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Pelosi, Rangel, manifestazione per difendere la Social Security

I parlamentari a Capitol Hill. Al microfono l'on. Nancy Pelosi. Al centro, in primo piano, il sen. Harry Raid. Il primo a destra, in secondo piano, è l'on. Charles Rangel.

 

“Sono un democratico nella tradizione di Roosevelt e me ne vanto!”

Uno spettacolo forse unico: 125 deputati e senatori americani alla testa di una manifestazione di 3500 persone che si è tenuta di fronte a Capitol Hill a Washington il 26 aprile per sottoscrivere la Dichiarazione unitaria per proteggere la Social Security e impedire la privatizzazione. Il primo a prendere la parola è stato il sen. Dick Durbin: "Sono un democratico nella tradizione di F.D. Roosevelt e me ne vanto!", ha detto.
Il contingente del movimento giovanile di LaRouche, LYM, ha distribuito a tappeto una pubblicazione intitolata "Ricreare la nostra economia". Quattro mesi fa Lyndon LaRouche affermò che la privatizzazione della Social Security sarebbe diventata l'argomento centrale di lotta del Partito Democratico. Due mesi dopo, visto l'attivismo dei giovani del LYM, alcuni parlamentari democratici hanno cominciato a muoversi. Il primo passo fu la partecipazione alla manifestazione di un centinaio di persone sulla scalinata di Capitol Hill, preoccupate per la campagna di propaganda lanciata da George W. Bush per la privatizzazione delle pensioni.
Alla manifestazione del 26 aprile sono intervenuti i senatori Harry Reid, Barak Obama, Charles Schumer, Kent Conrad e il già menzionato Durbin, e, tra i 20 esponenti della Camera dei Rappresentanti, Nancy Pelosi, capogruppo democratico, e Charles Rangel, che hanno parlato alla folla. Rangel ha affermato senza mezzi termini che se il Congresso permette che si privatizzi il sistema previdenziale, "il solo vincitore sarà Wall Street". Obama ha bollato come "darwinisti sociali" i fautori della privatizzazione che lo stesso giorno hanno parlato alle udienze della Commissione finanze del Senato. Pelosi ha definito la Social Security un "territorio sacro", ed ha raccontato di un vecchio incontrato alla cerimonia dei sessant'anni dalla scomparsa di F.D. Roosevelt. "Lo ha conosciuto?", gli ha chiesto. "No, ma lui conosceva me", ha risposto argutamente il vecchio, intendendo dire che Roosevelt si preoccupò davvero del futuro di ogni americano.
La manifestazione del 26 aprile è stata indetta per protestare contro le udienze del Senato sulla privatizzazione. Di fronte alla energica opposizione di ciascun senatore democratico e persino di qualche repubblicano come la sen. Olympia Snowe, il presidente della Commissione Finanze, il repubblicano Charles Grassley, ha deciso una linea dura chiamando a deporre gli elementi più fanatici che sostengono la privatizzazione della Social Security. Grassley si è anche lasciato andare in escandescenze contro i democratici perché hanno deciso di non negoziare finché la questione dei "conti privati", cioè le polizze assicurative private, non sarà eliminata in blocco dall'ordine del giorno.
Dal canto loro, i democratici in commissione hanno giocato di contropiede, spiegando fin nei dettagli come la previsione della insolvibilità del fondo pensionistico pubblico sia infondata, e che se la crescita economica si attesterà intorno al 3,4% l'anno, per la Social Security non si presenterà alcun problema di solvibilità a tempo indefinito. Hanno inoltre spiegato, citando fonti dirette di Wall Street, che per pagare pensioni più alte rispetto a quelle della Social Security, le finanziarie di Wall Street dovrebbero contare su una crescita delle azioni del 10,9% annuo protratta nei decenni, mentre è assodato che i "costi di transizione" ammonterebbero comunque a migliaia di miliardi di nuovo debito pubblico.

I repubblicani che disertano Bush

Lo stesso 26 aprile è stata approvata, con 348 voti contro 72, una mozione della Camera dei Rappresentanti contro il taglio del programma di assistenza sanitaria Medicaid, di cui usufruiscono i poveri.
Sebbene non sia vincolante, la mozione chiede che si elimino le misure precedenti approvate alla Camera per tagliare dai 16 ai 20 milioni di dollari in due anni dal programma. La mozione propone inoltre la creazione di una commissione per approfondire lo studio di riforma del programma. C'è da notare che un largo contingente della maggioranza repubblicana ha votato a favore della mozione.
Già a marzo una maggioranza bipartisan del Senato aveva respinto proposte di tagli al Medicaid per il 2006 e, di nuovo, il 13 aprile, 44 parlamentari repubblicani avevano sottoscritto una petizione al presidente della Commissione bilancio chiedendo che non si effettuino tagli.
Questo dissenso repubblicano si estende anche ad altre aree della politica di Bush: le pensioni, il futuro del sistema ferroviario Amtrak e la candidatura di John Bolton ad ambasciatore presso l'ONU (Bolton è il funzionario del dipartimento di Stato responsabile per i negoziati sugli armamenti che ha sistematicamente inventato le minacce degli arsenali di Iraq, Nord Corea, Siria, Cuba, ecc.). Infine, con 406 voti contro 20, cioè con un vasto consenso bipartisan, la Camera ha abrogato degli emendamenti alle regole etiche per i parlamentari che erano stati approvati per direttissima a gennaio, con lo scopo evidente di proteggere il capogruppo della Camera, il repubblicano Tom DeLay, da varie accuse di corruzione.

Rappresaglie

Di fronte alle diserzioni di alcuni repubblicani e alla compatta opposizione democratica, Bush ha deciso di caricare a testa bassa. Il 28 aprile ha dato una conferenza stampa, cosa decisamente insolita, per annunciare di essere più determinato che mai a privatizzare la Social Security, a mandare Bolton all'ONU e ad andare fino in fondo in qualsiasi iniziativa osteggiata dal Congresso. Gran parte delle emittenti televisive che stavano trasmettendo in diretta la conferenza stampa hanno però deciso di staccargli la spina molto prima della conclusione.
L'EIR intanto ha appreso che alla Casa Bianca è in corso una "riorganizzazione", che si traduce in pratica in un maggior controllo diretto del vice presidente Dick Cheney su qualsiasi iniziativa politica, mentre il ruolo del kapò che impone la disciplina al Partito Repubblicano è passato a Karl Rove, il principale consigliere di Bush.
Il capogruppo repubblicano al Senato Bill Frist avrebbe cercato di convicere il suo omologo democratico Harry Raid ad un accordo per cambiare le regole parlamentari: l'eliminazione della Filibuster affinché tutto sia deciso con una maggioranza semplice (vedi lo Strategic Alert dell'EIR N. 10 e 12). Karl Rove sarebbe però intervenuto per vietare a Frist di procedere con i suoi maneggi. Rove poi avrebbe strigliato tre esponenti repubblicani della Commissione Esteri del Senato che sono contrari alla nomina di Bolton. Contro uno di essi, Voinovich, è già partita una campagna massmediale dei gruppi della destra che lo bollano come "traditore" perché non conferma la nomina di Bolton. Rove avrebbe poi minacciato altri repubblicani con il "trattamento Voinovich" se non si mettono in riga.
Mentre Bush, Cheney e Rove credono di poter usare le maniere forti facendo affidamento solo sui fanatici religiosi che li hanno rieletti, i parlamentari repubblicani votati da un elettorato moderato sanno che le loro prospettive elettorali, sia per il rinnovo parziale delle camere nel 2006 che per le presidenziali del 2008, diventano sempre più nere. La prepotenza di Bush non fa che sospingere questi politici verso accordi con la controparte democratica.


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