ECONOMIA

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

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L’economia, è un gioco o la realtà?

Alessandro Rossi: in difesa del protezionismo (in ricordo di Giovanni Cilli)

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Economia e idee: introduzione a "I prossimi cinquant'anni della terra" di Lyndon LaRouche

A proposito di tariffe e commercio

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Come finanziare le grandi infrastrutture: l'esempio cinese

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Un’america da rifare: 35 anni di sfascio economico

America Latina: Operazione Juarez

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La bomba del debito delle famiglie USA

Economia USA:
Un sistema decotto

No, non è una recessione, è il sistema che crolla

L'eredità di Vladimir Vernadsky

L’oro come antidoto alla febbre del dollaro

Iperinflazione:
crollano le dighe

Bundesbank: new economy
truffa statistica

L'euro travolto dal crac finanziario globale

Il falso mito del boom economico USA

Il test del Quoziente Intellettuale in economia

La distruzione delle ferrovie inglesi paradigma della "terza via" globalista

Il liberismo travolge i settori industriali trainanti

E' diretta da Londra l’operazione Apocalisse

LTCM: quando sono più furbi a sbattere il naso

Le tre curve che segnano il destino della bolla speculativa

Perché occorre abolire il Fondo Monetario



[Solidarietà anno VI, n.5 - dicembre 1998]

 

LTCM: quando sono i più furbi a sbattere il naso

Uno degli episodi più spettacolari della politica dei salvataggi a tutti i costi ha messo in luce il patto di sangue tra i pirati della finanza, le banche internazionali e le banche centrali

I principali rappresentanti del mondo bancario mondiale sono stati convocati d’urgenza il 23 settembre alla Federal Reserve di New York a contemplare il buco di parecchi miliardi di dollari causato dal fallimento del Long Term Capital Management (LTCM), l’hedge fund specializzato nelle speculazioni finanziarie con i titoli derivati.
La logica lineare della finanza prospettava a quel punto due alternative: lasciare LTCM a se stesso, rischiando che il mondo finanziario implodesse di colpo sotto una reazione a catena di insolvenze, oppure tenerlo a galla con una robusta iniezione di soldi da parte di un consorzio di banche. Nonostante l’imperversare della crisi di liquidità, le 14 banche convocate hanno ovviamente scelto di "sopravvivere". Si sono accordate tra loro per rilevare LTCM versando insieme 3,75 miliardi di dollari. Le prime conseguenze si sono avute il 29 settembre quando il presidente della Federal Reserve Alan Greenspan ha abbassato il tasso d’interesse dello 0,25%, portandolo al 5,25%, dando cioè alle banche possibilità di disporre di più "denaro facile" per far fronte alla doppia crisi di liquidità.
La scelta era obbligata. Sapevano tutti di essere legati a doppio filo tra loro: le principali banche internazionali, i drogati del rischio finanziario degli hedge funds e infine le banche centrali.
Perché fosse una scelta obbligata Solidarietà lo ha spiegato nel servizio principale del numero di gennaio. L’enorme bolla del capitale fittizio che domina i mercati mondiali dev’essere ripudiata in blocco, altrimenti dev’essere rifinanziata, ma nel momento in cui entra in una fase di "espansione impazzita", il costo della rincorsa impossibile è un’iperinflazione senza precedenti storici. Dopo che Greenspan ha dovuto decidere un’altra inevitabile riduzione dei tassi due settimane più tardi, possiamo dire che quella china sia stata ormai imboccata.
Il supercast LTCM
Il fatto che a sbattere il muso questa volta siano stati proprio "i più bravi e scafati" dovrebbe far scattare qualche campanello d’allarme.
L’hedge fund LTCM, di gran lunga il più grande e affermato, raccoglieva alcune superstar della cosiddetta industria dei servizi finanziari di Wall Street, banchieri con esperienza nel sistema di controllo finanziario ed i migliori cervelli della matematica. Insieme avevano messo a punto uno dei più formidabili sistemi di scommesse che si potesse concepire, capace di macinare profitti nell’ordine dei miliardi di dollari. Con la prodigiosa abilità dimostrata nell’elemento finanziario LTCM riusciva a disporre di capitali oltre la soglia dei 100 miliardi di dollari, e secondo alcune valutazioni fino a 400. Quei capitali provenivano dalle principali banche e investitori mondiali, da gente che, a sua volta, avrebbe dovuto "saperla molto lunga". Puntando i capitali rastrellati come garanzia, l’hedge fund poteva impegnarsi in operazioni in derivati per un volume superiore ai mille miliardi di dollari. Secondo il New York Times, gli ispettori che hanno esaminato i conti di LTCM hanno accertato che i depositi degli investitori, un capitale di 4,75 miliardi di dollari, erano stati impiegati "come collaterale per l’acquisto di titoli per 125 miliardi di dollari, per poi usare quei titoli come collaterale per partecipare in transazioni finanziarie esotiche che ammontano a 1250 miliardi di dollari".
Nel supercast di LTCM figurano due Nobel per l’economia, Robert Merton e Myron Scholes, che ottennero quel riconoscimento nel 1997 per le formule matematiche alla base delle operazioni derivate. A dirigere le operazioni c’era John Meriwether, ex mago della Salomon Brothers che fu costretto a lasciare nel 1991, a seguito di uno scandalo sui titoli del Tesoro. E poi ancora David Mullins, che è stato vicepresidente della Federal Reserve USA, il "Ciampi & Draghi boy" Giovannini ed altri operatori che hanno fatto le fortune della Salomon nel corso degli ultimi anni.
Proprio loro hanno messo il piede sulla mina. Come mai? Questa volta, credere alle solite storie dell’operatore delinquente e pasticcione che si vuole vedere all’origine dei grandi crac degli ultimi anni sarebbe proprio una fesseria.
Il problema non è, come si vorrebbe raccontare, che LTCM ha fatto un paio di scommesse congegnate male sul tavolo verde dei derivati, ma il problema vero è che quel tavolo si sta letteralmente disintegrando sotto le mani degli scommettitori. Questo significa che, mentre LTCM ha fatto la botta grossa, anche molti altri grandi scommettitori hanno finito per rimetterci in proporzione, ma preferiscono fischiettare. Qualcuno però non ci riesce come è accaduto alla D.E. Shaw & Co, hedge fund legato alla BankAmerica, e l’Ellington Capital Management, le cui perdite sono state ammesse nelle settimane successive.
LTCM aveva scommesso sul fatto che a lungo termine si sarebbe verificata una convergenza dei tassi d’interesse delle principali nazioni industrializzate, secondo i parametri definiti dal modello matematico di Merton e Scholes. Al fondo c’è il presupposto teorico che ciò che è accaduto nel passato recente definisca ciò che accadrà nel futuro, una logica alla base di quasi tutti i modelli computerizzati della finanza mondiale. La realtà, a differenza della logica dei computer, non è lineare. I modelli computeristici che tengono conto di tutte le analisi dei dati finanziari del passato non possono prevedere la realtà che esiste al di fuori del loro universo lineare e statistico. All’atto pratico, i modelli finanziari di LTCM non erano in grado di prevedere gli scossoni sistemici verificatisi in Asia ed in Russia, che hanno gettato il mondo finanziario nel panico, ed hanno dato vita alla corsa dei risparmiatori ad investire nei buoni del Tesoro tedeschi e statunitensi. Quella corsa ai beni rifugio ha accentuato la differenza dei tassi d’interessi, invece del presunto riavvicinamento, determinando le perdite colossali di LTCM.
A seguito di quella crisi, all’inizio dell’anno LTCM ha perso la sua base di capitale che dai 4,8 miliardi dollari si è ridotta a 600 milioni di dollari. Solo ad agosto ha registrato una perdita netta del 44% degli investimenti.
Il fatto preoccupante è che l’errore assiomatico che ha portato LTCM all’impatto frontale con la realtà è lo stesso che sta alla base di tutta la bolla speculativa mondiale dei derivati e di altre attività speculative. L’illusione di fondo è quella di poter congegnare una realtà virtuale capace davvero di anticipare sistematicamente la realtà autentica.
Quello di LTCM è stato il tentativo "più riuscito" di tale illusione, premiato con tanto di Nobel. Il suo destino è una metafora per l’intero complesso speculativo, è la "scritta sul muro" che segna il destino degli hedge funds. Poi sarà la volta delle grandi banche internazionali, sia quelle più esposte in operazioni derivate in proprio, che quelle che hanno cercato di non dare nell’occhio "prestando discretamente" ai fondi.

La sorte dell'Euro legata a LTCM

La verità dietro il salvataggio dei megaspeculatori americani
Se LTCM non fosse stato salvato dall’intervento in extremis della banca centrale USA, l’intera costruzione dell’Unione Monetaria Europea (UME) si sarebbe sgretolata a poco meno di quattro mesi dalla sua inaugurazione. Il mega-fondo speculativo americano era, infatti, il segreto su cui si reggeva uno dei parametri chiave per la nascita dell’Euro, e cioè la convergenza dei tassi d’interesse a lungo termine dei paesi membri. Il miracoloso avvicinamento dei tassi dei titoli italiani a quelli tedeschi, verificatosi nel corso del 1997, non è stato provocato, come si crede, dal cosiddetto risanamento finanziario operato dal governo Prodi, bensì da una spregiudicata operazione di megaspeculazione internazionale messa in atto proprio dagli amici dei “Ciampi Boys”.

Secondo fonti londinesi, LTCM aveva preso posizioni “lunghe” sui titoli del Tesoro Italiano per un ammontare di circa 40 miliardi di dollari in titoli derivati. Per fare ciò, era bastato che LTCM acquistasse “appena” 700 miliardi di lire in Bot, che per “l’effetto leva” furono moltiplicati cento volte.

Benché un ordine di acquisto di tali dimensioni sia di per sé sufficiente a provocare macroscopici cambiamenti nelle quotazioni del titolo, ad esso va aggiunto l’effetto-imitazione dei principali investitori istituzionali del mondo che, come è noto, studiavano le mosse di LTCM per poi copiarle, sicuri di realizzare giganteschi profitti.

Nella sostanza, il mercato fu “truccato” in modo da far affluire centinaia di miliardi di dollari di denaro virtuale che scommetteva sulla convergenza dei tassi italiani con quelli tedeschi, e quindi sul successo dell’Euro. Queste massicce puntate ebbero come effetto proprio quello di realizzare la convergenza. Come miracolo, la differenza tra i tassi a lungo termine italiani e tedeschi si ridusse ad un infinitesimale 1/8%.

Il fatto che le autorità monetarie di diverse nazioni si mettano a fare pirateria finanziaria alla George Soros scandalizza ma non tanto. Piuttosto, la vicenda di LTCM sfata la leggenda secondo cui l’Euro rappresenterebbe uno strumento di affrancamento dell’Europa dal dollaro, e quindi in sostanza una mossa sullo scacchiere geopolitico invisa agli Stati Uniti e, in secondo ordine, anche a Londra. Se così fosse, perché LTCM, con l’approvazione della Federal Reserve, aveva manipolato il mercato a favore dell’Euro? In realtà, l’intera vicenda rivela che l’Euro non è che una nuova fase nella “derivatizzazione” dell’economia mondiale, in pratica un nuovo tavolo da gioco il cui banco è già predestinato a saltare sotto gli assalti dei pirati della City e di Wall Street.

Una newsletter di Vienna, la Albertina Economic Consulting (AEC), ha ricostruito così il retroscena:

“Sei anni fa, quando l’Italia fu costretta ad abbandonare il meccanismo di cambio Europeo, nei corridoi della Banca d’Italia si pensò che, a causa del peso sempre più preponderante delle transazioni speculative sui mercati finanziari, sia per mezzo dei derivati che delle cosiddette posizioni «corte», si sarebbero potuti influenzare i parametri salienti dell’economia con l’uso selettivo, appropriato e soprattutto intelligente degli hedge funds ad alto potere di «leva», sostenuti da un banchiere centrale potente e rispettato, come quello della Banca d’Italia. ... Un accademico, il professor Alberto Giovannini, fu incaricato di esplorare questa possibilità presso la Mecca dei Fondi, e cioè Wall Street”.

Alberto Giovannini era, all’epoca, consulente del ministero del Tesoro, dove era approdato dopo una carriera patrocinata da Luigi Spaventa. Questultimo, attualmente presidente della Consob, dirigeva «Finanza e Futuro», la SIM di Carlo de Benedetti poi passata alla Deutsche Bank, uno dei pionieri negli investimenti derivati in Italia. Al Tesoro, Giovannini era dato come uno dei massimi protetti di Ciampi e del suo direttore generale, “Mr. Britannia” Mario Draghi.

Torniamo alla ricostruzione fatta da AEC. A Wall Street, Giovannini “incontrò i presunti intelligentissimi ma inefficaci mister Merton e Scholes, premi Nobel, che lo presentarono a John Meriwether, da poco cacciato da Salomon Brothers, dopo un concordato con la Security and Exchange Commission, grazie al quale uscì da un’accusa di truffa patteggiando 70 milioni di dollari di pagamento danni. Nel corso del tempo, fu aperto il fondo [LTCM] con la partecipazione ufficiale dell’Ufficio Italiano Cambi (UIC) e il professore si unì al team di Meriwether, riuscendo a pompare la lira e a stabilizzarla. Grazie alle conoscenze presso le banche centrali, il fondo poté godere di linee di credito enormemente estese. Oggi sappiamo che, nei giorni del suo fulgore, LTCM poteva mobilitare oltre quaranta volte il proprio capitale, e cioè la cifra astronomica di 200.000.000.000 dollari, sicuramente sufficiente anche a stabilizzare la Lira”.

Fin qui la ricostruzione dell’AEC. Ma la storia non finisce qui. Si scopre che il mirabile prof. Giovannini, protetto da Draghi e Ciampi, presiede un gruppo di “esperti di mercato” chiamato “Giovannini group”, che da diversi anni fornisce consulenze alla Commissione Europea su come organizzare la transizione dalle varie monete nazionali all’Euro.

Nel 1997, il “Giovannini group” produsse un rapporto per la Commissione su “L’impatto dell’Euro sui mercati internazionali dei capitali”, in cui si raccomandava di assumere un ruolo protagonista nel campo dei derivati: “Il futuro status dell’Unione Europea come uno dei principali centri della comunità finanziaria mondiale dipende dall’esistenza di un fiorente mercato dei derivati”.

Dopo il crac di LTCM, ci si sarebbe aspettati che i vari Giovannini etc. uscissero di scena. Invece no. Il valente esperto di modelli matematici è ancora un autorevole consulente europeo, tanto che al Giovannini Group ha continuato ad essere affidata la direzione del meccanismo di transizione all’Euro, compreso il delicato “timing” del momento in cui in tutta Eurolandia è scattato il passaggio alla nuova contabilità. E visto che ai vertici finanziari europei aumentano le promozioni dei “Giovannini Boys”, c’è da supporre che ancora una volta la lezione del Titanic non è servita a niente.