ECONOMIA

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

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Le parabole di Amelia Boynton Robinson e il segreto del coraggio in politica.

Una “ lezione di leadership” di Amelia Boynton Robinson alla Statale di Milano

Il programma politico di Grillo è stato “dettato” dal principe Filippo d’Edimburgo

LaRouche a Roma: audizione al Senato (19.9.07)

Più Roosevelt, meno Padoa-Schioppa: il programma del Movimento Solidarietà

Incontro con LaRouche alla Camera dei Deputati (13.2.07)

La sinistra ha bisogno di una politica di reindustrializzazione

Un "New Deal" politico ed economico per l’intera regione mediorientale

Un programma rooseveltiano per uscire dalla crisi

Luci ed ombre del governo Prodi

Padoa-Schioppa, ministro dell’Impero

Gli esperti concordano: Moro fu ucciso da un'intelligence straniera

Alcune proposte programmatiche per uscire dalla crisi

Amelia Robinson a Roma: aiutate l’America a fermare questa guerra illegale

Libri – Amelia Robinson: "Un ponte sul Giordano"

Mozione per la Nuova Bretton Woods al parlamento italiano

Il tour di Amelia tra i giovani

Come difendere l’industria dalla bolla finanziaria

Come affrontare il problema del dumping cinese

Piano Tremonti: la sfida delle grandi infrastrutture

L’ultimo treno per le infrastrutture italiane

LaRouche a San Marino e alla Casa d'Europa di Milano - 24. 11. 2002

Amelia: presidente d'onore del Movimento Solidarietà

Amelia: da M. Luther King ai No Global

Happy Birthday Amelia!

Si sgretola Maastricht,
è l’ora della ricostruzione economica

Impostare una seria strategia di sviluppo

Discussa a Milano
la Nuova Bretton Woods

LaRouche all’istituto Italiano per l'Asia

LaRouche a Vicenza e Milano: luglio 2001

Amelia Robinson porta a Milano la lotta per i diritti civili

Ponte di Messina e le nuove vie della seta

No alle interferenze di Kissinger in Italia!

Ministro Toia alla tavola rotonda del Movimento Solidarietà

Alessandro Rossi:
la scuola del sistema americano in Italia

LaRouche ascoltato alla Camera dei Deputati

Roma: Lyndon LaRouche alla Sala del Cenacolo

Al parlamento italiano ed europeo iniziative per la nuova Bretton Woods

Caso Moro: verità e giustizia per riscattare il paese


  [ Solidarietà, anno XI n. 4, novembre 2003]

Come difendere l’industria dalla bolla finanziaria

Tra il 10 e il 12 ottobre LaRouche ha compiuto la seconda visita in Italia quest’anno, nel momento in cui il nostro paese è presidente dell’Unione Europea ed è impegnato a promuovere il Piano Tremonti per i grandi progetti infrastrutturali.
A Vicenza LaRouche ha spiegato il fenomeno Schwarzenegger affermando che c’è una fazione sinarchista della grande finanza che di fronte alla crisi terminale del sistema mondiale reagisce imponendo politiche che in situazioni normali sarebbero “inconcepibili” per la loro brutalità. Per questo la loro scelta è caduta su un “uomo bestia”, raccolto dagli schermi per portarlo nella vita reale, affidandogli il compito di intimidire la popolazione (in California ed altrove) affinché si sottometta alle stesse politiche economiche e sociali che Schacht promosse nel regime di Hitler.
Annunciando la visita di LaRouche e la sua partecipazione alla conferenza dell’ISIES, il Giornale di Vicenza ha scritto: “L’economista americano illustrerà le sue proposte di riorganizzazione del sistema finanziario internazionale e di ricostruzione dell’economia mondiale, note come ‘nuova Bretton Woods’ e ‘Ponte di sviluppo eurasiatico’.”
“Lyndon LaRouche è secondo solo all’ex governatore del Vermont, Howard Dean, nella lista dei candidati democratici americani con il maggior sostegno popolare. LaRouche rappresenta peraltro una corrente di pensiero avversa rispetto a quella che si riconosce in Dick Cheney. Fondatore di un movimento politico internazionale che lavora per porre fine alla crisi dell’economia produttiva in atto in Europa e negli Stati Uniti, LaRouche propone di abbandonare le politiche della società post-industriale, che hanno aperto le porte alla deregulation e al dominio della speculazione finanziaria sull’economia reale”.
A Milano LaRouche ha incontrato sostenitori ed amici, compresi i dirigenti del nascente movimento giovanile italiano, con cui ha dialogato per oltre tre ore rispondendo a numerose domande. Di seguito riportiamo alcuni stralci dei discorsi tenuti sia a Vicenza che a Milano.

Come affrontare il problema del dumping cinese
Occorre difendere le imprese italiane ma offrire contemporaneamente a Pechino cooperazione nello sviluppo del mercato interno

Dal discorso di Lyndon LaRouche alla conferenza internazionale dell’ISIES su «Information Technology for Development», Vicenza, 11 ottobre 2003.
(...)
Possiamo senz’altro dire che, per il mondo di oggi, la più grande opportunità di sviluppo si colloca nelle regioni dell’Asia dell’Est, del Sudest e del Sud. Queste regioni ospitano i centri più popolosi del mondo. Quest’opportunità è in primo luogo rappresentata dalla Cina, ma anche dall’India. Per la Germania, ad esempio, l’unico mercato ancora in espansione è quello cinese. E l’Italia partecipa in una certa misura ai benefici di tale sviluppo.
La Cina però ha un grande problema. La sua popolazione è stanziata prevalentemente nelle regioni costiere. La sua crescita fino ad ora è avvenuta vendendo sottocosto la forza lavoro di cui dispone, sui mercati internazionali: molto agli Stati Uniti, ma anche altrove. Ma sfruttare sottocosto la forza lavoro è come bruciare la popolazione: non si produce una popolazione economicamente sana. La Cina pensa di poterselo permettere perché dispone di una popolazione molto numerosa. I cinesi pensano: “bruciamo la popolazione con il lavoro sottocosto, ma non è un problema, faremo più cinesi!” La cosa, però, non è destinata a durare. Un crollo dell’economia USA, che si verificherà presto, comporterebbe un crollo di circa il 50% delle esportazioni cinesi negli USA.
Per fortuna in Cina c’è un’altra tendenza, più positiva. Una tendenza a lungo termine che prevede di spostare la popolazione dalle coste verso l’entroterra, riequilibrando il baricentro demografico del paese. Questo richiede una trasformazione dei territori interni, comprese le aree desertiche. Ciò può essere fatto, come ha deciso la Cina, solo realizzando i più grandi progetti infrastrutturali esistenti al mondo. Oltre alla Diga delle Tre Gole vi sono altri enormi progetti idraulici, come ad esempio quello di creare affluenti artificiali del Fiume Giallo che è povero di acqua. In pratica questo ha aperto un mercato del trasporto delle merci, dall’Europa, con l’alta velocità, attraverso la Russia ed il Kazakstan, nella Cina, in due direzioni: la via siberiana settentrionale e la vecchia Via della Seta al sud.
Affinché tutto ciò funzioni occorrono alcuni dei più grandi progetti infrastrutturali mai visti al mondo. Le categorie di infrastrutture più importanti sono tre: grandi progetti idraulici, tra cui la parziale deviazione del Fiume Ob verso l’Asia Centrale. Poi un vasto progetto di sviluppo dei trasporti, in primo luogo le ferrovie e in particolare quelle a levitazione magnetica. Di conseguenza occorre un grande progetto per la produzione e distribuzione di potenza elettrica. Questo significa costruire centrali nucleari, le più indicate delle quali sull’immediato sono quelle ad alta temperatura raffreddate a gas. Occorre inoltre realizzare un’estesa rete ferroviaria di notevole complessità, all’interno della Cina, un’impresa che i cinesi hanno già avviato. In altre parole, si tratta di un piano venticinquennale per trasformare l’interno della Cina, nei termini delle infrastrutture, per portare gradualmente la popolazione verso l’interno. Spostare la popolazione verso nuovi complessi urbanistici nell’interno e riqualificarla portandola a contatto con le nuove tecnologie e le nuove industrie. Per l’Italia, ad esempio, questo rappresenta una vasta possibilità per le imprese.
Per fare ciò occorre un nuovo sistema monetario: questo è imprescindibile. Ne ho parlato in altre occasioni, sappiamo che cosa occorre fare.
Ma ciò implica anche un cambiamento del modo di pensare, che riguarda anche l’Italia. Si consideri l’impresa industriale ed agricola in questa regione del Nordest. Occorre aumentare la capacità produttiva del lavoro soprattutto tenendo in prospettiva le nuove opportunità che si aprono sui mercati eurasiatici. Questo comporta un aumento dell’intensità del capitale. Occorre aumentare la capacità produttiva del lavoro attraverso le infrastrutture, che permettono un maggior rendimento delle industrie, perché si migliorano le infrastrutture su cui le industrie si reggono. Significa un incentivo particolare ai settori scientifici, perché occorre mantenere un vantaggio su questo terreno. Occorre inoltre aumentare l’intensità del capitale negli investimenti industriali in modo che possano assorbire proficuamente le nuove tecnologie.
Tutto questo in conclusione significa che occorre avere un nuovo sistema monetario che presenti alcune somiglianze di fondo con il sistema di Bretton Woods. I governi sono in grado di farlo, se sono abbastanza disperati per doverlo fare. Lo saranno presto. Questo significa tornare ad un sistema regolamentato, in cui si proteggono i prezzi dei beni in maniera tale da consentire all’imprenditore di investire nel capitale, senza temere che il suo capitale venga spazzato via da una politica di dumping, dall’inondamento dei mercati con prodotti sottocosto.

Da un seminario su “Nuova Bretton Woods e Ponte di sviluppo eurasiatico”.
Vicenza, 10 ottobre 2003

(...) l’Italia ha rapporti commerciali con la Cina, ma da parte cinese si tende a scaricare sul mercato italiano la produzione ottenuta da manodopera a basso costo, e questo minaccia l’esistenza dei produttori italiani. Come mai? Perché il sistema dell’Organizzazione del Commercio Mondiale conduce all’erosione ed alla distruzione del capitale fisico nei diversi paesi, spingendo i prezzi delle merci al di sotto dei livelli ai quali le imprese possono essere competitive e mantenere il proprio capitale.
A questo riguardo ci sono due problemi: i cinesi non ricevono un pagamento adeguato per quello che producono, perché ciò che fanno è spremere una larga fetta della forza lavoro in attività a scarso contenuto tecnologico. La gente viene sfruttata come se fosse carta da bruciare. Se Italia cercasse di competere finirebbe per distruggere la propria economia. Quindi, pur augurando buona fortuna ai cinesi, occorre proteggere la nostra industria, perché anche per loro non è un vantaggio, sul lungo termine, se l’Italia soccombe. Il problema è che non capiscono l’economia! Di conseguenza, la cosa da fare, in primo luogo, da parte nostra, è capire bene l’economia, comprendere i fattori del capitale. La società dei consumi non capisce proprio questa questione dei fattori del capitale, perché la sua mentalità tipica è quella che si chiede: “Come faccio ad ottenere al prezzo più basso possibile la cena di stasera?” Questa è una mentalità proprio stupida. È stupida perché se intendiamo aumentare i livelli di vita della popolazione italiana occorre aumentare i fattori del capitale.
Occorre immettere abbastanza capitale nel sistema, altrimenti il Mezzogiorno diventerà una voragine di povertà. Se la popolazione viene impoverita e la regione in cui vive viene depressa, si provoca un crisi grave per il futuro. Dobbiamo tener conto del fatto che il piccolo produttore, in particolare il coltivatore diretto o il piccolo imprenditore, non dispone del potere politico per potersi difendere da questo pericolo. Un’economia veramente sana non vuole che le grandi società per azioni abbiano troppo peso. Il motivo è che l’azionista spesso vuole soltanto dividendi per le sue azioni e non ne vuol sapere di come vanno le cose nell’impresa. Invece c’è bisogno di veri imprenditori che stanno lì per far funzionare le cose. Per questo occorre ristrutturare la società in maniera tale per cui i veri imprenditori siano protetti dalle società per azioni. Questo implica che il governo dev’essere capace di capire i fattori del capitale. Questi fattori si estendono per 25-50 anni. È come avere un bambino, che deve crescere in un sistema educativo adeguato e deve disporre di buone opportunità: a quale età questo bambino sarà diventato un professionista? A 25 anni. E che arco di vita hanno fattori del capitale di prima grandezza, come centrali di potenza e reti di distribuzione elettrica? Anche in questo caso è un quarto di secolo. Il ciclo del capitale, molto approssimativamente, è di una generazione. Per i sistemi di distribuzione idrica il ciclo è di due generazioni: 50 anni. Il rinnovo delle macchine utensili è un ciclo di 5-15 anni. Occorre dunque pensare, se ci preoccupiamo della società e del benessere dei nostri figli, almeno ad un arco di due generazioni. La pianificazione non va fatta come facevano i sovietici. Nella pianificazione occorre creare le condizioni in cui la gente avrà l’opportunità di riuscire. Ciò che invece è stato fatto, il grande cambiamento avvenuto negli ultimi 40 anni, è abbandonare l’idea di una società orientata verso la produzione, e adottare una società orientata al consumo, specialmente nelle Americhe e in Europa. Siamo diventati come Roma dopo la Seconda Guerra Punica: un’attività di saccheggio nel resto del mondo, e goditi l’oggi, dai alla gente il pane e gli spettacoli del Colosseo.
Quello di cui c’è invece bisogno è rendere il paese forte. Tutti i paesi debbono diventare forti, soprattutto capendo bene i fattori economici, come quelli del capitale. Occorre fare ciò che fu fatto, approssimativamente, nel dopoguerra: occorre un sistema di cambi fissi, un sistema garantito dalle riserve auree, un sistema di tariffe e regole commerciali, occorre una politica di concorrenza leale, capace cioè di proteggere i fattori del capitale delle piccole imprese, e occorre prestare sempre più attenzione ai tassi di capitale nell’economia, occorre che la scienza diventi il fattore trainante, e occorre una politica per l’adozione delle nuove tecnologie, la cui capitalizzazione va ad aggiungersi a quella delle tecnologie esistenti. Ad esempio, pensiamo di avere un ciclo tecnologico in cui ogni cinque anni c’è un apporto significativo di nuova tecnologia nella produzione, e si dispone di investimenti di capitale che hanno un ciclo di 25 anni – composti da macchine utensili o altri investimenti capitali. Aggiungendo nuove tecnologie, e al tempo stesso usando quelle del ciclo di 25 anni, si aumenta la tecnologia combinata di tutti i cicli.
Questo significa che occorre un sistema scolastico che prepari la gente ad essere all’altezza di questo rinnovo continuo. Non ci si limita solo alla scuola, la gente deve essere in grado di aggiornarsi continuamente. È una cosa che abbiamo già fatto nel dopoguerra con la ricostruzione. Non fu un sistema perfetto, nient’affatto, ma la direzione presa allora era quella giusta, ed è proprio questa direzione che abbiamo perso. Non si tratta quindi di qualcosa di molto originale, ma di una reinterpretazione ex novo di ciò che abbiamo saputo fare in passato.
(...)
Faremmo anche bene a cercare di fare qualcosa di più che il semplice ricopiare l’esperienza passata; occorrono orizzonti nuovi ai quali penso da qualche tempo. L’Europa ha una capacità tecnologica, sia nella popolazione che nelle strutture produttive esistenti, che è molto utile per le diverse regioni asiatiche – Est, Sud e Sudest – che oggi sono i mercati più popolosi del mondo. Da una parte occorre sviluppare queste esportazioni. Non si tratta di esportare principalmente prodotti finiti, ma bisogna dare enfasi al technology sharing [condividere la tecnologia].
Nelle discussioni che ho avuto qui nel Nord Italia emerge come in Cina vi siano molte opportunità per la piccola e media impresa di ottenere i permessi per aprire gli stabilimenti in Cina e iniziare a produrre in cooperazione con lo stato. Questo vale soprattutto per le regioni dell’interno, dove si cerca di creare nuove città. Ma il problema in Italia è che queste imprese sono di modeste dimensioni ed hanno quindi difficoltà a fare gli investimenti in quelle regioni. È un problema che abbiamo già discusso mesi fa, proprio qui, e ritengo che il governo italiano e le amministrazioni regionali debbano riconoscere come propria la responsabilità di promuovere queste iniziative. Ancora più importante sarebbe che, in coordinazione con il governo, le associazioni private cooperino tra loro per definire il modo migliore per realizzare questa prospettiva, per consigliare i passi migliori da fare, ecc., cose che il governo non considera prioritarie. Il vantaggio delle piccole imprese che hanno un buon livello tecnologico, è quello di offrire il technology sharing invece del prodotto finito. Ovvero di produrre delle merci per il mercato mondiale con il technology sharing.


Da un incontro con sostenitori a Milano, 12 Ottobre 2003

(...)
L’Italia dipende molto dalle attività imprenditoriali del nordest, nell’industria e nell’agricoltura. In questa regione ora si percepisce una crisi perché molte grandi industrie se ne sono andate. Restano i piccoli e medi imprenditori, che sono alle prese con problemi speciali. Una ripresa reale in Italia dipende molto da ciò che il paese può fare per questi imprenditori.
Questi imprenditori esportano in altre parti del mondo o sono impegnati in accordi di technology sharing in altri paesi. La Cina rappresenta uno dei mercati più promettenti, ma al tempo stesso i cinesi scaricano esportazioni sottocosto sul mercato del Nordest, minacciando così l’esistenza stessa di molte industrie. (...)
Ma è fondamentale proteggere questi imprenditori. In che modo? Bisogna fare ricorso al principio del “vantaggio dell’altro”, che è la chiave di volta del Trattato di Westfalia del 1648 [che concluse la sanguinosa Guerra dei Trent’anni e con essa le guerre di religione. Ndr]. La realtà è che sia la Cina sia l’Italia hanno bisogno di proteggere la propria industria. Allora, perché non concordare insieme una politica protezionistica? Così il conflitto si elimina tenendo sempre nel dovuto conto quello che è “il vantaggio dell’altro”. Il conflitto si genera quando si comincia col dire: “Noi dobbiamo difendere i nostri interessi!” E l’altro risponde “Ma noi dobbiamo difendere i nostri interessi!”. Ecco, questo è un conflitto secondo i canoni di Locke e Hobbes, come lo furono le guerre di religione: noi dobbiamo difendere la nostra religione. Perché non cercare di stabilire un modello nuovo? una seconda conferenza d’Assisi, in cui procedere dal principio del “vantaggio dell’altro” e poi definire su tale base l’interesse comune: il nostro nemico è il sistema liberoscambista.
Pertanto questo richiede un sistema di governo, tra i governi, in cui le azioni congiunte dei governi mirino alla promozione dell’“interesse comune reciproco” come prescrive il Trattato di Westfalia. Non cercare solo di controllare il conflitto ma ricercare uno scopo che ci accomuna.

In questa visita LaRouche ha anche trattato un tema economico della formazione di capitale.