza storia alle spalle. Forse possiamo dire che la nostra cultura "priva di futuro" sia in parte formata dall'antropologia culturale. Ugualmente possiamo dire di ciò che pensiamo di noi stessi, esseri umani.
     
    Così, la radice razzista dell'antropologia culturale è molto presente tra noi, oggi.
     
     
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    Paul Glumaz è un membro a tempo pieno del movimento politico di Lyndon LaRouche. Alla fine degli anni '60 e nei primi anni '70, studiò antropologia culturale alla Columbia University nella città di New York. Alla fine degli anni '70, poté accedere alle lettere private di Lewis Henry Morgan, a Rochester, N.Y.