ECONOMIA

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

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La Nuova Bretton Woods in breve

Helga Zepp-LaRouche rilancia l'appello per una commissione ad hoc per la Nuova Bretton Woods (maggio 2006)

L’America Latina propone la Nuova Bretton Woods all’Assemblea Generale dell’ONU

Adesioni da tutto il mondo al Comitato ad hoc per la Nuova Bretton Woods (maggio 2005)

La Camera dei Deputati approva la mozione per la nuova Bretton Woods (6 aprile 2005)

Dibatto alla Camera sulla nuova Bretton Woods (marzo-aprile 2005)

Mozioni parlamentari all’inizio del 2004

Mozione Peterlini al Senato per la Nuova Bretton Woods 

Unanimità del parlamento italiano per la Nuova Bretton Woods

Il testo della risoluzione

Prime reazioni internazionali

Nuovo appello per un Comitato ad hoc per la Nuova Bretton Woods

I grandi passi della Nuova Bretton Woods

Eneas Carneiro al parlamento brasiliano stravince con il programma di LaRouche

LaRouche negli Emirati Arabi e a São Paulo

Senatori italiani : risolvere la crisi argentina con la Nuova Bretton Woods

Crollano i mercati finanziari torniamo a BrettonWoods!

Commercio senza valuta ma con un paniere di merci

Comitato ad Hoc per una nuovaBretton Woods

A Chiang Mai il primo polo della sopravvivenza

 
 
[Solidarietà, anno VIII n. 2, giugno 2000]


A Chiang Mai la prima pietra del Fondo Monetario Asiatico

In occasione dell’annuale conferenza della Asian Development Bank (ADB) tenutasi a Chiang Mai in Thailandia il 5-7 maggio, i ministri finanziari ed i governatori delle banche centrali dei 10 paesi membri dell’ASEAN più Giappone, Cina e Corea del Sud, hanno deciso di dar vita a una cooperazione monetaria, che, stando alle fonti giapponesi, dovrebbe diventare il nucleo di un Fondo Monetario Asiatico (FMA). I partecipanti all’iniziativa di Chiang Mai hanno deciso di raccogliere in un unico fondo le rispettive riserve valutarie che possono essere attinte da ciascuna delle banche centrali attraverso accordi di swap. Il meccanismo potrebbe essere attivato in particolare quando si presenta un assalto internazionale concertato contro una delle monete dei paesi partecipanti, ma si presta bene anche a risolvere problemi di pagamento a breve termine.

Il 10 maggio un ex funzionario del ministero delle Finanze giapponese, attualmente collaboratore dell’ex vice ministro delle Finanze Eisuke Sakakibara, ha detto all’EIR: "L’iniziativa di Chiang Mai è un notevole passo avanti che denota un significativo cambiamento del modo di intendere le cose in Asia. Si trasformerà in un Fondo Monetario Asiatico. Costituirà un grande cambiamento ed un passo in avanti tanto importante e anche tanto necessario. Se il Giappone e la Cina collaborano nessuno può frenare quest’iniziativa". L’esperto nipponico ha quindi sottolineato come il ministro del Tesoro USA Larry Summer abbia "rovinato" la costituzione del Fondo Monetario Asiatico nel 1997, quando fu proposto per la prima volta da Sakakibara. Adesso però "il sentimento in Asia e nel resto del mondo è cambiato completamente", per cui Summers non riuscrà a bloccare l’iniziativa di Chiang Mai e la costituzione del FMA. Il Giappone e la Cina, ha continuato l’esperto, sono pronti a usare le loro riserve, rispettivamente 338 e 200 miliardi di dollari, per "non consentire che queste crisi tornino nuovamente a colpire il benessere delle nostre nazioni".

L’iniziativa di Chiang Mai si verifica in un momento in cui la bolla finanziaria negli USA dipende sempre più disperatamente dall’afflusso di denaro dall’estero — soprattutto dall’Europa e dall’Asia. Per questo motivo Summers ed i suoi hanno orchestrato nel corso delle settimane scorse la sistematica crisi dell’euro. Ed infine, nei giorni successivi all’annuncio dell’iniziativa di Chiang Mai, le principali monete asiatiche sono state poste sotto pressione con liquidazioni, mentre improvvisamente il Nikkei ed altri indici delle borse asiatiche hanno registrato gravi perdite! Nel periodo successivo a tale iniziativa, Summer e Wall Street hanno fatto l’impossibile per deprimere i titoli e le monete asiatiche, costringendo il denaro a fluire ancora negli USA, indicando in tal modo il disappunto di Wall Street per l’iniziativa asiatica.

Dall’Asia un invito agli USA affinché ritornino alla ragione

La seguente dichiarazione sull'iniziativa di Chiang Mai è stata rilasciata dal fondatore dell'EIR, Lyndon LaRouche, il 16 maggio:

È documentabile come io mi sia espresso a favore della costituzione di un Fondo Monetario Asiatico (FMA) almeno dalla fine del 1997. Non ho mai rinunciato a tale prospettiva e oggi la sostengo con più impegno che mai. Attualmente, specialmente alla luce delle deliberazioni prese a Chiang Mai dai paesi dell'ASEAN insieme a Cina, Giappone e Corea del Sud, un'opposizione del governo statunitense al FMA sarebbe ritenuta davvero mostruosa.

Riguardo al FMA, le osservazioni più urgenti da fare sono le seguenti.

1. La bancarotta ormai senza speranza del sistema finanziario mondiale, insieme al Fondo Monetario Internazionale nella sua forma attuale, è aggravata dallo sforzo di ambienti, come quello del ministro del Tesoro USA Larry Summers e del Presidente della Federal Reserve Greenspan, di gestire la crisi a breve termine esponendo il sistema mondiale ad un rischio sempre più acuto di implosione, provocata da una reazione a catena, o a quello di una successione di esplosioni iperinflative come quella che si verificò in Germania tra il marzo e l'ottobre del 1923. Il tentativo da parte statunitense di negare questi fatti costituisce una delle follie peggiori degli ultimi cent'anni.

2. Le iniziative di Summers, Greenspan e altri equivalgono ad afferrare alla gola i partners trilaterali, cioè l'Europa ed il Giappone, minacciando i loro interessi vitali. I focolai strategici si moltiplicano rapidamente in tutto il mondo, soprattutto come risultato dell'attuale impostazione politica anglo-americana, e in particolare degli USA.

3. Il rischio di spronfondare in una nuova epoca buia, protratta per decenni, paragonabile a quella del XIV secolo in Europa, non può essere evitato a meno che non si affermi adesso una iniziativa politica, come quella di Franklin D. Roosevelt, per fondare immediatamente un nuovo sistema monetario modellato sugli aspetti centrali di quello di Bretton Woods, così come questo regolò i rapporti tra USA ed Europa occidentale nel periodo che va dal 1945 al 1958.

4. Anni di tempo e di impegno preziosi da dedicare alla preparazione ed allo sviluppo dell'alternativa sono andati perduti. In queste circostanze, la proposta di costituire un Fondo Monetario Asiatico tra i paesi dell'ASEAN più Cina, Giappone e Corea del Sud è un nuovo ed indispensabile elemento verso la costruzione di un nuovo sistema monetario sul modello di Bretton Woods che deve emergere ora come unica alternativa alla peggiore catastrofe finanziaria e monetaria che il pianeta abbia sofferto nell'arco d'un secolo.

5. L'unico tipo di sistema monetario che potrebbe mettere in grado le nazioni di affrontare la crisi globale in corso si articola su questi punti principali:

a) Ristabilire il principio della completa sovranità degli Stati Nazionali.

b) Adozione di misure protezionistiche tariffarie per il commercio, e di cooperazione monetaria, finanziaria ed economica simili alle misure che consentirono tra il 1945 ed il 1958 la ripresa e lo sviluppo economico congiunti degli USA e dell'Europa occidentale.

c) Una politica che favorisca l'impiego del credito statale a lungo termine e a tassi d'interessi minimi, diretto a sostenere la produzione dei beni capitali per l'aumento delle capacità produttive fisiche del lavoro, pro capite e per chilometro quadrato, specialmente nel settore in via di sviluppo. Questo rappresenta il fulcro di interessi comuni tra quelle nazioni che in passato sono state esportatrici di tecnologia verso le nazioni del cosiddetto settore in via di sviluppo.

6. Il potenziale rappresentato dalla cooperazione dell’ASEAN con Cina, Giappone e Corea del Sud, attraverso il FMA, si rivela come uno dei diversi elementi regionali adeguati a promuovere una ripresa economica globale e la crescita in un nuovo sistema monetario:

a) Il Giappone è la tipica nazione la cui capacità di garantire le proprie importazioni, soprattutto di materie prime, sia per il fabbisogno della popolazione che per le attività economiche, dipende da mercati a lungo termine in cui esportare alta tecnologia, beni capitali fisici, soprattutto nel settore in via di sviluppo. L’ASEAN, insieme a Cina, Giappone e Corea del Sud, rappresenta un meccanismo naturale di cooperazione sia per la difesa comune del valore delle monete che per la facilitazione degli investimenti a lungo termine nello sviluppo di beni capitali fisici da cui dipende il benessere delle stesse nazioni dell’ASEAN.

b) In condizioni di crisi come quelle attuali, la politica deve porre l’accento sui comuni interessi a lungo termine tra partner commerciali, contrariamente alla politica opportunistica del giorno per giorno o ad altre impostazioni politiche preesistenti. Solo nel vero interesse a lungo termine del bene reale comune tra partner commerciali o cofirmatari dell’accordo è possibile stabilire le scelte di indirizzi politici e le alleanze che meritano di essere definite assennate.

Mi rendo conto che per il momento la maggior parte degli ambienti politici statunitensi ha rimandato la decisione di recuperare un minimo di senno ad un periodo successivo alla Convention del Partito Democratico ad agosto, o anche a dopo le elezioni generali di novembre. A proposito di illusioni di questo tipo occorre sottolineare il vecchio aforisma: "L’uomo propone ma Dio dispone". Il sostegno alle risoluzioni dell’ASEAN più Cina, Giappone e Corea del Sud per il Fondo Monetario Asiatico rappresenterebbe un segno di speranza per un urgentissimo recupero di razionalità da parte degli USA.

I poli di cooperazione regionale

Il rapido costituirsi dei blocchi regionali, come auspicati qui sopra da LaRouche, sta trasformando il panorama politico non solo in Asia, ma anche in Africa, in America Latina, in Asia, nel Medio Oriente ed altrove. Un aspetto incoraggiante di questo emergere di "poli di sopravvivenza" è che vi aderiscono nazioni che fino ad oggi sono state emarginate, se non addirittura "cancellate" dalla cartina strategica mondiale.

Non si tratta solo di una reazione all'arroganza sfoggiata da figure come il segretario al Tesoro USA Larry Summers e il segretario di Stato USA Madeline Albright, che cercano di mettere tutti in riga facendo la voce grossa; l'aspetto significativo è che i leader dei "poli di sopravvivenza" hanno cominciato a parlare apertamente delle seguenti questioni reali:

1. Un disastro finanziario è alle porte e colpirà l'intero sistema al cuore: la bolla finanziaria USA.

2. Il Palazzo anglo-americano ha deciso di violare senza remore di sorta gli interessi vitali di altre nazioni pur di tenere in piedi il proprio sistema fallito.

3. Gli accordi regionali per fare argine agli effetti del crac sistemico sono tanto indispensabili per le nazioni del settore in via di sviluppo quanto per l'Europa ed il Giappone.

4. La fine del fantomatico "miracolo economico" USA -- in realtà una piramide speculativa di dimensioni globali -- avrà un effetto decisivo sulla posizione egemone del Palazzo anglo-americano.

Nella forma più esplicita, questi temi sono stati sollevati dall'ex vice ministro delle Finanze giapponese Eisuke Sakakibara, il personaggio che ha maggiormente influenzato gli accordi di Chiang Mai (si veda in seguito). Un "club della sopravvivenza" è diventato decisamente più fattibile a seguito del salto qualitativo verificatosi nei rapporti tra le due Coree, che hanno reso la regione meno vulnerabile a tattiche di destabilizzazione, come pure a seguito di una parallela svolta nella politica governativa cinese a favore di un rapporto effettivamente strategico con il Giappone e con altri paesi asiatici, rinunciando alla precedente impostazione di apertura quasi esclusiva verso gli USA.

 

Sakakibara parla chiaro...

In un discorso e in un'intervista al quotidiano tailandese La nazione, nel contesto dell'incontro "Asean più tre" avvenuto all'inizio di maggio a Chiang Mai, l'ex viceministro giapponese Sakakibara ha detto che "le nazioni si accrescono e decadono e l'egemonia americana non è in alcun modo permanente".

Il cosiddetto "consenso di Washington" sulla politica finanziaria globale si è dimostrato un fallimento. "Ciò che abbiamo appreso dalla crisi asiatica è che il cosiddetto 'consenso di Washington', lasciando la soluzione dei problemi esclusivamente al libero mercato ed alle relative macro-politiche, non ha funzionato... In effetti, con l'eccezione del breve periodo tra l'agosto 1998 e l'inizio del 1999, le istituzioni finanziarie USA e l'economia americana hanno tratto cospicui guadagni dalla crisi asiatica", ha detto Sakakibara.

E' pertanto giunto il momento, per le nazioni asiatiche, di non stare ad aspettare la prossima crisi, "che potrebbe colpire al centro", ma di "costruire meccanismi difensivi che ci pongano al riparo". In tali meccanismi difensivi "i paesi potrebbero, o dovrebbero, optare per l'economia di mercato con controlli di capitale parziali, in ragione della loro dimensione, fase di sviluppo, e condizioni sociali e politiche". Oltre a ricorrere a "controlli valutari limitati", questi paesi dovrebbero prendere accordi su come raccogliere riserve valutarie in un contesto regionale. Ciò dovrebbe comprendere la costituzione di un Fondo Monetario Asiatico (FMA).

Facendo esplicitamente riferimento all'iniziativa presa dal governo giapponese nel 1997, mirante a creare il FMA, Sakakibara ha detto: "Il governo giapponese, come saprete, aveva proposto nell'agosto e nel settembre 1997 la creazione di un Fondo Monetario Asiatico. Si trattava essenzialmente di costituire un pool in cui i paesi della regione depositassero parte delle proprie riserve di valuta straniera". Il FMA non è poi nato perché "la proposta è stata energicamente avversata dagli USA e dai paesi europei, convinti che il FMA avrebbe minato la disciplina imposta dal FMI".

 

...E altrettanto fa Mahathir

In sintonia con le dichiarazioni di Sakakibara si colloca un discorso del premier della Malaysia a conclusione dell'incontro del Cairo del "Gruppo dei 15", i principali paesi in via di sviluppo, in cui Mahathir ha denunciato "la tirannia del libero mercato" e la "cattiva gestione" del FMI, sottolineando quindi il fatto che l'accordo di Bretton Woods originale offriva il grande vantaggio delle parità monetarie fisse.

"Nonostante lo scetticismo iniziale, il rifiuto della formula e dei prestiti del FMI da parte della Malaysia, e la sua decisione di ripristinare il controllo sui cambi e di regolamentare i flussi di capitale a breve, oggi sono stati accettati, anche se con riluttanza, come un'alternativa funzionante alla gestione della crisi" effettuata dal FMI, ha detto il premier malaysiano. Concludendo, Mahathir ha aggiunto che "il libero mercato non è altro che un nome nuovo per il Capitalismo sfrenato con la C maiuscola. Le dimensioni del capitale oggi coinvolto sono incredibili. Si dice che gli scambi valutari, che sono la sostanza di questo capitale, siano venti volte maggiori dell'intero commercio mondiale... la Malaysia ha fatto l'esperienza con la globalizzazione del capitale ed abbiamo rischiato di essere distrutti da essa. Fortunatamente siamo stati in grado di sviluppare i nostri metodi per difenderci e ricostruire la nostra economia".

 

Gli stati "emarginati" non debbono essere "cancellati"

Mentre quello asiatico è senza dubbio il "polo della sopravvivenza" più avanzato, in altre parti del mondo si verificano riorientamenti nella stessa direzione:

L'incontro dei paesi in via di sviluppo del G15, tenutosi al Cairo a metà giugno, ha suscitato il panico a Washington, tanto che Larry Summers ha improvvisamente deciso di piombare al Cairo nel bel mezzo dell'incontro. Sembra però che i suoi ricatti non abbiano riscosso l'effetto voluto, visto che Egitto ed Iran hanno comunque compiuto passi significativi di riavvicinamento, con la riapertura delle discussioni tra Mubarak e Khatami. Contatti tra i capi delle due nazioni non avvenivano dal 1979.

La discussione tra i paesi rappresentati al Cairo era iniziata nei primi mesi dell'anno, alla riunione dell'Unctad tenutasi a Bangkok, tra il 12 e il 14 febbraio, e a quella del G77 all'Avana, tra il 12 ed il 14 aprile. Prescindendo da limiti e problemi, in ambedue gli incontri si è discusso principalmente della prossima fine del "consenso di Washington" a cui si deve la pluridecennale "crisi dello sviluppo" e che ora minaccia l'intero sistema mondiale.

In Asia Centrale prende vigore una svolta politica notevole che vede le ex repubbliche sovietiche, in primo luogo Kazakistan e Turkmenistan, ma anche Uzbekistan, rinunciare agli eccessi di euforia filo-americana degli scorsi anni per impegnarsi costruttivamente verso la cooperazione regionale con la Russia, la Cina, l'India e l'Iran. Importanti passi in tale direzione comprendono la visita del presidente iraniano Khatami in Cina, alla testa di una folta delegazione, per studiare una cooperazione maggiore tra i due paesi e preparare il terreno per i prossimi incontri dell'Organizzazione degli Stati Islamici e delle nazioni "Shanghai 5": Russia, Cina, Kazakistan, Tagikistan e Kirgistan, che si tengono tra fine giugno e inizio luglio.

Nell'Africa meridionale, le operazioni in grande stile miranti a destabilizzare lo Zimbabwe hanno incontrato una resistenza inattesa: Sud Africa, Namibia e altri stati hanno serrato i ranghi attorno al Presidente Mugabe. Sullo sfondo si intravede un sostegno qualitativamente importante ma molto discreto da parte della Cina.

• In America Latina, il Presidente peruviano Fujimori è riuscito a resistere al tentativo del dipartimento di Stato USA di estrometterlo dal potere. Ha potuto contare sugli altri paesi latinoamericani che hanno voltato le spalle alla ipocrita campagna "democratizzatrice" della politica estera USA. Tra il 16 ed il 19 giugno si è tenuto l'incontro del "Gruppo di Rio" dei 19 paesi sudamericani e caraibici in cui è stata proposta "una nuova architettura finanziaria per il sistema finanziario mondiale" ed è stata sostenuta la proposta di ripristinare il Fondo di Riserva dell'America Latina, esistente ma inutilizzato, per farne una banca di compensazione degli scambi regionali dei paesi sudamericani, al di fuori del controlo degli USA.