ECONOMIA

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

ECONOMIA

 

 

 

La distruzione dello Stato Sociale attraverso la catastrofe delle liberalizzazioni-privatizzazioni in Italia

Il costo della disoccupazione

Per rilanciare l’economia, un autentico americanismo

Globalizzazione: come i monopoli sopprimono gli stati nazionali

Alessandro Rossi nella storia universale (in ricordo di Giovanni Cilli)

Hankel: sono gli stati nazionali che debbono sopravvivere e non le unioni monetarie

Il sistema finanziario mondiale entra nella "curva di Weimar"

Economia fisica: il crac dal punto di vista della composizione della forza lavoro

L’economia, è un gioco o la realtà?

Alessandro Rossi: in difesa del protezionismo (in ricordo di Giovanni Cilli)

L'autentico Sistema americano di economia politica contro il libero scambio

Perché il sistema dell’euro è instabile: intervista al prof. Hankel

Riaffermiamo la sovranità sulla moneta e sul credito

Come si determina il valore di una moneta?

Il crac in un colpo d’occhio

Riforma fiscale: togliere ai poveri per dare ai ricchi

Economia e idee: introduzione a "I prossimi cinquant'anni della terra" di Lyndon LaRouche

A proposito di tariffe e commercio

La creazione del credito produttivo

Come finanziare le grandi infrastrutture: l'esempio cinese

Chi è Alberto Giovannini

USA: la grande ripresa che non c'è

Ancora un'altra truffa sulla ripresa USA

Come funziona, davvero l’economia fisica?

Un’america da rifare: 35 anni di sfascio economico

America Latina: Operazione Juarez

Banca centrale o banca nazionale?

Parità aurea: funziona solo come accordo tra stati nazionali

La bomba del debito delle famiglie USA

Economia USA:
Un sistema decotto

No, non è una recessione, è il sistema che crolla

L'eredità di Vladimir Vernadsky

L’oro come antidoto alla febbre del dollaro

Iperinflazione:
crollano le dighe

Bundesbank: new economy
truffa statistica

L'euro travolto dal crac finanziario globale

Il falso mito del boom economico USA

Il test del Quoziente Intellettuale in economia

La distruzione delle ferrovie inglesi paradigma della "terza via" globalista

Il liberismo travolge i settori industriali trainanti

E' diretta da Londra l’operazione Apocalisse

LTCM: quando sono più furbi a sbattere il naso

Le tre curve che segnano il destino della bolla speculativa

Perché occorre abolire il Fondo Monetario



[Solidarietà anno VII n. 3 – luglio 1999]


E' diretta da Londra l'Operazione Apocalisse

C’è una logica e un coordinamento nelle crisi che serpeggiano in tutto il mondo, che esplodono sempre più spesso, sospingendo intere popolazioni e blocchi regionali in condizioni economiche da genocidio?

Nell’ultimo decennio ogni parte del globo è stata duramente provata da una crisi economica che si aggrava e che in molti casi si complica fino a degenerare in conflitti armati. È un fenomeno generalizzato che dev’essere comprenso come la conseguenza di decisioni politiche prese da un raggruppamento di forze egemoni, in particolare nel periodo successivo alla disgregazione del blocco del Patto di Varsavia. All’inizio di aprile il candidato alla presidenza USA Lyndon LaRouche ha stilato un documento di lavoro per la rivista da lui fondata, l’EIR, in cui tratteggia molto sinteticamente questo raggruppamento di forze oligarchiche e la strategia da esso seguita. (Vedi scheda).
La svolta generale messa in moto da questo raggruppamento di forze comprende la distruzione di popolazioni, delle loro economie, e delle istituzioni in cui risiede la sovranità dei loro stati nazionali. Questo viene effettuattuato soprattutto con strumenti economici come il FMI ed altre istituzioni finanziarie, ma anche con mezzi militari.
Non si tratta di una politica improvvisata. Una delle sue enunciazioni ufficiali ad esempio risale al 1974, in un memorandum strategico denominato NSSM200 redatto sotto la supervisione di Henry Kissinger che allora ricopriva l’incarico di Consigliere di Sicurezza Nazionale USA. Con ciò non si voglia credere che si tratti di una politica "made in USA", dato che Kissinger, per questo ed altri suoi influssi sulla politica americana, ha ottenuto grandi riconoscimenti espliciti da parte della Corona Inglese come agente d’influenza britannico.
In quel documento, NSSM200, la crescita demografica dei paesi del terzo mondo (India, Messico, Indonesia, ecc.) veniva prospettata come una minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti e per questo "Sir" Henry proponeva: "Nel controllo demografico come pure nella disponibilità alimentare ... è importante che si eviti, sia nello stile che nella sostanza, di lasciare intravedere una coercizione ... Sono ciò nonostante necessari programmi obbligatori e dobbiamo considerare queste opportunità sin da ora". Evidentemente si tratta di una letterale versione moderna della vecchia politica disumana di Thomas Malthus.
I principali disastri che hanno scosso il mondo in questo decennio:
• Russia: la crescita democrafica naturale (che prescinde dai flussi migratori) registra valori negativi sempre più accentuati – quasi un milione di individui in meno ogni anno. Questa è la conseguenza netta della politica della "Terapia d’urto" promossa dal FMI e formulata da Jeffrey Sachs, anche con l’aiuto di Romano Prodi. Il paese è devastato dal riesplodere di malattie che erano state debellate in passato mentre forse più del 70% delle capacità industriali più avanzate del paese sono state letteralmente distrutte.
• Africa Sub-Sahariana: guerre, epidemie e fame hanno sterminato oltre 30 milioni di individui nel corso di questo decennio. La vita media è diminuita di oltre i 10 anni nel corso degli anni Novanta. L’infezione da HIV colpisce il 25% della popolazione in molti paesi.
• Indonesia: la quarta nazione più popolosa al mondo è sprofondata nel caos come conseguenza dell’aggressione del FMI tra il 1997 ed il 1998. Negli ultimi trent’anni la povertà che prima era generalizzata è stata combattuta con decisione, riducendola al solo 11% della popolazione nel 1996. A seguito dell’assalto del FMI essa è riesplosa e finirà per colpire il 67% della popolazione entro il 1999.
Trent’anni di progresso sono stati bruciati da un anno guerra finanziaria internazionale: per il Fondo Monetario Internazionale è stato un vero "successo".
• Messico: vent’anni di "liberismo" hanno ridotto il paese a produrre un terzo dei beni di consumo procapite rispetto al 1981, quando il FMI riuscì a prendere il controllo sull’economia del paese. La disoccupazione reale in Messico raggiunge oggi il 50%. Secondo l’ONU, quello dei messicani che cercano di trasferirsi negli USA è "il fenomeno migratorio più grande del mondo".
• Balcani : circa due milioni di persone sono minacciate oltre che dalle armi soprattutto dalla fame e dalle malattie come conseguenza del complesso gioco geopolitico britannico.
Di fronte a questo panorama mondiale occorre porsi la domanda: ciascuno di questi casi è una tragedia locale, dovuta alle cause particolari, oppure ci troviamo di fronte a qualcosa di ben più fondamentale, qualcosa di molto più sinistro, che è alla radice di ogni manifestazione locale della stessa strategia mirante allo spopolamento e allo smantellamento produttivo post-industriale?
Per rispondere al quesito occorre impiegare un concetto economico sviluppato da Lyndon LaRouche: la densità demografica potenziale relativa.
Una società che funziona bene produce i mezzi di sussistenza per l’intera popolazione e per la sua crescita. Quindi, in una prima approssimazione, l’economia è in crescita quando consente un aumento demografico per unità di territorio. E questo dev’essere misurato relativamente a quel territorio ed altre circostanze naturali. Un altro aspetto molto importante è che questa "forza" economica non sia misurata direttamente nel suo corrispettivo demografico, ma nella sua capacità potenziale di sostenere economicamente una espansione demografica maggiore di quella effettiva. Pertanto la definizione di LaRouche è densità demografica potenziale relativa. Questa maggiore "potenzialità" dipende ovviamente dall’aumento della vita media della popolazione e dal suo livello di istruzione che le consente di sviluppare ed impiegare tenologie nuove sempre più produttive.
Quindi un’economia che si sviluppa è caratterizzata da un aumento della capacità di sostenere una crescita demografica che è maggiore dell’aumento effettivo della popolazione che si registra in quell’economia.
Nel caso contrario, invece, la capacità di un’economia di provvedere alla popolazione scende al di sotto del minimo necessario a sostenere non solo una crescita demografica, ma anche di provvedere al sostentamento minimo della popolazione esistente. A quel punto si determina ciò che certi ideologhi chiamano "popolazione in eccesso": in eccesso rispetto alla gestione di un’economia volutamente fallimentare. Come eliminare queste "bocche inuntili" diventa materia di dibattito in seno all’oligarchia: Hitler ricorse ai campi di concentramento, il FMI preferisce i suoi "metodi contabili", la nuova NATO usa le guerre di destabilizzazione, i cartelli delle materie prime inglesi istigano le "guerre tra bande" in Africa e il narcoterrorismo in America Latina, privando inoltre quelle popolazioni di medicinali semplicissimi e di bassissimo costo per debellare le malattie che le stanno decimando, ecc. Lo scopo comune di queste scelte è una mortalità crescente tra le popolazioni a causa di guerre, malattie, fame, migrazioni forzate e ogni altro tipo di privazione e destabilizzazione.
Mentre tutto questo costituisce un fenomeno ormai galoppante in Africa e in Russia, nelle regioni asiatiche e latinoamericane si è solo alla vigilia di sviluppi macroscopici altrettanto tragici. Come conseguenza generale, anche le economie più avanzate, come quella degli USA e dell’Europa occidentale, risentono degli effetti deleteri di un mondo che va in rovina.
Il problema generale è che la densità demografica relativa potenziale è stata sospinta ad un livello insufficiente al sostentamento dei sei miliardi di abitanti del nostro pianeta. L’economia fisica che rappresenta la "struttura portante" della popolazione è sottoposta a un fenomeno erosivo, che si protrae da circa trent’anni e che adesso provoca vere e proprie frane.
Questo meccanismo erosivo, che mina con varia intensità e in differente maniera i diversi settori dell’economia mondiale, è spiegato dall’economista Lyndon LaRouche con la sua ormai ben nota "Funzione tipica di collasso dell’economia fisica"

Le tre curve che compongono la funzione sono spiegate da LaRouche in questi termini:
"Le tre curve insieme costituiscono una funzione ipergeometrica. Rappresentano l’interazione triplice di un molteplice in cui:
"a) la crescita degli aggregati monetari è alimentata facendo leva sulla ‘accumulazione primitiva’, si saccheggia cioè l’economia fisica del mondo reale (in altri termini la densità demografica relativa potenziale) e in cui
"b) si verifica la crescita esponenziale degli aggregati finanziari come effetto della leva che moltiplica oltre ogni senso di realtà i guadagni nominali sul prezzo dei titoli che compongono una bolla finanziaria speculativa globale come quella di John Law. La funzione nel suo complesso (il rapporto tra le tre curve) è determinata da
"c) la necessità di aumentare il tasso di accumulazione primitiva per alimentare la crescita degli aggregati monetari necessari al mantenimento della bolla finanziaria, a sua volta determinata da
"d) l’esigenza di aumentare il leveraging finanziario [cioè il rapporto d’indebitamento] degli aggregati monetari, che è dettata dalla necessità di impedire un collasso irreversibile della bolla finanziaria, e
"e) come conseguenza si provoca un’accelerazione di quella stessa spinta al collasso degli aggregati dell’economia fisica fino al punto in cui si innesca una reazione a catena, l’implosione delle due bolle, quella finanziaria e quella monetaria, che è inarrestabile e che può essere arginata solo con una generale procedura fallimentare in cui il grosso delle pretese finanziarie reclamate dai titoli viene annullato senza riguardi.
"In breve, queste curve non sono tre variabili indipendenti, ma compongono piuttosto una funzione ipergeometrica vera e propria, un molteplice a connessione multipla del tipo studiato da Keplero, Leibniz, Gauss e Riemann. Non è qualcosa che si può meccanicamente interpretare in base ad un normale corso universitario di calcolo".
Di conseguenza, la spinta a devastare le economie reali per trarre profitti immediati non è una scelta facoltativa, ma è obbligatoriamente dettata dalla determinazione di un’oligarchia a tenere in piedi a tutti i costi la bolla finanziaria, e il sistema di potere che essa implica.
Si potrebbe credere che la politica del FMI sia disastrosa perché è dettata da una burocrazia di ragionieri miopi, incapaci di fare i conti con la complessità del mondo reale. Purtroppo è molto peggio. Il FMI provoca i disastri in maniera deliberata: impoverimento, privazioni e degrado che colpiscono intere popolazioni come conseguenza delle "condizioni" non sono un "errore" ma un "risultato voluto".
Ancora, si poterebbe credere che il FMI voglia semplicemente costringere gli stati nazionali a pagare i loro debiti, senza farsi troppi scrupoli sulle ovvie conseguenze. Purtroppo questa è solo una mezza verità. La riscossione del debito è solo un obiettivo secondario del Fondo. Talvolta infatti, quando riconosce che non si può spremere sangue dalle rape, il FMI accondiscende o persino promuove delle moratorie negoziate con qualcuna delle nazioni vittimizzate. Quello che si vuole, in tal caso, è costringere la vittima al patteggiamento. Quello che il FMI soprattutto non vuole è che dei paesi finiscano per rifiutarsi di pagare il prezzo dell’usura perché intendono utilizzare quelle risorse per fare investimenti nello sviluppo reale delle economie nazionali. Quindi, a patto che il paese vittima accetti le altre condizioni, il Fondo non si ostina ad esigere tutti i soldi subito.
Il peggio sta proprio in quelle "altre" condizioni che sono congegnate per rovinare sempre di più l’economia fisica dei paesi vittimizzati:

• Svalutazione. Viene imposta con la scusa di dover prevenire una "spirale inflattiva" mentre serve a moltiplicare artificialmente il peso del debito estero e il costo dell’import. L’emorragia dell’export, che viene pagato di meno, è provocata dalla necessità di reperire più valuta straniera.
• Riduzione della spesa pubblica. I governi debbono riscuotere più tasse, tagliare la spesa per i sussidi essenziali, smantellare e svendere l’industria di stato, rinunciare alla proprietà sulle materie prime, bloccare investimenti nelle infrastrutture.
• Liberismo. Aprire il mercato ad ondate di merci straniere vendute sottocosto con le quali i cartelli monopolistici fanno fallire le attività locali.
• Alti tassi d’interesse. Secondo la scusa dovrebbero "bloccare l’inflazione" mentre in realtà bloccano l’attività economica. Quando i tassi d’interessi interni fluttuano tra il 40 ed il 60 per cento, il sistema bancario nazionale naufraga in un mare di sofferenze bancarie.
• Globalizzazione bancaria. Dietro la retorica della libertà di movimento dei capitali internazionali c’è la realtà dei sistemi finanziari delle nazioni vittimizzate che, una volta indeboliti, sono fagocitati da interessi bancari stranieri, non di rado alimentati dal riciclaggio dei traffici illeciti, soprattutto droga. Le banche globalizzate non hanno alcun interesse a prestare denaro per promuovere le attività produttive locali.
• Lotta alla corruzione. È l’ultimo ritornello aggiunto alle condizioni del FMI. Significa che ogni forza politica che oppone resistenza ai diktat del Fondo deve essere travolta dagli scandali alla "Mani Pulite" e tolta di mezzo.
Dal 1992 ad oggi, la riduzione demografica annuale verificatasi nella Federazione Russa è stata "più del doppio di quella verificatasi negli anni della repressione stalinista e della grande carestia nella prima metà degli anni Trenta", afferma l’economista Sergei Glaziev in un suo libro denuncia del processo di riforme in Russia pubblicato nel 1997.
Glaziev spiega come quello che si sta verificando dal 1992 in Russia corrisponda alla definizione di genocidio secondo l’Articolo II della Convenzione delle Nazioni Unite del 1948.
L’Istituto di ricerca sociale e politica (ISPI) dell’Accademia delle scienze russa, ha prodotto nel 1994 un rapporto, sotto la direzione di Gennadi Osipov, intitolato Riforme in Russia: miti e realtà, in cui gli avvenimenti del 1992 sono descritti sotto il titolo "Arriva la catastrofe".
Il nuovo governo russo del Primo Ministro Yegor Gaidar amministrò la prima "Terapia d’urto" eliminando il controllo sui prezzi. L’inflazione raggiunse il 2600% distruggendo tutti i risparmi della popolazione. Nell’agosto di quell’anno fu annunciata la privatizzazione che segnò la svendita a raffica delle capacità economiche reali del paese.
Per la prima volta quello stesso anno la crescita demografica assunse un andamento negativo, registrando una perdita netta di 200 mila persone. Dal 1993 al 1998, i decessi hanno superato le nascite da un minimo di 600 mila fino a un massimo di 890 mila unità l’anno. Complessivamente, tra il 1992 e il 1998, i decessi superano le nascite di ben 4,5 milioni.
Un andamento analogo è stato registrato negli altri paesi dell’ex Unione Sovietica.
Diverse istituzioni parlamentari russe hanno giudicato i risultati della politica della "riforme" come una minaccia alla sicurezza nazionale. La catastrofe demografica, l’"asset stripping" di cui sono state vittime le più importanti industrie nazionali, la dipendenza dall’estero per l’importazione di cibo e di altri generi di prima necessità, sono considerati vere e propre brecce subite sul fronte della sicurezza. L’Unione Sovietica "ha perso la guerra fredda" e così non c’è altro da attendersi che "l’occidente" riduca la Russia ad una sua colonia, è l’analisi di fondo molto diffusa nell’Est e purtroppo difficile da contraddire.
Nell’agosto del 1991, mentre a Mosca infuriava la crisi che portò alla fine dell’Unione Sovietica, il Times di Londra annunciava ciò che era tenuto in serbo per la Russia: riferiva che secondo lord Harris of High Cross, direttore dell’Istituto per gli Affari Economici (IEA) della Società Mont Pelerin, la Russia era considerata il "laboratorio migliore" per sperimentare le regole del liberismo thatcheriano, e che tutto era pronto per passare ai fatti. Lord Harris diceva esplicitamente che a Mosca si poteva contare su "i nostri". La Mont Pelerin fu fondata dall’arciliberista Friedrich von Hayek la cui ideologia di fondo si rifà all’inglese Bernard de Mandeville secondo il quale l’uomo sarebbe solo un animale e il bene comune sarebbe la sommatoria degli egoismi dei singoli. L’IEA è il principale centro delle teorie economiche della "Rivoluzione conservatrice", compreso il "thatcherismo" a cui faceva riferimento il Times nel 1991.
Poi arrivarono in Russia le torme dei "consiglieri" della London School of Economics e dalla Business School di Harvard ed altri, tra cui Romano Prodi, che elaborarono di anno in anno il piano economico sotto la supervisione del Fondo Monetario Internazionale al quale la Russia aderì il 1 giugno1992. Questo fu possibile perché il governo russo era presieduto dai "nostri" di lord Harris, i protetti della Thatcher e di George Bush: Yegor Gaidar come Primo Ministro, lo zar delle privatizzazioni Anatoly Chubais e il Ministro delle Finanze Boris Fiodorov. Questa squadra era stata addestrata personalmente da Lord Harris nel corso dei seminari che tenne a metà degli anni Ottanta sia nell’Europa dell’Est che a Londra, nel contesto dell’iniziativa dell’IEA di reclutare quadri in vista delle grandi trasformazioni che avrebbero scosso il sistema sovietico. L’istituto di Gaidar era direttamente sponsorizzato dalla IEA e quasi tutti i suoi membri entrarono a far parte del primo governo di Eltsin.
La "terapia d’urto" di saccheggio selvaggio inaugurata dai "nostri" di lord Harris fu portata all’estremo nei cinque anni del governo Chernomyrdin, installatosi nel 1992. Le devastazioni che ne conseguirono – che hanno colpito industria, infrastrutture e i livelli di vita fisici e culturali della popolazione – non sono dovute ad un’applicazione "carente" della ricetta, ma proprio alla sua applicazione più che scrupolosa. Non è stato commesso alcun "errore": la distruzione è stato l’effetto di un piano deliberato, sponsorizzato dalla Thatcher, Bush e Mitterrand, e mirante a togliere alla Russia il suo potenziale industriale e scientifico per trasformare il paese in un semplice fornitore di materie prime al prezzo più basso possibile, la cui popolazione è decimata dalle privazioni e dalle malattie.

La figura 3 segue molto dappresso l’andamento ideale di un collasso economico illustrato da LaRouche nella funzione delle tre curve. Gli aggregati finanziari in questo caso sono rappresentati dal famoso debito pubblico russo (GKO e OFZ), mentre l’economia reale è qui rappresentata da tre indici primari: ricerca e sviluppo, macchine utensili e investimenti capitali.
All’inizio del 1996 fu consentito agli investitori stranieri (speculatori) di investire nel mercato dei titoli di stato, i GKO davano rendimenti fino a tre cifre e i soliti imbecilli definirono quello russo "il più dinamico dei mercati emergenti".
I proventi sui GKO russi andavano ad alimentare la bolla finanziaria mondiale, mentre in Russia le prospettive allettanti della speculazione tenevano i capitali ben lontani dall’industria e dalle altre attività reali. La disoccupazione cominciò a dilagare mentre i salari reali si riducevano drasticamente. Intanto si accumulavano gli arretrati sugli stipendi sia nel settore statale che privato, perché la ricetta della "stabilizzazione macroeconomica" imposta dal FMI pretendeva che si contenesse l’inflazione e si riducesse il deficit del bilancio riducendo il circolante.
Per giustificare lo smantellamento dell’industria russa gli ideologhi sfornarono le teorie che accusavano il settore industriale russo di essere dominato dal settore militare, di essere inefficiente e dominato dagli sperperi e del tutto estraneo all’economia di un mondo post-industriale. Jeffrey Sachs, ad esempio, disse nel 1992: "Gli scompensi saranno aboliti soltanto quando milioni di operai e impiegati occupati nell’industria pesante abbandoneranno quel lavoro per dedicarsi alle attività di cui la società ha realmente bisogno".

La Figura 4 mostra quando sia menzognera tale affermazione, dato che i settori primari delle attività industriali: macchine utensili, ricerca e beni capitali sono crollati mediamente di oltre l’80%. E, di conseguenza, sono crollati anche i beni di consumo ("ciò di cui la società ha realmente bisogno").
Uno studio dell’economista russa S.M. Belozerova, pubblicato dall’EIR il 4 luglio 1997, mostrava come la disoccupazione ha colpito soprattutto il settore tessile e l’industria leggera, che hanno perso il 67% degli occupati entro il 1997, e i settori delle macchine utensili e dei beni strumentali, che hanno perso i due terzi degli addetti. "La crescita numerica maggiore [dell’occupazione industriale] si registra nell’industria dell’estrazione del gas ... Pertanto possiamo dire che la dinamica dell’occupazione, come quella degli investimenti si concentra sul settore delle materie prime", conclude la Belezerova.
La Russia era quasi autosufficiente nel settore alimentare mentre adesso dipende al 40% dalle importazioni.
Le privazioni colpiscono soprattutto i bambini. Nel 1996 solo il 10% dei ragazzi che hanno completato la scuola dell’obbligo era completamente sano. Il 40% soffriva di malattie croniche e gli altri erano stati gravemente malati almeno un volta. Un terzo dei giovani sottoposti alla visita di leva sono stati riformati per motivi di salute. Il 15% degli arruolati nel 1996 presentava segni di denutrizione. 2 milioni di bambini russi non hanno una famiglia in cui vivono e un terzo dei bambini russi non frequenta la scuola. Uno degli effetti più visibili delle "riforme" è la criminalizzazione dei giovani da parte della mafia russa.
Nel continente nero si registra un aumento della mortalità in ogni fascia di età e una rapida diminuzione del tasso di fertilità. L’Africa registra ancora una crescita demografica, anche se inferiore al 2% annuo, ma molto presto arriverà alla crescita zero e quindi passerà allo spopolamento vero e proprio. Gli africani sono decimati dalle guerre, dalle carestie dovute alle guerre ed alle siccità, dal diffondersi di epidemie di ogni tipo, soprattutto del virus HIV, e dalla rapida diminuzione di aiuti medici.
Le varie fonti statistiche sull’Africa subsahariana risultano troppo discordanti tra loro per essere ritenute attendibili, e in alcuni casi contengono anche contraddizioni palesi. Di conseguenza nessuno sa davvero quale sia la situazione demografica, quali siano i tassi di nascita e di mortalità. Le cifre di cui si dispone sono estrapolazioni da campionamenti troppo parziali. La Divisione sulla Popolazione dell’ONU ha dovuto ufficialmente produrre nel dicembre 1998 una correzione dei dati del 1996 che davano una stima in eccesso di 30 milioni di abitanti in Africa. Il direttore della divisione, Joseph Chamie, ha ammesso che l’attesa di vita in Africa "cade a piombo come un sasso". (Figura 5)

lo stesso andamento generale di Zambia e Zimbabwe, vale anche per i seguenti paesi africani: Malawi, Namibia, Congo, Zaire, Ruanda, Uganda, e Kenia.

 
La letalità del virus HIV nella regione che comprende Kenia, Uganda, Zaire e Repubblica Centro Africana è moltiplicata dal diktat del FMI che esige da quei governi la chiusura dei servizi sociali. Nella maggior parte dei paesi sub-sahariani, il 50% delle entrate dalle esportazioni è devoluto al pagamento del debito e meno del 5% alla sanità. In Uganda c’è meno di un medico per ogni 27 mila abitanti.
Dopo la guerra fredda, il Commonwealth britannico ed i suoi partner negli USA ed a Parigi hanno utilizzato le guerre per bande per distrugge le istituzioni nazionali. E quando queste guerre si acquietano, resta una situazione di degrado senza possibilità di ricostruzione.
Qualche cifra:
Nel settembre 1997 il Presidente Suharto ha ricevuto un riconoscimento dell’ONU per essere riuscito a debellare la povertà nel suo paese. Nel 1970 i poveri erano il 60% della popolazione e nel 1996 solo l’11%. Nel settembre 1998, l’Organizzazione internazionale del lavoro ha stimato che entro il 1999 il 66% degli indonesiani saranno tornati a vivere nella povertà. A metà del 1998 la percentuale dei poveri era già risalita al 37% e alla fine dell’anno aveva raggiunto il 48%. (Figura 6)

In due anni sono stati bruciati i successi di un trentennio. La Banca Mondiale ha rivolto un appello ai creditori dell’Indonesia, che si riunivano nel luglio 1998, in cui afferma: "La gravità e l’urgenza della situazione economica non può essere esagerata. Nessun paese nella storia finanziaria ed economica recente ha mai sofferto un rovescio di tali dimensioni, e si tenga inoltre conto delle dimensioni stesse del paese ... Il rischio è troppo grande per l’Indonesia e per il mondo se si lascia che il paese piombi in un incubo di recessione e povertà dopo trent’anni di progressi economici e sociali".
La causa principale di questa catastrofe è la decisione dei governi, sopratutto quelli del G7, e del Fondo Monetario Internazionale, di lasciare mano libera agli speculatori internazionali. La ragione della crisi indonesiana è l’assoluta mancanza di controllo sulla speculazione monetaria e sulle fluttuazioni. All’inizio di aprile il valore della rupia aveva perso il 72% sul dollaro, rispetto al cambio vigente nel luglio 1997.
Nel gennaio 1999 il FMI si è rifiutato di riconoscere le proprie responsabilità in questo disastro che ha deliberatamente causato, accontentandosi di riconoscere di aver "valutato male la situazione".
L’ondata speculativa abbattutasi sui paesi asiatici tra il luglio e il settembre 1997 aveva provocato una svalutazione del 30%. Dopo aver cancellato importantissimi progetti di sviluppo infrastrutturale, il governo indonesiano si è rivolto al FMI. Insieme alla promessa di un pacchetto di salvataggio per 41,2 milioni di dollari, il FMI fece subito partire una campagna contro la famiglia del Presidente Suharto, la cui corruzione e nepotismi sarebbero state le cause di tutti i mali. Il FMI chiese la sospensione dei sussidi per gli alimentari ed i combustibili. Furono chiuse 16 banche senza un compenso ragionevole per i depositanti. Il governo ha firmato complessivamente cinque lettere di intenti del FMI la cui filosofia è sempre la stessa, eliminazione dei sussidi, chiusura del sistema bancario, riduzione della spesa pubblica, mentre il paese è devastato dalle proteste giovanili e il prezzo del riso è aumentato del 400% ecc.
Nel documento di politica di sicurezza nazionale USA firmato da Henry Kissinger nel 1974, NSSM200, la "minaccia demografica" più esplicita e immediata per gli USA proveniva dal Messico.
Dal 1979 al 1982 il Messico, insieme agli altri paesi dell’America Latina, fu sottoposto ad un meccanismo di strozzinaggio attraverso la politica degli alti tassi d’interesse di Paul A. Volcker, capo della Federal Reserve, che eseguì il piano di "disintegrazione controllata" messo a punto dal Council on Foreign Relations. Nel 1982 esplose la "bomba del debito", il Messico non poteva pagare i debiti contratti che erano stati artificialmente moltiplicati da Volcker. Dopo il tentativo dell’allora presidente Lopez Portillo di raccogliere una resistenza dei paesi latinoamericani, lungo le linee di un programma di LaRouche intitolato "Operazione Juarez", la regione è caduta in mano alla politica "liberista" del FMI, in particolare con l’insediamento alla presidenza del Messico di Carlos Salinas de Gortari nel 1988, voluto da George Bush. Furono allora imposte le politiche liberiste del GATT e del NAFTA. Questa "liberizzazione" colpì ogni attività economica, al punto che la disoccupazione reale ha raggiunto quasi il 50%. In 17 anni è stata creata una schiera di ben 16 milioni di disoccupati, che ha dato vita al fenomeno dei flussi migratori dentro e fuori il paese.
Le misure liberiste imposte sotto il ricatto del debito hanno eliminato le basi del sostentamento demografico, ma adesso i problemi così provocati vengono attribuiti all’eccesso di popolazione. Dopo aver tolto il pane di bocca ai messicani, FMI & Co. gridano: "lo vedete che se siete troppi non avete di che mangiare?".
Dalla svolta del 1982 le autorità messicane, su richiesta straniera, hanno predicato contro l’eccessiva crescita demografica. Dicevano che entrare nel 2000 con più di 100 milioni di messicani sarebbe stata una spudoratezza imperdonabile.
Dal 1975 al 1995 le nascite per ciascuna donna in età fertile sono state dimezzate, passando da sei a tre. Complessivamente il numero delle donne in età fertile è raddoppiato. La "sterzata" demografica è evidente nel fatto che dal 1985 il numero dei bambini sotto i cinque anni è rimasto costante, 13 milioni. Quindi, anche sul Messico si abbatterà presto la piaga dell’invecchiamento della popolazione, che affligge già da tempo l’Europa e soprattutto l’Italia.

La figura 7, in cui è messa in evidenza la "forbice" tra indebitamento ed attività economica reale, mostra come l’occupazione industriale messicana è ridotta di un terzo rispetto al 1981. I lavoratori sono stati travasati nelle maquiladoras, il lavoro schiavistico offerto da investitori stranieri, l’unica "attività reale" portata dalle riforme liberiste (figura 8). Oggi circa un milione di messicani sono costretti dalla disperazione ad accettare un lavoro al di sotto del minimo della sussitenza, con un salario che si approssima alle mille lire l’ora, come mostra la figura 9.
La produzione degli alimenti di base in Messico è scesa del 67% per i fagioli, del 20% per il mais, e del 30% per il frumento (figura 10). 26 milioni di messicani, circa un quarto della popolazione, vivono in povertà, e di essi la metà vive nell’indigenza vera e propria. In quest’ultimo strato la mortalità dei neonati nel primo anno di vita raggiunge i 60 su mille nelle campagne e i 35 nelle città.


 

Molti cercano rifugio negli USA, secondo le autorità americane il flusso migratorio clandestino raggiunge i due milioni l’anno, in quello che nei documenti dell’ONU è descritto come "il più grande fenomeno migratorio del mondo dovuto a problemi economici". Da parte americana ci sono politici che per tenere alla larga i messicani preparano leggi razziste che potrebbero essere invidiate da Milosevic per la sua operazione di "pulizia etnica".
L’ex ministro della Difesa USA Caspar Weinberger (che Elisabetta d’Inghilterra ha insignito del titolo di Cavaliere Onorario dell’Impero Britannico) ha scritto il libro "The Next War" in cui descrive per il 2003 uno scenario di guerra degli USA contro il Messico, il cui governo verrebbe dichiarato "nemico della democrazia".
La rivista Foreign Affairs (gennaio-febbraio 1999) scrive che il Messico è sul punto di una guerra civile, che, tra l’altro, metterebbe in moto un’ondata migratoria di dimensioni tali da creare conflitti sul confine con gli USA. Di conseguenza certi ambienti di potere negli USA starebbero considerando "piani per chiudere i confini" e anche la possibilità di un "intervento americano" armato in Messico.
L’emorragia dei clandestini ormai interessa un decimo dei messicani, costretti ad abbandonare un paese "balcanizzato" dalle condizioni del FMI. Se l’intervento militare della NATO in Jugoslavia fosse davvero motivato dalla tragedia umanitaria dei kosovari, allora gli Stealth della NATO dovrebbero bombardare gli uffici del FMI a Washington, dato che la dimensione della tragedia messicana è persino maggiore di quella dei Balcani.
Il 31 ottobre 1988 l’organizzazione elettorale di Lyndon LaRouche mandò in onda in tutti gli USA una trasmissione televisiva in cui il candidato affermava tra l’altro che un pericolo di guerra stava allora maturando in Jugoslavia, che era ancora un regime federativo comunista. Allora il rischio più immediato era una mossa militare del Patto di Varsavia in Romania, che avrebbe portato ad una spartizione delle Jugoslavia, dove Mosca avrebbe posto sotto la propria protezione militare Serbia, Montenegro e Macedonia.
Riferendosi poi a quel monito, in un’analisi del 19 agosto 1991, LaRouche spiegò: "Ricordiamo che sono state le riforme del maniaco di Harvard Jeffrey Sachs a portare alla frammentazione della Jugoslavia. Le condizioni c’erano già, come spiegai in quella trasmissione televisiva, ma a causare la frammentazione sono state le conseguenze della politica di Sachs ... Ciò che viene proposto per l’Unione Sovietica è il modello di Jeffrey Sachs per la Jugoslavia e per la Polonia, dove ha provocato il fallimento di 15 mila imprese, tra cui la principale fabbrica di trattori, la Ursus. ..."
Il 27 maggio 1988 l’EIR pubblicava un articolo di Konstantin George che diceva tra l’altro:
"La Jugoslavia è entrata nella peggiore crisi del dopoguerra. ... Slovenia e Croazia hanno minacciato il voto di sfiducia contro il Primo Ministro Branko Mikulic.
"La geografia della rivolta riflette i meccanismi di saccheggio. Da una parte ci sono i salassi mortali dei creditori occidentali e del Fondo Monetario Internazionale, e dall’altra il saccheggio dell’Unione Sovietica. Sin ora Belgrado si è adeguata ai programmi disastrosi dettati dal FMI, che comportano un crollo generalizzato dei livelli di vita.
"Questa politica di austerità alimenta le tendenze centrifughe in Slovenia e Croazia ... Per impedire l’esplosione sociale nelle regioni orientali più povere, soprattutto la Serbia, dove risiede circa la metà della popolazione jugoslava, il governo di Belgrado ha finito per aumentare il suo saccheggio interno, che colpisce gli stati relativamente più ricchi, Slovenia e Croazia, per ‘sussidiare’ in tal modo il resto del paese. Questa dinamica è la causa di fondo della rivolta sloveno-croata. ... Lo stesso governo però ha approvato una nuova tornata di misure di austerità ... il cui ‘successo’ garantirà una politica di destabilizzazione in profondità a lungo termine della Jugoslavia.
"Si prospettano rivolte di massa. Il programma prevede tagli salariali del 20%, mentre sarà eliminato il blocco dei prezzi sul 60% dei generi di consumo. Si prevede un aumento dei prezzi del 50-60% per gli alimentari di base e l’energia ... si prevede una svalutazione del dinero del 20-25% ... l’inflazione ha raggiunto il 170%.
"Il taglio dei salari, l’aumento dei prezzi e la svalutazione del dinero sono stati richiesti dal FMI e dalle banche creditrici come ‘condizioni’ per un prestito ‘standby’ del FMI di 240 milioni di dollari, che a sua volta è la condizione di partenza per le banche ed i governi chiamati a rinegoziare i 20 miliardi del debito estero jugoslavo ..."
Analisi di questo tipo sono state puntualmente pubblicate dall’EIR ad ogni nuova fase della crisi. Un altro esempio importante è l’articolo di Paolo Raimondi, presidente del Movimento Solidarietà, pubblicato dall’EIR il 2 agosto 1991:
"La crisi economica è la causa prima della guerra civile che sta maturando in Jugoslavia per cui una soluzione politica si prospetta solo nel contesto di un programma di sviluppo economico ...
"Dominata da questa coppia perversa [saccheggio da parte sovietica e politica di austerità monetarista imposta dal FMI], la Jugoslavia ha sborsato 20 miliardi di dollari nel corso di un decennio, per pagare interessi e capitale, ma è ancora gravata da un debito estero di 20 miliardi di dollari. Il colpo di grazia è arrivato alla fine del 1989, quando il governo di Ante Markovic ha annunciato un programma di austerità feroce messo a punto in coordinazione con il FMI. Come parte dell’accordo, la Jugoslavia ha dovuto assumere lo ‘specialista di austerità’ della Harvard University Jeffrey Sachs in qualità di ‘consigliere speciale’ per l’introduzione dei meccanismi liberistici ed oltre a lui anche altri specialisti della Banca Mondiale e del FMI per effettuare ‘la riforma’ delle banche jugoslave ...
"Finora, il danno economico stimato dal presidente dell’associazione industriale di Zagabria Ivica Gazi ammonta ... al 30% del precedente PNL croato. [che a sua volta rappresentava il 26,7% dell’intero PNL jugoslavo]. ...
"Alcune idee interessanti per una soluzione pacifica sono state discusse il 14 maggio [1991], solo pochi giorni prima dell’intervento dell’Esercito federale contro le spinte indipendentiste in Slovenia e Croazia. Nel corso di una conferenza organizzata a Belgrado dall’Istituto Jugoslavo per la politica e l’economia internazionali, è stata discussa la necessità dell’integrazione economica e infrastrutturale delle repubbliche jugoslave e di tutti gli stati della regione balcanica con il resto dell’Europa. Erano presenti rappresentanti di tutte le repubbliche e dei governi di Austria, Italia, Albania, Ungheria, Cecoslovacchia, Grecia, Romania, Turchia ed altri paesi.
"È stato presentato un programma che è coerente con il concetto del "Triangolo Produttivo" formulato da Lyndon LaRouche, che prevede lo sviluppo ad alta tecnologia industriale attorno al nucleo primario tra Parigi, Vienna e Berlino. Il programma presentato a Belgrado prevede collegamenti ferroviari ad alta velocità tra Parigi e Budapest, e tra Danzica e Budapest, e quindi un corridoio di sviluppo che si snoda a Sud per raggiungere Belgrado e proseguire oltre. Treni ad alta velocità dovrebbero collegare Italia e Austria, attraverso Ljubljana, Zagabria e Belgrado, con la Turchia ed il Medio Oriente. ... Navigabilità completa del Danubio e la Morava verso Sud ... per un rapido collegamento con il Mediterraneo e soprattutto con il Canale di Suez ... Questo programma infrastrutturale, che potrebbe risolvere i problemi di arretratezza economica della regione, è stato presentato al governo centrale di Belgrado nel 1989, ma è stato bocciato su richiesta della delegazione del Fondo Monetario Internazionale."