ECONOMIA

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La Nuova Bretton Woods in breve

Helga Zepp-LaRouche rilancia l'appello per una commissione ad hoc per la Nuova Bretton Woods (maggio 2006)

L’America Latina propone la Nuova Bretton Woods all’Assemblea Generale dell’ONU

Adesioni da tutto il mondo al Comitato ad hoc per la Nuova Bretton Woods (maggio 2005)

La Camera dei Deputati approva la mozione per la nuova Bretton Woods (6 aprile 2005)

Dibatto alla Camera sulla nuova Bretton Woods (marzo-aprile 2005)

Mozioni parlamentari all’inizio del 2004

Mozione Peterlini al Senato per la Nuova Bretton Woods 

Unanimità del parlamento italiano per la Nuova Bretton Woods

Il testo della risoluzione

Prime reazioni internazionali

Nuovo appello per un Comitato ad hoc per la Nuova Bretton Woods

I grandi passi della Nuova Bretton Woods

Eneas Carneiro al parlamento brasiliano stravince con il programma di LaRouche

LaRouche negli Emirati Arabi e a São Paulo

Senatori italiani : risolvere la crisi argentina con la Nuova Bretton Woods

Crollano i mercati finanziari torniamo a BrettonWoods!

Commercio senza valuta ma con un paniere di merci

Comitato ad Hoc per una nuovaBretton Woods

A Chiang Mai il primo polo della sopravvivenza

  

La continuazione del dibattito alla Camera dei deputati sulla mozione Lettieri per una riforma del sistema finanziario e monetario è all'ordine del giorno del 6 aprile.


Dibattito alla Camera sulla nuova Bretton Woods



E' iniziato lunedi 14 marzo 2005, alla Camera, il dibattito sulla mozione presentata da Mario Lettieri ed altri sulla riorganizzazione del sistema monetario e finanziario, scritta in collaborazione con il presidente del Movimento Solidarietà, Paolo Raimondi. Sono intervenuti, oltre al relatore, la diessina Paola Mariani e il rappresentante di AN Sandro Del Mastro delle Vedove.
L'on Mario Lettieri ha letto il testo della mozione, contenente una lunga disamina della crescita esponenziale dell'economia finanziaria, "virtuale", in contrasto con l'economia reale. Citando dati della BRI (Banca per i Regolamenti Internazionali), Lettieri ha sottolineato i rischi di un crac sistemico derivanti dalla gigantesca esposizione delle banche e degli hedge funds nel mercato dei derivati. "L'economista e politico americano Lyndon LaRouche - ha ricordato Lettieri - ha da tempo analizzato i perché della crisi sistemica e si è fatto promotore di una riorganizzazione dell'intero sistema monetario e finanziario internazionale attraverso una Nuova Bretton Woods". Occorre muoversi perciò per una riunione operativa del G8, a cui invitare anche altre nazioni, per discutere una base di regole per un nuovo sistema monetario e finanziario che prevenga un crac finanziario e rilanci l'economia reale, ha dichiarato il parlamentare della Margherita. "Nel 1944, quando fu convocata la prima conferenza di Bretton Woods, uscivamo da una guerra. Oggi c'è il dovere di affrontare con decisione la guerra alla povertà nel mondo". Questo non è un tema ideologico, ma una questione che unisce maggioranza e opposizione, al di là degli schieramenti di partito, ha detto Lettieri, facendo un appello per una discussione in spirito "bipartizan" dell'iniziativa. Non c'è tempo da perdere, ha concluso, per evitare un rischio sistemico che potrebbe far scoppiare una crisi peggiore di quella del 1929-33.
L'on. Paola Mariani, dei DS, è intervenuta sulle corresponsabilità del FMI nella crisi sistemica e nelle varie crisi "locali" come quella argentina. "Non la corruzione, ma la politica del FMI è responsabile del crac argentino", ha affermato. Citando a lungo l'economista Stieglitz, ex dirigente della Banca Mondiale, l'on. Mariani ha appoggiato la mozione Lettieri affermando: "E' giunta l'ora di dar vita ad una nuova architettura finanziaria che protegga l'economia reale, e quindi ad una conferenza internazionale come quella che si riunì nel 1944 a Bretton Woods".
Infine, in chiusura della prima serata di dibattito, è intervenuto l'on Sandro Del Mastro delle Vedove, il quale ha sottolineato come questo sia "Il tema più importante in assoluto" tra i temi economici e finanziari da dibattere, denunciando "l'assordante, vigliacco silenzio" dei mezzi d'informazione sul tema. Ricordando come l'economia finanziaria sia nelle mani di "poche centinaia di uomini che non sono stati eletti da alcuno e che hanno elevato a sistema la speculazione", il parlamentare di AN ha appoggiato la proposta di "una Nuova Bretton Woods, come si sente dire sempre più spesso". Motivando la sua adesione, ha ricordato che "la situazione è sull'orlo del collasso. In particolare, la crisi USA è gravissima, a prescindere da chi guidi la Casa Bianca, democratici o repubblicani, e dal loro sforzo di trasmettere tranquillità. Il deficit USA è letteralmente spaventoso, e pone l'America in una situazione in cui essa ha perso il potere sul sistema finanziario." "C'è la sgradevole sensazione di essere sulla tolda del Titanic", ha proseguito Delmastro delle Vedove, chiedendo "il ritorno ad una economia reale produttiva", da ottenere con "nuove regole che permettano lo sviluppo dell'economia reale."

La mozione fu presentata il 13 febbraio 2004 dal deputato della Margherita Mario Lettieri, segretario della Commissione Finanze della Camera. Cofirmatari della mozione sono 50 parlamentari, prevalentemente dell'opposizione, ma anche della coalizione di governo. Tra i firmatari più noti ricordiamo l'on. Giovanni Bianchi, che nel 2001 organizzò un incontro con Lyndon LaRouche nella istituzionale Sala del Cenacolo; gli ex ministri Antonio Maccanico e Nerio Nesi e l'ex vice ministro degli Esteri Ugo Intini. La mozione è stata redatta in collaborazione con Paolo Raimondi, presidente del Movimento Solidarietà, l'associazione di Lyndon LaRouche in Italia.
La mozione Lettieri chiede al governo di attivarsi nelle competenti sedi internazionali per costruire una nuova "architettura finanziaria internazionale finalizzata ad evitare futuri crac finanziari e il ripetersi di bolle speculative e quindi orientata al precipuo obiettivo di sostenere l'economia reale".

Il testo della mozione (aggiornato):



Atto Camera

Mozione 1-00320

presentata da MARIO LETTIERI giovedì 12 febbraio 2004 nella seduta n.423

MOZIONI SULLA CONVOCAZIONE DI UNA CONFERENZA INTERNAZIONALE PER UN NUOVO SISTEMA MONETARIO E FINANZIARIO

La Camera,
premesso che:
il crac della Parmalat, con un buco di oltre 14 miliardi di euro, ha drammaticamente rivelato una volta in più, sia all'Italia che al mondo intero, una mancanza di strumenti efficaci e di controlli su operazioni finanziarie e sui comportamenti dei vari attori della vita economica, come possono essere le agenzie di certificazioni di bilancio, di rating, di consulenza, di collocamento di azioni e obbligazioni ed altri;
dopo il crollo del fondo Ltcm, della Enron e, poi, dei bond argentini (nella bancarotta della nazione argentina il Fondo monetario internazionale ha una grave e grande responsabilità), della Cirio, della Parmalat, di Finmatica, solo per menzionare i casi più eclatanti, dovrebbe essere chiaro a tutti che siamo di fronte ad una vera e propria crisi sistemica;
si tratta di una crisi finanziaria che non rimane semplicemente nei circuiti delle borse e dei cosiddetti addetti ai lavori, ma che va a colpire direttamente i livelli di vita di milioni di persone, distrugge capacità produttive, incide negativamente sui livelli di occupazione e spesso polverizza le pensioni di chi ha lavorato onestamente e produttivamente un'intera vita;
l'indagine conoscitiva partita a seguito del caso Parmalat ha prodotto molti importanti frutti e idee per approntare tutta una serie di interventi atti a garantire un miglior funzionamento dei meccanismi economici nel nostro Paese, con maggiori controlli e maggiori garanzie di correttezza e di salvaguardia degli interessi di tutti coloro che partecipano nei processi economici in modo produttivo e onesto e, al contempo, con una loro maggiore responsabilità;
data l'internazionalizzazione dei mercati finanziari, una nazione da sola o anche l'Europa da sola non può garantire un controllo e l'applicazione di regole più forti in modo risolutivo;
le crisi finanziarie e bancarie suscitano diffuse preoccupazioni, non solo tra i risparmiatori (solamente in Italia hanno colpito pesantemente un milione di persone e le loro famiglie) e le imprese serie (recentemente decine migliaia di piccole e medie imprese ed enti pubblici sono rimaste coinvolte in operazioni in derivati finanziari con grosse perdite), ma anche tra le classi dirigenti dei vari Paesi interessati. C'è una crisi dell'intero sistema finanziario sempre più finalizzato alla pura speculazione, dove gli hedge funds, operatori al di fuori di ogni regola e di ogni controllo, assumono sempre maggior peso. Si stima, infatti, che l'ammontare dell'intera bolla finanziaria, sommando titoli derivati e tutte le altre forme di debito esistente, sia intorno a 400.000 miliardi di dollari, a fronte di un prodotto interno lordo mondiale di poco più di 40.000 miliardi di dollari;
nel frattempo, i dati più recenti, riportati ufficialmente dalla Banca per i regolamenti internazionali di Basilea, indicano non solo un aggravarsi del divario tra l'economia reale e quella puramente finanziaria, ma rivelano anche una vera e propria esplosione della bolla degli strumenti derivati e di altre forme di debito. Accanto al dato totale, è ulteriore fonte di preoccupazione il tasso di crescita esponenziale di questi valori finanziari e speculativi. Infatti, nel rapporto della Banca per i regolamenti internazionali «Il mercato dei derivati Otc (Over the counter) nella prima metà del 2003», pubblicato il 12 novembre 2003, si ammettono i seguenti valori nozionali dei derivati Otc in miliardi di dollari: giugno 2002: 127.500; dicembre 2002: 141.700; giugno 2003: 169.700: cioè, un aumento di 42.000 miliardi di dollari in 12 mesi!; sempre il rapporto della Banca per i regolamenti internazionali del 2004 indica che il valore nozionale dei derivati Otc aveva raggiunto a giugno 2004 220.000 miliardi di dollari, con un altro aumento di ben 50.000 miliardi in soli 12 mesi!;
oltre alle principali banche italiane coinvolte nel caso Cirio e Parmalat, le tre banche americane interessate nella vicenda Parmalat (la JP Morgan Chase, Bank of America e Citigroup) sono da sole i massimi responsabili di questa crescita vertiginosa, come si evince anche dai report dell'istituto governativo americano Comptroller of the currency: sempre a giugno 2003 la JP Morgan Chase aveva raggiunto il livello di 33.300 miliardi di dollari in derivati, con un aumento di 4.500 miliardi in soli 6 mesi, la Bank of America aveva raggiunto i 14.300 miliardi di dollari e la Citgroup 13.000 miliardi. Un anno dopo, a giugno 2004, la JP Morgan Chase da sola ha portato il totale delle sue operazioni in derivati a 43.000 miliardi di dollari, con un aumento di 10.000 miliardi di dollari in 12 mesi! Il che è una vera distorsione se si considera che il prodotto interno lordo degli Usa si aggira intorno agli 11.000 miliardi di dollari;

impegna il Governo:

ad attivarsi nelle competenti sedi internazionali per costruire una nuova architettura finanziaria finalizzata ad evitare futuri crac finanziari ed il ripetersi di bolle speculative e, quindi, orientata al precipuo obiettivo di sostenere l'economia reale e a intraprendere tutte le iniziative necessarie per arrivare al più presto, insieme alle altre nazioni, alla convocazione di una conferenza internazionale a livello di Capi di Stato e di Governo, simile a quella tenutasi a Bretton Woods nel 1944, per definire globalmente un nuovo e più giusto sistema monetario e finanziario.
(1-00320)
(Ulteriore nuova formulazione) «Lettieri, Soro, Delbono, Tolotti, Widmann, Villani Miglietta, Rosato, Albertini, Morgando, Diana, Luigi Pepe, Damiani, Ostillio, De Brasi, Maccanico, Carbonella, Paola Mariani, Grandi, Pistone, Giovanni Bianchi, Giacco, Benvenuto, Piscitello, Camo, Realacci, Squeglia, Rocchi, Iannuzzi, Intini, Meduri, Santino Adamo Loddo, Boccia, Villari, Chianale, Siniscalchi, Sandi, Cusumano, Cennamo, Annunziata, Rotundo, Bonito, Buemi, Pennacchi, Fanfani, Tarantino, Rodeghiero, Angioni, Detomas, Nesi, Rugghia».
(12 febbraio 2004)

Le trascrizioni degli interventi tra i "Resoconti d'assemblea"

http://www.camera.it/


BOZZE NON CORRETTE


Stenografico Aula in corso di seduta

Seduta n. 601 del 14/3/2005


...

Discussione della mozione Lettieri ed altri n. 1-00320 sulla convocazione di una Conferenza internazionale per un nuovo sistema monetario e finanziario (ore18,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Lettieri ed altri n. 1-00320 sulla convocazione di una Conferenza internazionale per un nuovo sistema monetario e finanziario (vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto altresì che è stata presentata la mozione Antonio Leone n. 1-00431 che verte sullo stesso argomento di quella all'ordine del giorno (vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1). La discussione pertanto si svolgerà anche su tale mozione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni presentate.
È iscritto a parlare l'onorevole Lettieri, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00320. Ne ha facoltà.

MARIO LETTIERI. Signor Presidente, come è noto lo scorso anno si è celebrato l'anniversario del sistema di Bretton Woods, con il quale, nel 1944, si pianificò l'assetto economico e finanziario mondiale. Bretton Woods, al di là di alcune concezioni monetaristiche, volle essere anzitutto l'inizio di un sistema di ricostruzione economica, sostenuto soprattutto dal presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt.
Si puntò sullo sviluppo dell'economia reale delle nazioni, a cui la finanza ed il credito avrebbero dovuto fornire sostegno e promozione. Così, purtroppo, non è stato, o non lo è stato sempre: la grande finanza internazionale, dopo la morte di Roosevelt, cominciò subito a minare quello spirito di crescita che avrebbe dovuto non solo superare il colonialismo, ma anche debellare la miseria ed il sottosviluppo dei paesi del terzo e quarto mondo.
La realtà, purtroppo, è ben diversa; i dati sono drammatici, soprattutto se si guarda ai paesi del continente africano e dell'Asia: vi sono ancora guerre, miseria, malattie e morte. Vi risparmio le citazioni dei dati, abbondantemente pubblicati non solo sulla stampa specializzata.
Nel 1971 Nixon decretò la fine del sistema di Bretton Woods, e si aprirono, quindi, le porte alla grande speculazione, alle grandi bolle finanziarie. In questi ultimi anni si è giunti a credere finanche che la ricchezza non sia più prodotta dal lavoro, dall'industria, dall'agricoltura e dall'applicazione della ricerca scientifica e tecnologica ai settori produttivi, quanto piuttosto dalle borse e dalla finanza. A mio avviso siamo dinanzi ad una vera e propria follia collettiva, cui occorre porre rimedio in sede internazionale.
Oggi si inizia a riflettere, non solo nel nostro paese. Penso, negli Stati Uniti d'America, ad un importante economista e politico democratico, Lyndon LaRouche, che ha promosso una campagna internazionale, definita, appunto, «Per una nuova Bretton Woods: l'alternativa al crack finanziario globale - le grandi infrastrutture euro-asiatiche». Una nuova Bretton Woods deve puntare, pertanto, ad un sistema che rimetta in moto lo sviluppo dell'economia reale nelle varie nazioni, recuperando, quindi, soprattutto i ritardi dei paesi in via di sviluppo. Allo scopo, è essenziale il sistema del credito, che deve essere a basso tasso di interesse e a lungo termine, per sostenere grandi progetti, reti infrastrutturali ed investimenti produttivi per la ricerca, per l'educazione e la salute. Questo è lo scenario nel quale si inserisce la mozione presentata un anno fa.
Ma, a distanza di un anno, non solo troviamo conferma di quanto da noi scritto e ora enunciato nel mio intervento iniziale, ma dobbiamo anche constatare, purtroppo, che la crisi finanziaria sistemica sta producendo delle fibrillazioni sui mercati in maniera sempre più incisiva e negativa, con conseguenze sempre più gravi ed incontrollabili, ovviamente non solo a livello italiano.
Il divario tra l'economia reale e quella della finanza speculativa è di una grandezza quasi inimmaginabile. Accanto al dato totale, è ulteriore fonte di preoccupazione il tasso di crescita esponenziale di questi valori. Nella mozione abbiamo fatto riferimento al rapporto ufficiale della Banca per i regolamenti internazionali di Basilea (la famosa «Banca delle banche centrali»), intitolato: «Il mercato dei derivati OTC (over the counter) nella prima metà del 2003». Si tratta di quei prodotti conclusi fuori dai mercati ufficiali, quindi non tutti registrati. Ebbene, in questo rapporto del 12 novembre 2003, si ammettono i seguenti valori nozionali dei derivati OTC, in miliardi di dollari: al giugno 2002 erano 127.500; al dicembre 2002, 141.700; a giugno 2003, 169.700. Si registra, cioè, un aumento di 42.000 miliardi di dollari in 12 mesi!
L'ultimo rapporto disponibile della BRI, sui derivati del dicembre del 2004, porta il totale dei contratti aperti a fine giugno ad oltre 220.000 miliardi di dollari: una cifra enorme, spaventosa, che evidenzia un aumento di altri 50.000 miliardi di dollari in 12 mesi!
È il caso di sottolineare che, a fine giugno 2001, secondo i rapporti ufficiali della BRI, i derivati OTC erano 100.000 miliardi di dollari. In tre anni si è verificato, quindi, un aumento di 120.000 miliardi di dollari, equivalente a tre volte il PIL mondiale!
Chi parla oggi di derivati come semplici operazioni di copertura di un rischio è sicuramente fuori strada: i derivati sono il maggiore rischio per l'intero sistema finanziario e anche nella nostra piccola realtà italiana è emerso recentemente da un'indagine avviata dalla Commissione finanze che circa 100 mila piccole e medie imprese sono state vittime negli ultimi anni del ricorso al mercato dei derivati, per non parlare poi di alcuni enti locali; ma su questo avremo modo di discutere quando la Commissione completerà la propria attività di indagine.
Sempre la Banca dei regolamenti internazionali, nell'aprile 2004, ha raccolto i dati forniti da cinquantadue banche centrali ed ha pubblicato un'indagine triennale delle banche centrali sulle attività dei mercati dei cambi e dei derivati. Ecco i risultati ufficiali e le variazioni in tre anni: il volume quotidiano del mercato dei cambi è aumentato del 57 per cento, attestandosi su un livello giornaliero ultimo di 1.800 miliardi di dollari; il volume quotidiano delle transazioni finanziarie OTC (che non vengono cioè registrate) è aumentato del 112 per cento, attestandosi su un livello giornaliero ed ultimo di 1.200 miliardi di dollari.
In prima fila vi è, ovviamente, il mercato londinese, che è quasi il doppio rispetto a quello americano. La BRI (o BIS) si dichiara molto preoccupata in quanto i fondi speculativi, i cosiddetti hedge fonds, hanno sempre maggiore peso in queste operazioni, tanto che il 43 per cento di tutti i contratti vedono non una banca, ma un hedge fond o una compagnia di assicurazione come una delle controparti. È questo un dato preoccupante, poiché le banche, per quanto criticabili e necessitanti di una maggiore trasparenza, offrono comunque un minimo di garanzia, al contrario di quei fondi.
In un altro rapporto preparato dalla Banca dei regolamenti internazionali (BRI), l'8 marzo 2004 viene indicato che il turnover totale ha raggiunto 874 mila miliardi di dollari per il 2003, con un aumento del 26 per cento rispetto all'anno precedente.
Comprendo, signor Presidente, che sentir parlare di tutte queste migliaia di miliardi di dollari fa un certo effetto, probabilmente tale da non avere neppure la piena consapevolezza della portata di tali cifre davvero enormi, ma sono dati su cui dovremmo riflettere un po' tutti e soprattutto, le autorità monetarie ed i vari Governi.
Si consideri poi quanto accaduto presso alcune grandi banche; ad esempio, la Morgan Chase, da sola, ha aumentato la sua esposizione in derivati per circa 10 mila miliardi di dollari, quasi il PIL nazionale americano. Il valore totale è superiore quindi al PIL mondiale: siamo dinanzi ad una situazione che, se dovesse avere crisi tali da giungere ad un crack determinerebbe un tracollo finanziario di portata mondiale, con effetti devastanti sull'economia, sulla ricchezza e sulla vita di molti paesi. Tali analisi cercano quindi di mitigare il pericolo vero, indicando in soli 804 miliardi di dollari il rischio netto di tutte le operazioni.
In definitiva, senza volermi ancora dilungare nel citare dati statistici riportati comunque tutti in documenti ufficiali non solo delle singole banche ma anche di quelle centrali, ritengo che lo spirito della mozione presentata e sottoscritta da me, oltreché da una cinquantina di colleghi di tutti i gruppi parlamentari, miri ad impegnare il nostro Governo ad attivarsi in sede internazionale, affinché si avvii una nuova fase, una nuova Bretton Woods per così dire, che punti soprattutto al rilancio della crescita economica, delle attività produttive, per vincere la povertà nei paesi che ne sono ancora afflitti e garantire stabilità alle economie dei vari paesi, altrimenti la «finanziarizzazione» dell'economia corre il rischio di impoverire realmente le nazioni e peggiorare le condizioni di vita, relegando ovviamente i cittadini dei paesi del terzo mondo in una situazione di ulteriore degrado ed abbandono.

Basti pensare alle vicende che hanno colpito in maniera drammatica circa un milione di risparmiatori italiani; mi riferisco al crac della Parmalat, della Cirio, della Giacomelli, alle vicende che hanno coinvolto Banca 121 e ai possessori di bond dei argentini. Il fatto che uno Stato sovrano come l'Argentina abbia fatto registrare una situazione di bancarotta la dice lunga. Quanti altri paesi corrono questo rischio? Questa è una domanda che ci deve inquietare e preoccupare. Noi non siamo un'isola felice, e l'Occidente e l'Europa devono porre rimedio ad una politica di speculazione e di bolle speculative che si ripetono in continuazione e che certamente finiscono per danneggiare l'economia reale.
Una nuova Bretton Woods non può allora che partire da una riunione operativa dei vari governi degli Stati più evoluti, non solo quelli del G-8 ma sarebbe opportuno allargare la schiera anche ad altre realtà. A questo proposito ricordo che si sono affacciati in maniera prepotente sullo scenario internazionale paesi importanti come la Cina e l'India che avranno da dire la loro su questo terreno come anche su quello commerciale.
Se il problema è quello di rivedere le regole del mercato mondiale, i dazi non servono certamente. A questo riguardo, trovo assurdo che qualche ministro di questo Governo vada predicando l'imposizione di dazi: ciò vuol dire che è proprio fuori dal mondo. In un'economia globalizzata come quella odierna non occorrono dazi, ma regole certe cui ogni Stato e gli operatori economici devono essere vincolati.
Ebbene, una nuova Bretton Woods dovrebbe procedere a riorganizzare l'intero sistema in base alle regole di un'amministrazione controllata in modo da favorire le attività produttive contro quelle speculative. Questa dovrebbe prevedere l'introduzione di regole sui movimenti finanziari e controlli sui movimenti commerciali (a questo riguardo, come ho già detto, non servono i dazi ma regole comportamentali. Prevedere anche una tassazione dei redditi provenienti da operazioni puramente finanziarie; a questo riguardo, ricordo che sono in discussione in Commissione finanze una serie di proposte di legge che mirano ad introdurre una specie di Tobin tax. La tassazione sulle operazioni puramente finanziarie è pertanto una strada che deve essere imboccare per contenere e regolamentare il fenomeno. Prevedere, infine, anche una serie di sgravi fiscali per gli investimenti nella produzione e in tecnologia, soprattutto per quelli a medio e lungo termine.
Un nuovo sistema bancario e finanziario deve essere costituito per fare in modo che lo stesso sia finalizzato allo sviluppo e non alla speculazione. Per arrivare alla convocazione di una conferenza a livello di Capi di Stato e di Governo simile a quella che si svolse nel 1944 anche il Governo italiano deve mobilitarsi.
Oggi, purtroppo, in alcune parti del mondo la guerra è ancora presente, e ciò costituisce un fatto grave che contrasta con quanto sancito dalla Costituzione italiana in base alla quale l'Italia ripudia la guerra. Non è mia intenzione polemizzare sulla presenza dei nostri militari in Iraq, di questo, fra l'altro, se n'è già discusso poc'anzi e quindi vi risparmio le mie considerazioni di forte contrarietà su tale questione. Se all'epoca di Bretton Woods uscivamo da una guerra, oggi abbiamo il dovere di affrontare, con altrettanta decisione, un'altra guerra, quella alla povertà e alla miseria, presenti in tante parti del mondo, soprattutto nel continente africano e in Asia, al fine di giungere ad una convivenza migliore tra i popoli del mondo e garantire a tutti il diritto ad una qualità della vita accettabile.
Questo il senso della nostra mozione. Vi è il rischio di un crac sistemico globale del settore finanziario che potrebbe avere effetti ben peggiori di quelli che si verificarono a seguito della depressione degli anni 1929-1933.
Ritengo che non vi sia più tempo da perdere e mi auguro che la mozione in esame, di cui sono cofirmatari anche colleghi appartenenti a gruppi della maggioranza, non ci veda divisi - non vi sono questioni ideologiche! -, ma uniti nell'impegnare il Governo a muoversi nella direzione indicata sapendo che è quella giusta (Applausi)!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Paola Mariani. Ne ha facoltà.

PAOLA MARIANI. Signor Presidente, i recenti crac finanziari (Parmalat, Cirio, Finmatica, Enron, bond argentini), la cui eco non si è ancora spenta, sono indicativi del fatto che ci troviamo di fronte ad una crisi del sistema finanziario internazionale, caratterizzato da tendenze fortemente speculative.
Da qui nasce l'esigenza di prevedere, a livello internazionale, una serie di meccanismi idonei a garantire il miglior funzionamento del sistema economico e finanziario attraverso maggiori controlli e maggiori garanzie di correttezza a salvaguardia degli interessi di tutti gli attori economici. Mi riferisco alla necessità di meccanismi di tutela a livello internazionale, considerato che, con l'internazionalizzazione dei mercati finanziari e con la globalizzazione economica, che permettono lo spostamento immediato di capitali e di informazioni da una parte all'altra del mondo, è diventato impossibile, per un singolo Stato, ma anche per la sola Europa, garantire un adeguato controllo e vigilare sull'applicazione delle regole che devono stare alla base di un libero sistema finanziario.
Quello attuale è un sistema finanziario sempre più finalizzato alla pura speculazione, tanto che l'intera bolla finanziaria internazionale ammonta a circa 400 mila miliardi di dollari, a fronte di un prodotto interno lordo mondiale di poco più di 40 mila miliardi di dollari. Un sistema finanziario mondiale, aperto, libero e globale, necessita urgentemente della definizione, nelle apposite sedi internazionali, di una nuova architettura finanziaria in grado di sopperire ai limiti del sistema attuale, basato sul Fondo monetario internazionale e sulla Banca mondiale.
Queste istituzioni andavano bene nel 1944, come ricordava, poco fa, l'onorevole Lettieri, quando sono nate, a Bretton Woods, in un contesto postbellico in cui la priorità erano gli aiuti alla ricostruzione dei paesi devastati dalla guerra e la stabilità monetaria era basata su un forte ancoraggio di tutte le monete al dollaro. Come dimostrano le crisi finanziarie degli ultimi anni, questo sistema non tutela, oggi, né i paesi industrializzati né quelli in via di sviluppo.
Va detto che la politica monetaristica del Fondo monetario internazionale nei confronti dei paesi in via di sviluppo - quali l'Argentina - è stata, negli anni passati, direttamente responsabile dell'aggravamento della loro situazione finanziaria fino alla bancarotta poiché ha imposto il pagamento di alti tassi di interesse e tagli del bilancio e degli investimenti produttivi che hanno gravemente intaccato il prodotto interno reale delle nazioni. Il crac argentino, infatti, non può essere imputato semplicemente alla corruzione nazionale ma, in larga misura, alla politica del Fondo monetario internazionale, che, anziché sostenere una partecipazione vera nello sviluppo della nazione, ha introdotto meccanismi monetaristici che hanno favorito varie forme di corruzione.
A questo punto, desidero richiamare quanto ha detto e scritto Joseph Stiglitz, economista americano già consigliere di Clinton alla Casa Bianca, vicepresidente della Banca mondiale dal 1997 al 2002 e premio Nobel per l'economia del 2001, autore di un libro che ha fatto scandalo: La globalizzazione e i suoi oppositori. Nel libro, l'autore sembra assumersi il ruolo di portavoce dell'intento originario della Banca mondiale, espresso a chiare lettere nella scritta che campeggia all'ingresso della stessa: «Il nostro sogno è un mondo senza povertà».
Questa scritta si contrappone, però, al motto del Fondo monetario internazionale, «Ciò che è buono per Wall Strett è buono per il mondo» e che aggiorna il più famoso detto di Charles Wilson a proposito degli interessi della General Motors e di quelli degli Stati Uniti.
Il libro di Stiglitz, infatti, è in una denuncia nei confronti delle contiguità tra le istituzioni del Washington consensus e la comunità finanziaria. Il giudizio riguardante le istituzioni uscite da Bretton Woods e, in particolare, il Fondo monetario internazionale è molto netto: tali istituzioni dovevano stabilizzare i mercati e rimediare ai loro fallimenti, mentre sono diventate, secondo Stiglitz, quello che egli stesso definisce il fondamentalismo di mercato. Tutta la debolezza di questo sistema economico è rilevata dal caso Enron che ha la funzione di «sveglia», in quanto ha mostrato come i mercati non siano autoregolati, ma abbiano bisogno dei Governi, quindi, come la deregulation applicata dal Fondo monetario internazionale a tutto il mondo non possa funzionare.
L'episodio scatenante della critica all'operato del Fondo monetario internazionale è sicuramente la sospensione da parte del Fondo stesso del programma di assistenza all'Etiopia, un paese con tutti i parametri economici a posto, che non ammetteva sfumature di dubbio né incertezze di giudizio per quanto concerne la linea di condotta economica da intraprendere. È risultato, quindi, grave come in certi organismi mondiali, oltre ad errori economici molto gravi, quali ad esempio la chiusura di banche anche nel sudest asiatico, si vada ad aggiungere la prevalenza degli interessi dei creditori e della comunità finanziaria occidentale.
È, quindi, la prima volta che una critica così profonda alle politiche del Fondo monetario internazionale viene da un uomo delle istituzioni, come Stiglitz, forse al di sopra di ogni aspettativa, ma queste critiche hanno ricevuto un vasto sostegno da parte sia della Banca mondiale sia dalla comunità accademica e persino di alcuni membri della comunità finanziaria messi sotto accusa nel libro stesso, perché gli stessi hanno potuto apprezzare quanto era scritto.
Il largo consenso riscosso da molte questioni sollevate fa sperare che la situazione attuale possa cambiare, ma è ancora lunga la strada verso una soluzione consistente in una globalizzazione dal volto umano, ossia una globalizzazione della democrazia, dei diritti umani, della società civile, della conoscenza che rappresenti uno stimolo alla diversità culturale, come è avvenuto per i paesi dell'Asia orientale, i quali stanno volgendo la globalizzazione a loro vantaggio.
Solo superando i numerosi errori commessi dal Fondo monetario internazionale, ma anche dal WTO, si potrà arrivare ad un'azione collettiva e ad un'attitudine di base democratica a livello internazionale, requisiti necessari per la globalizzazione, ma incompatibili con l'attuale unilateralismo americano. La visione di Stiglitz è, sostanzialmente, ottimista; egli ha fiducia nel potere della democrazia, della discussione, della trasparenza e crede che una soluzione possa essere trovata nella misura in cui il Fondo monetario internazionale e la globalizzazione saranno sottoposti ad una verifica democratica, in relazione al cresciuto interesse pubblico, alla maggiore contestazione e pressione per un cambiamento da parte di una popolazione che ha aperto gli occhi verso ciò che la globalizzazione realmente rappresenta e che ora intende far sentire la propria voce.
Le riflessioni di Stiglitz possono farci aprire gli occhi su quanto si sta valutando anche nel mondo.
Tornando alla mozione presentata dall'onorevole Lettieri, possiamo dire è arrivato il momento di dar vita ad un nuovo assetto finanziario, quindi, a livello internazionale, adatto ad evitare futuri crac finanziari ed il ripetersi di bolle speculative e capace di sostenere l'economia reale con adeguate garanzie e controlli.
Sarebbe il caso, quindi, come è già stato detto nella mozione, di indire una nuova conferenza internazionale, come già fatto nel 1944 a Bretton Woods, per la costruzione di un nuovo sistema monetario internazionale che sia più equo e più giusto e che possa valere per tutte le economie, anche le più deboli.
Per questo motivo, chiediamo al Governo l'impegno a muoversi in questa direzione nelle competenti sedi internazionali (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Delmastro delle Vedove. Ne ha facoltà.


SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il tema di cui oggi discutiamo in uno sconfortante clima di disinteresse è, a mio parere, in assoluto, il più importante tra gli argomenti messi in discussione alla Camera dei deputati dall'inizio della XIV legislatura.
Si tratta di tentare, insieme, di disegnare - o ridisegnare, atteso che nel 1944 qualcuno vi era riuscito - un nuovo assetto finanziario, economico e monetario che possa garantire al nostro pianeta, divenuto improvvisamente troppo piccolo per non subire i contraccolpi di un'economia mondiale i cui addendi sono del tutto interdipendenti l'uno dall'altro, disastri epocali e non controllabili.
Come dimostra il caso paradigmatico della crisi argentina, il default di ogni Stato si ripercuote ormai con violenza su molti altri Stati, creando disastri, miserie, povertà per ora parzialmente controllabili ma certamente non affrontabili, per dimensioni ed intensità, nel prossimo futuro se qualcuno o qualcosa non intervengono a modificare il modello di sviluppo.
Il tema, dunque, è così radicale da costringermi ad intervenire a titolo personale, senza coinvolgere il mio partito di appartenenza, Alleanza nazionale, che su questi delicati e difficili argomenti potrebbe avere idee ed opinioni legittimamente diverse dalle mie.
Si tratta di prendere atto, senza ricorrere a schemi ideologici ormai vetusti e superati, che il mito secondo il quale il libero mercato aveva elaborato ed esprimeva regole di autoregolamentazione capaci di creare un sistema equo e solidale, oltre che giustamente remunerativo dei capitali circolanti ed investiti, è miseramente crollato, soprattutto in quest'ultimo decennio, mostrando, invece, il volto vero della speculazione selvaggia e della finanziarizzazione dell'economia creata per la ricchezza immensa di pochi e per la povertà spaventosa di molti.
Abbiamo consentito a poche centinaia di uomini di governare i processi economici e finanziari del pianeta immaginando che essi creassero un sistema affidabile; dopo avere meditato sulla circostanza che queste poche centinaia di persone non erano elette da alcuno e che dunque si ponevano assolutamente al di fuori di ogni processo democratico e, conseguentemente, al di fuori di ogni possibilità di controllo, ci siamo resi conto che, al contrario, essi hanno elevato a sistema la speculazione, creando un'enorme ricchezza virtuale del tutto inesistente. Una ricchezza destinata a divenire vera soltanto per i pochi frequentatori dei «salotti buoni» del Fondo monetario internazionale e delle Banche centrali e destinata, invece, a trasformarsi in povertà per milioni di imprese, di risparmiatori e di lavoratori. La vicenda dei Tango Bond argentini ne è la riprova matematica ed emblematica; di qui, la necessità, assolutamente ineludibile, di creare un nuovo ordine finanziario e monetario mondiale o, come suggestivamente si usa dire sempre più frequentemente, una nuova Bretton Woods, per richiamare alla memoria un accordo che, nel dopoguerra, espresse un sistema equilibrato, caratterizzato da regole precise e responsabili.
Oggi, la situazione economico-finanziaria mondiale è sull'orlo del collasso e, a differenza di quanto solitamente si pensi, vede gli Stati Uniti d'America alle prese con una realtà molto seria e preoccupante, al di là della retorica presidenzialistica, sia essa espressa da Presidenti democratici o repubblicani. La verità, infatti, è che gli Stati Uniti d'America debbono fare i conti con un deficit commerciale e fiscale letteralmente spaventoso e che, conseguentemente, essi non hanno più il potere che il mondo invece ritiene che essi continuino ad esercitare sul sistema monetario e finanziario.
Mancando regole, mancando un sistema ordinato, mancando prospettive di ampio respiro collegate a programmi di economia reale, e non virtuale, era inevitabile che il sistema finisse tra le mani non propriamente solidali della speculazione; speculazione che si inventa la ricchezza dal nulla e produce ricchezza che in realtà continua ad essere il nulla, salvo che per pochi iniziati, tutti appartenenti alla setta satanica mondiale costituita dall'accordo osceno tra il sistema bancario, il Fondo monetario internazionale e le banche centrali.
Insomma, le forze che alcuni lustri or sono il grande poeta dei Cantos, Ezra Pound, qualificava come «usurocrazia mondiale»; ecco, dunque, che, in difetto di una solida economia reale, inevitabilmente si fa spazio all'economia truffaldina e delittuosa dei prodotti finanziari.
Sotto la spinta dei tassi di interesse ridotti al minimo, gli asset bancari hanno recentemente dimostrato un aumento dell'appetito di rischio che ha prodotto una insensata e perniciosa corsa alla leva finanziaria sia per quanto riguarda i prestiti contratti sia per quanto riguarda l'impiego dei nuovi strumenti finanziari.
La triste vicenda di LTCM del 1998, che vide anche la presenza, pur se marginale, di un finanziere italiano vezzeggiato ad altissimo livello politico, sembra non aver insegnato nulla; neppure che il sistema bancario internazionale può essere messo a rischio dall'avventatezza di un solo hedge fund, la nuova figura che, secondo l'autorevolissimo Financial Times del 16 febbraio 2005, costituisce «(...) il crac a base di cocaina del sistema finanziario globale (...)», e che, assieme ai prodotti derivati (84 mila miliardi di dollari solo dalle banche degli Stati Uniti d'America, secondo le ultime stime dell'Office of the comptroller of the currency USA), rischia di creare un mortale cortocircuito nell'economia mondiale.
Vi è un'economia virtuale impazzita, la quale, essendosi sviluppata sulla truffa e sul nulla, non può fermarsi, ma, come in una spirale perversa, possibile proprio perché mancano regole precise, deve necessariamente sostenersi producendo altra ricchezza virtuale, sino a che il classico bambino della favola non dirà, con fanciullesca sincerità, che il re è nudo, provocando, quindi, un disastro rispetto al quale il ricordo del 1929 è destinato ad essere considerato addirittura risibile.
Di qui, la necessità e l'urgenza di istituire un nuovo ordine mondiale, il quale, preservando la libertà di impresa e libertà nell'economia, garantisca regole ferree per prevenire la speculazione, figlia legittima, ma al tempo stesso «bastarda», della finanziarizzazione dell'economia, e ritorni alla promozione dell'economia reale e produttiva. Mi riferisco, per intenderci, a quell'economia che produce ricchezza vera e solida e che crea posti di lavoro.
Ecco perché le riflessioni che oggi stiamo svolgendo sono meritevoli della massima pubblicità mediatica. Infatti, anche chi ha la sensibilità che oggi dimostriamo, prova la sgradevole sensazione di trovarsi sulla tolda del Titanic; con la sgradevole sensazione, a differenza dell'incosciente e garrula tranquillità di coloro che ballano al suono dell'orchestrina, di essere consapevoli che l'iceberg è terribilmente vicino, se la nave non muta rotta con decisione e senza indugi di sorta.
Occorre anche, signor Presidente e onorevoli colleghi, che le istituzioni ed i mass media partecipino con spirito di verità all'informazione della pubblica opinione; su questo punto, invece, si registra un assordante e vigliacco silenzio, come dimostra la vicenda del default argentino. Siamo testimoni oculari, infatti, del compiacente silenzio degli organi di stampa e delle massime autorità politiche sulle vere responsabilità del disastro sudamericano, attribuibili in via esclusiva ed in forma concorrente al Fondo monetario internazionale ed al sistema bancario internazionale e nazionale.
Come utile diversivo, i media ed i Governi hanno sposato la tesi semplicistica che vuole scatenare una terribile ed insensata guerra tra poveri: da una parte i risparmiatori e dall'altra il Governo argentino. Si tratta di un falso problema, che nasconde le vere responsabilità.
Come ignorare, infatti, le responsabilità del Fondo monetario internazionale, creditore letteralmente usurario che, a differenza dei 450 mila risparmiatori italiani, continua a farsi pagare capitale ed interessi dall'Argentina, in barba al principio - per usare una terminologia del nostro ordinamento giuridico, in materia fallimentare - della par condicio creditorum? Il Fondo monetario internazionale, come ha più volte ricordato il Presidente della Repubblica argentina, Nestor Kirchner, quando tutto concorreva chiaramente ad indicare che il paese sudamericano non poteva pagare, offriva prestiti che servivano soltanto ad aumentare il problema dell'indebitamento, senza impedire l'implosione che in effetti si è verificata.
È il comportamento classico, che si rinviene in ogni indagine penale relativa all'usura, che subisce il debitore in stato di bisogno ad opera della persona senza scrupoli che ha lucidamente deciso di spremerne tutte le risorse, per poi lasciarlo al suo triste destino. Non a caso, infatti, Nestor Kirchner, il 27 febbraio 2004 ha incontrato a Caracas il Presidente del Brasile, Lula Da Silva, per assumere o tentare di assumere una posizione unica da parte dell'intero continente sudamericano, al fine di contrastare efficacemente le pretese del Fondo monetario internazionale.
Anche nei confronti del sistema bancario internazionale e nazionale, tuttavia, vi è un assordante e scandaloso silenzio. Il piccolo risparmiatore italiano (dunque, non l'investitore professionale) sino a poco tempo fa non sapeva neppure che cosa fossero i bond. Le banche, improvvisamente, hanno dato loro il prezioso consiglio di non perdere l'occasione e di indirizzare il proprio investimento nei bond argentini. La rendita era elevata e - dicevano i funzionari delle banche -, non era immaginabile alcun rischio, perché erano come i nostri BOT: si sarebbe dovuto immaginare il fallimento dell'Argentina, ipotesi assurda.

PRESIDENTE. Onorevole Delmastro Delle Vedove, concluda!

SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Ebbene, l'ipotesi si è verificata: eppure, malgrado tale responsabilità eclatante, nessuno spiega ai risparmiatori quel che si deve fare.
Molti tribunali italiani hanno già condannato le banche a risarcire i piccoli risparmiatori per la violazione colposa dei doveri informativi che incombono sui collocatori dei prodotti finanziari. Eppure, alcuni giorni or sono, il ministro dell'economia e finanze del Governo italiano, su richiesta della Consob, ha comminato sanzioni a dieci istituti di credito italiani, proprio per le modalità vergognose di collocamento di bond argentini e non. Tutto inutile! È stato deciso, «colà dove si puote», che il ruolo del «cattivo» deve essere assegnato in via esclusiva al Governo argentino, che deve decidere se aumentare le percentuali di restituzione offerte ai risparmiatori, affamando oltre la metà dei propri cittadini, o se, invece, accettare tale ruolo odioso, peraltro dovendo continuare a pagare vergognosamente capitale ed interessi all'usuraio.
Ecco, onorevoli colleghi, cosa vuol dire tollerare un mondo in cui i processi finanziari, monetari e, quindi, economici si sviluppano senza regole! Ecco, onorevoli colleghi, esposta la posizione di un deputato del centrodestra che crede fermamente alla libertà di impresa e di mercato e che, tuttavia, non intende ignorare la necessità di nuove regole di controllo. Si accontentino gli speculatori, che hanno già «fatto il pieno», rubando dalle tasche dei risparmiatori e dei lavoratori. Sono già fortunati, per il fatto che la società nazionale, al limite del collasso morale, non li schiaffa nelle patrie galere. Ora, ragioniamo insieme: è tempo di costruire un'economia più giusta, più solida, più equa e più solidale. Proviamoci. Ne vale la pena, per noi e per i nostri figli (Applausi di deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)!


PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.


per seguire il dibattito in diretta o per le registrazioni delle ultime sedute:

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